Non fatevi ingannare dal titolo de "La Stampa" di oggi che introduce uno scialbo articolo di Carlo Cottarelli. Sarà che Cottarelli ci ha abituato a analisi più serie, ma il suo articolo di oggi rasenta l'ovvietà.
Se mantenessimo il deficit sotto il 2% e facessimo scendere il rapporto debito / PIL non avremmo declassamenti operati dalle agenzie di rating, ne rimbrotti da parre della Commissione UE.
Un tema positivo lo colgo. Anche per mr. spending review un deficit più alto non è piu un tabù.
Anche lui, però, come per altri economisti della contabilità aritmetica come LBS, non parla mai del perché il nostro Paese cresce meno degli altri. Se l'incertezza politica si riflette sul costo del debito, la mancata crescita, l'anemia che ci perseguita da anni, non si risolve guardando alla matematica della contabilità pubblica, ma con investimenti pubblici e privati di qualità.
Quelli per mettere in sicurezza il teritorio sono indispensabili, ma per la crescita servono anche nuove infrastrutture fisiche e non. Apriamo la discussione su quali? E lasciamo l'economka aritmetica o dei decimali ad altri?
Lavoro per il futuro del mio Paese e amo la mia famiglia. Ho iniziato un blog per metterci i miei suggerimenti alla Politica. E' una forma di partecipazione attiva. Sostengo chi ha a cuore il futuro dell'Europa e del nostro Paese. @LourdePatte
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domenica 2 settembre 2018
giovedì 9 agosto 2018
Come non dare ragione a Gustavo Piga
Leggo oggi sul Sole 24 ore Gustavo Piga (GP) che scrive quello che molti economisti pensano, ma non dicono. Dov'è il programma economico del Governo?
Inutile dire che sono pienamente d'accordo con lui.
Nell'articolo ha finalmente individuato la terza via, quella della "non eccessiva correzione" come la strada che probabilmente l'esecutivo sceglierà di percorrere. La stessa di Padoan, che abbiamo percorso senza dirlo. Una via, quella della "non eccessiva correzione" lastricata di un mix di interventi che vanno dalla riprogrammazione della spesa (tetto alla spesa corrente e aumento di quella per investimenti), aumento dell'IVA e maggior deficit, il tutto nella speranza che l'economia cresca. Intanto, tutto questo porta maggior debito, almeno nel breve periodo.
Idealmente, quanto scrive GP mi suggerisce alcune riflessioni.
GP dimentica che, nell'era del populismo, si è sempre in campagna elettorale. Non premiano le scelte di lungo periodo, ma i 140 caratteri che dicono quello che le persone si vogliono sentire dire. Quindi perché programmare? E poi ci siamo mai attenuti ad un programma? Solo di recente abbiamo tentato un percorso di riforme. Il non avere un obiettivo ed un programma da seguire, sono la prima spiegazione di perché siamo dove siamo.
E qui la seconda considerazione. GP suggerisce, alla fine del suo articolo, che stiamo già giocando nella serie B mondiale e che il rischio è di rimanerci per sempre. Purtroppo è vero. E se la politica non riconosce questo agendo di conseguenza, semplicemente vuol dire che la situazione è anche peggio di come la scrive GP.
Infine, non sfugge che l'esito della partita che stiamo giocando passa anche per i risultati delle elezioni europee. Se l'onda populista, non solo italiana, dominerà la scena, il nostro Governo potrebbe avere una sponda per evitare di essere messa in procedura per disavanzo eccessivo, che - tecnicamente - potrebbe succedere anche domani, visto che l'Italia non rispetta, da tempo, la regola sulla riduzione del debito. Se così accadesse, Tria si troverebbe nella posizione di avere consentito al Governo di raggiungere i propri obiettivi e resterebbe al suo posto. Certo, in caso contrario, ci troveremmo con un governo in difficoltà, di cui Tria sarebbe il garante.
In breve, Tria ne esce vincitore. Si rafforza. Ma l'obiettivo dovrebbe essere quello di rafforzare l'Italia nell'Europa. Possono coincidere?
martedì 2 gennaio 2018
A 10 anni dalla crisi, il vero tema è la crescita inclusiva.
Il 2018 segna il decimo anniversario della crisi finanziaria globale e l'inizio della grande recessione. Forse, secondo le previsioni dei principali organismi sovranazionali, il 2018 potrebbe essere il secondo anno in cui si potrebbe registrare la crescita globale più forte post-crisi.
Questa è un'ottima notizia, ma in realtà l'eredità della crisi persiste e si manifesta sotto la forma di QE, che alimenta l'ascesa dei corsi azionari e dei mercati immobiliari, e sotto forma di un aumento delle disparità nella distribuzione del reddito, che invece alimenta la crescita del populismo.
La maggior parte delle sfide che l'economia globale deve affrontare non può essere affrontata dalla politica monetaria. Il potenziale di crescita futuro e il rischio di un populismo dilagante dipenderanno dalla capacità dei governi (pure quello italiano) di fare in modo che i benefici della crescita siano ampiamente condivisi e che la disparità nella distribuzione del reddito venga ridotta.
In altre parole, offrire una crescita più inclusiva.
La necessità di una crescita inclusiva non riguarda solo l'equità e il mantenimento della coesione sociale.
Limitare l'impatto negativo derivante dalla mancanza di inclusione - sia in termini di ritmo che di sostenibilità della crescita - è una sfida a medio termine per i governi che non può essere affrontata solo attraverso la ridistribuzione.
E non solo a livello nazionale.
Occorre redistribuire il carico fiscale, come ho proposto in questo post.
Ma servono anche politiche attive, come la formazione costante per chi lavora e per chi perde il lavoro, in modo da aumentare la possibilità di reimpiego. Come ha proposto nel 2010 da Robert B. Reich occorre disegnare un sistema di assicurazione per il reimpiego, in grado di sostenere chi perde il lavoro. La posposta di Reich prevede anche di integrare il reddito di chi trova un lavoro dopo averlo perso, ma con un salario più basso. L'integrazione, pur se limitata a due anni, consente di riprendere a lavorare accentando un salario più basso, ma di mantenere proprio il proprio tenore di vita grazie all'integrazione, continuando però la formazione in modo da trovare - successivamente - un lavoro meglio retribuito.
Serve completare l'Unione Europea, con istituzioni democratiche ed un vero bilancio federale che consenta interventi sostitutivi ed integrativi a quelli dei singoli governi. In modo che l'Unione sia riconosciuto nella vita di ogni giorno.
Questa è un'ottima notizia, ma in realtà l'eredità della crisi persiste e si manifesta sotto la forma di QE, che alimenta l'ascesa dei corsi azionari e dei mercati immobiliari, e sotto forma di un aumento delle disparità nella distribuzione del reddito, che invece alimenta la crescita del populismo.
La maggior parte delle sfide che l'economia globale deve affrontare non può essere affrontata dalla politica monetaria. Il potenziale di crescita futuro e il rischio di un populismo dilagante dipenderanno dalla capacità dei governi (pure quello italiano) di fare in modo che i benefici della crescita siano ampiamente condivisi e che la disparità nella distribuzione del reddito venga ridotta.
In altre parole, offrire una crescita più inclusiva.
La necessità di una crescita inclusiva non riguarda solo l'equità e il mantenimento della coesione sociale.
Limitare l'impatto negativo derivante dalla mancanza di inclusione - sia in termini di ritmo che di sostenibilità della crescita - è una sfida a medio termine per i governi che non può essere affrontata solo attraverso la ridistribuzione.
E non solo a livello nazionale.
Occorre redistribuire il carico fiscale, come ho proposto in questo post.
Ma servono anche politiche attive, come la formazione costante per chi lavora e per chi perde il lavoro, in modo da aumentare la possibilità di reimpiego. Come ha proposto nel 2010 da Robert B. Reich occorre disegnare un sistema di assicurazione per il reimpiego, in grado di sostenere chi perde il lavoro. La posposta di Reich prevede anche di integrare il reddito di chi trova un lavoro dopo averlo perso, ma con un salario più basso. L'integrazione, pur se limitata a due anni, consente di riprendere a lavorare accentando un salario più basso, ma di mantenere proprio il proprio tenore di vita grazie all'integrazione, continuando però la formazione in modo da trovare - successivamente - un lavoro meglio retribuito.
Serve completare l'Unione Europea, con istituzioni democratiche ed un vero bilancio federale che consenta interventi sostitutivi ed integrativi a quelli dei singoli governi. In modo che l'Unione sia riconosciuto nella vita di ogni giorno.
giovedì 28 dicembre 2017
Il piano mille euro.
Berlusconi pensa ai poveri, sottolinea l'occhiello di un articolo apparso oggi su "il Giornale". Quello che mi ha interessato non è la - pur condivisibile - proposta di Belusconi di aiutare chi ha un reddito sotto i 1.000 euro. Molto più interessante è la proposta di decontribuzione per facilitare le assunzioni.
Condivido. Ma deve essere una decontribuzione permanente su tutti i lavoratori e non solo,per i giovani. Non bisogna creare una categoria di disoccupati di 60 anni, che verrebbero licenziati per essere sostituiti da giovani, il cui costo azienda è più basso grazie alla decontribuzione.
Già che ci siamo, fissiamo a 67 anni il limite per andare in pensione e leviamo questa assurda regola che l'età della pensione si adegua all'aspettativa di vita!
Ps
Sulla riorganizzazione della macchina dello Stato aspetto di leggere qualche proposta.
Condivido. Ma deve essere una decontribuzione permanente su tutti i lavoratori e non solo,per i giovani. Non bisogna creare una categoria di disoccupati di 60 anni, che verrebbero licenziati per essere sostituiti da giovani, il cui costo azienda è più basso grazie alla decontribuzione.
Già che ci siamo, fissiamo a 67 anni il limite per andare in pensione e leviamo questa assurda regola che l'età della pensione si adegua all'aspettativa di vita!
Ps
Sulla riorganizzazione della macchina dello Stato aspetto di leggere qualche proposta.
Libero rilancia sul mio tema
Sono sicuro che Giuliano Zulin, autore oggi di un articolo dal titolo "Tu vuo fa l'americano" pubblicato su "Libero", non ha letto il mio post di ieri. Il suo articolo mi dà però l'occasione per ribadire una parte della mia proposta: la riduzione delle aliquote IRPEF finanziata con l'eliminazione delle detrazioni e delle deduzioni.
Anche se Zulin manterrebbe quelle per medicinali e mutui, io continuo a pensare che sarebbe meglio ridurre le tasse a tutti per rendere meno efficace qualsiasi strategia di elusione ed evitare le distorsioni che le deduzioni e detrazioni comportano.
Ridurre le aliquote (e rivedere gli scaglioni, come suggerisce implicitamente l'articolo) avrebbe anche l'effetto di ridurre il vantaggio di evadere.
Spero che quest'articolo di Libero serva ad avviare un dibattito serio sui vantaggi di ridurre le imposte sui redditi personali e rilanciare i consumi, senza creare buchi nel bilancio. La riduzione delle gettito sarebbe infatti finanziato dalla eliminazione delle deduzioni e detrazioni.
Ps
In Italia la corporate Tax è al 24% ma anche le imprese hanno degli importanti riduzioni fiscali per cui il Tax rate effettivo...
mercoledì 27 dicembre 2017
Il rilancio dell'economia parte da uno shock. Vedi la riforma delle tasse di Trump.
La battaglia del fisco è iniziata. La riforma fiscaler approvata dal Congresso americano sarà analizzata con calma e sotto molti punti di vista. Ma di sicuro rappresenta una mossa che spariglia gli equilibri e deve far pensare.
Il punto che ci deve far riflettere è che la mossa di Trump non è populismo. Ma una vera svolta in tema di tassazione. Qualche primo spunto di riflessione lo trovate qui.
https://www.economist.com/blogs/democracyinamerica/2017/12/over-hill?mbid=nl_hps_5a3d4affcbb3bf3297923726&CNDID=51826915
Vi richiamo solo 3 passaggi di quest'articolo:
1. firms will no longer pay taxes on their overseas profits.
2. At home, the corporate tax rate will fall from 35% to 21% in 2018.
3. Workers will benefit from across-the-board cuts in income taxes until 2025, after which, if Congress takes no further action, most levies for individuals will return to today’s levels or even rise.
Non è detto che questa riforma darà un'accelerazione alla crescita (le analisi sin qui uscite sembrano confermare questa possibilità), ma non creerà neppure maggiore polarizzazione nei redditi, come molti ritengono. Questa tendenza (polarizzazione dei redditi) è già in atto e dipende dai meccanismi dell'economia digitale che essenzialmente accelera processi noti, dando ancor più valore a come il capitale umano viene formato (scuola) e alle possibilità che vengono offerte per far crescere le idee fino a diventare impresa (capitale finanziario).
Come risponderà (se mai lo dovesse fare..) l'Europa? Costruita come una sovrastruttura di Stati tendenzialmente litigiosi ed egoisti, è oggi in grado di fornire una risposta? Non ne vedo ancora l'ombra.
Come risponderà il nostro Paese? Vedremo dopo le elezioni. Intanto suggerirei di riflettere su questi spunti:
- ridurre l'irpef, eliminando le detrazioni che creano distorsione. Tasse personali più basse e meno detrazioni. Il modello pre compilato diverrà ancora più semplice da gestire e per molti non servirà più. Come ho ricordato in un precedente post, su 790 €mld di redditi lordi quale base Irpef, dopo 66 €mld di detrazioni di imposta possiamo dire che 40.8 milioni di contribuenti pagano un’aliquota media del 20%, il 95% di loro “solo” il 16% di aliquota effettiva. Ma le persone sono in grado di calcolare l'aliquota effettiva? La riduzione di 1% di Irpef su tutte le aliquote costa 7,9 miliardi. Eliminando tutte le detrazioni potremmo ridurre le aliquote almeno di 8 punti. A tutti! Pensate che la spesa per medicine crolli o nessuno andrà più dal dentista o dal veterinario?
- Far aumentare l'IVA. Ci stiamo trascinando le clausole di salvaguardia dal governo Monti, ingessando la fiscal policy. Anziché trovare 15 miliardi solo per rinviare al futuro l'aumento delle indirette, lasciamo scattare l'IVA e utilizziamo le risorse così ottenute per la scuola (attrarre professori e studenti dall'estero e mettere a disposizione degli studenti le tecnologie disponibili) ed investire in programmi di venture capital e private Equity per le nostre imprese.
- Concentrare gli incentivi e le detrazioni per le imprese su tre capitoli: a) investimenti b) formazione dei dipendenti c)assunzioni di personale eliminando tutto il resto
E l'Europa cosa ci dirà? Non ci sarà bisogno che l'Europa dica qualcosa. Ci perderemo nel labirinto delle coperture e delle lobby prima di attuare qualche riforma e quindi che l'Europa, spaurita è spaventata da un'Italia forte, dica qualcosa.
Il punto che ci deve far riflettere è che la mossa di Trump non è populismo. Ma una vera svolta in tema di tassazione. Qualche primo spunto di riflessione lo trovate qui.
https://www.economist.com/blogs/democracyinamerica/2017/12/over-hill?mbid=nl_hps_5a3d4affcbb3bf3297923726&CNDID=51826915
Vi richiamo solo 3 passaggi di quest'articolo:
1. firms will no longer pay taxes on their overseas profits.
2. At home, the corporate tax rate will fall from 35% to 21% in 2018.
3. Workers will benefit from across-the-board cuts in income taxes until 2025, after which, if Congress takes no further action, most levies for individuals will return to today’s levels or even rise.
Non è detto che questa riforma darà un'accelerazione alla crescita (le analisi sin qui uscite sembrano confermare questa possibilità), ma non creerà neppure maggiore polarizzazione nei redditi, come molti ritengono. Questa tendenza (polarizzazione dei redditi) è già in atto e dipende dai meccanismi dell'economia digitale che essenzialmente accelera processi noti, dando ancor più valore a come il capitale umano viene formato (scuola) e alle possibilità che vengono offerte per far crescere le idee fino a diventare impresa (capitale finanziario).
Come risponderà (se mai lo dovesse fare..) l'Europa? Costruita come una sovrastruttura di Stati tendenzialmente litigiosi ed egoisti, è oggi in grado di fornire una risposta? Non ne vedo ancora l'ombra.
Come risponderà il nostro Paese? Vedremo dopo le elezioni. Intanto suggerirei di riflettere su questi spunti:
- ridurre l'irpef, eliminando le detrazioni che creano distorsione. Tasse personali più basse e meno detrazioni. Il modello pre compilato diverrà ancora più semplice da gestire e per molti non servirà più. Come ho ricordato in un precedente post, su 790 €mld di redditi lordi quale base Irpef, dopo 66 €mld di detrazioni di imposta possiamo dire che 40.8 milioni di contribuenti pagano un’aliquota media del 20%, il 95% di loro “solo” il 16% di aliquota effettiva. Ma le persone sono in grado di calcolare l'aliquota effettiva? La riduzione di 1% di Irpef su tutte le aliquote costa 7,9 miliardi. Eliminando tutte le detrazioni potremmo ridurre le aliquote almeno di 8 punti. A tutti! Pensate che la spesa per medicine crolli o nessuno andrà più dal dentista o dal veterinario?
- Far aumentare l'IVA. Ci stiamo trascinando le clausole di salvaguardia dal governo Monti, ingessando la fiscal policy. Anziché trovare 15 miliardi solo per rinviare al futuro l'aumento delle indirette, lasciamo scattare l'IVA e utilizziamo le risorse così ottenute per la scuola (attrarre professori e studenti dall'estero e mettere a disposizione degli studenti le tecnologie disponibili) ed investire in programmi di venture capital e private Equity per le nostre imprese.
- Concentrare gli incentivi e le detrazioni per le imprese su tre capitoli: a) investimenti b) formazione dei dipendenti c)assunzioni di personale eliminando tutto il resto
E l'Europa cosa ci dirà? Non ci sarà bisogno che l'Europa dica qualcosa. Ci perderemo nel labirinto delle coperture e delle lobby prima di attuare qualche riforma e quindi che l'Europa, spaurita è spaventata da un'Italia forte, dica qualcosa.
domenica 17 dicembre 2017
Facciamo i conti senza l'oste?
Come sempre campagne elettorali sono belle perchè creative. Non ne ricordo una che non avesse il 90% di contenuti demagogici e il 10% di cose inutili. Certo, in questa fase occorre andare al governo e per questo fine ogni mezzo è quello giusto. Sperando in un governo prossimo capace di governare una situazione molto complessa.
I conti pubblici. In Italia abbiamo stabilizzato il deficit: 30-35 €mld di deficit annuo. La spesa pubblica cresce, ma sopratutto grazie ad una voce, quella che ha registrato il +72% in 17 anni, le prestazioni sociali (pensioni in gran parte è CIG). Lo squilibrio tra contributi incassati e prestazioni sociali erogate è stato (dal 2000 al 2016) di circa 1.3 trilioni di euro, mentre il debito è salito di "solo" 0,8 trilioni di euro. Austerità???
Ora il Fondo monetario (ma attenzione all'UE che da 3 anni dice la stessa cosa) chiede di ridurre il debito. Pensando alla demografia e al modello di crescita e sopratutto alla mancata riforma della pubblica amministrazione, come faremo a ridurre il debito con la crescita? Oramai non possiamo più aggrapparci al mito delle privatizzazioni, abbiamo venduto tutto il vendibile e non si possono certo aumentare le tasse.
Al contrario in campagna elettorale si parlerà di ridurre le imposte. Su 790 €mld di redditi lordi quale base Irpef, dopo 66 €mld di detrazioni di imposta possiamo dire che 40.8 mio di contribuenti pagano un’aliquota media del 20%, il 95% di loro “solo” il 16% di aliquota effettiva. Il 5% dei contribuenti paga il 40% dell’ Irpef. Lotta vera all'evasione????
I conti pubblici. In Italia abbiamo stabilizzato il deficit: 30-35 €mld di deficit annuo. La spesa pubblica cresce, ma sopratutto grazie ad una voce, quella che ha registrato il +72% in 17 anni, le prestazioni sociali (pensioni in gran parte è CIG). Lo squilibrio tra contributi incassati e prestazioni sociali erogate è stato (dal 2000 al 2016) di circa 1.3 trilioni di euro, mentre il debito è salito di "solo" 0,8 trilioni di euro. Austerità???
Ora il Fondo monetario (ma attenzione all'UE che da 3 anni dice la stessa cosa) chiede di ridurre il debito. Pensando alla demografia e al modello di crescita e sopratutto alla mancata riforma della pubblica amministrazione, come faremo a ridurre il debito con la crescita? Oramai non possiamo più aggrapparci al mito delle privatizzazioni, abbiamo venduto tutto il vendibile e non si possono certo aumentare le tasse.
Al contrario in campagna elettorale si parlerà di ridurre le imposte. Su 790 €mld di redditi lordi quale base Irpef, dopo 66 €mld di detrazioni di imposta possiamo dire che 40.8 mio di contribuenti pagano un’aliquota media del 20%, il 95% di loro “solo” il 16% di aliquota effettiva. Il 5% dei contribuenti paga il 40% dell’ Irpef. Lotta vera all'evasione????
domenica 13 agosto 2017
Le riforme che vorrei. Le tasse di scopo al posto delle addizionali.
Faccio due passi sul litorale. Vedo sporcizia sulla spiaggia. Solo gli stabilimenti cercano di ripulire la sabbia da cicche di sigaretta, fazzoletti di carta, tappi di plastica.
Possibile che da anni ci sia polemica sul l'applicazione della Bolkestain alle concessioni demaniali e non si parli mai del degrado delle nostre coste? Ma questa è la politica in Italia. Non si confronta sulle scelte, ma è concentrata sullo slogan migliore.
La mia proposta è molto semplice. Una tassa di scopo per la pulizia delle spiagge e la depurazione delle acque che finiscono in mare. La pagano i residenti dei comuni costieri; chi va nel comune costiero occasionalmente, la paga all'accesso al comune.
Difficile? Non penso. Impopolare, ma necessaria per tenere pulito una ricchezza del nostro Paese.
Altre tasse di scopo posso essere introdotte, consentendo l'eliminazione delle addizionali regionali e comunali che non sono collegate con i servizi offerti. Le addizionali o misurano l'inefficienza della politica (quando le aliquote sono più alte di quelle normali) ovvero il grado di irresponsabilità della politica rispetto ai cittadini. Chi saprà amministrare bene, riuscirà a tenere basse le tasse di scopo e a fornire servizi apprezzabili. Chi saprà amministrare bene, troverà conveniente aggregarsi per offrire un servizio migliore, al minor prezzo. Chi saprà amministrare bene verrà rieletto.
Sarebbe finalmente applicato il principio "no Taxation without Representation" .
“No taxation without representation”è uno slogan la cui traduzione è: “No alla tassazione senza rappresentanza” che negli Usa durante gli anni 1750 e 1760 riassumeva una lamentela primaria dei coloni britannici nelle Tredici Colonie, che fu una delle cause principali della Rivoluzione americana.
Potrebbe essere il nuovo inizio del federalismo italiano, dopo la bocciatura, da parte della Corte Costituzionale, della regola che prevedeva l'ineleggibilità per chi aveva male amministrato.
Sarebbe la rinascita del Paese. Basta tasse e imposte generiche. I cittadini vogliono sapere per cosa servono le tasse che pagano.
sabato 12 agosto 2017
La bugia delle tasse. Tra Renzi e Berlusconi c'è un Paese che chiede aiuto
Siamo solo all'inizio. La campagna elettorale (ufficialmente) non è ancora iniziata, ma tra gli schieramenti è già iniziata la guerra. Di parole e slogan. Chi con un libro, chi con un'intervista ai giornali, che con dei paper, le varie fazioni in campo si buttano sull'argomento preferito dagli italiani: pagare meno tasse (e mantenere invariati i servizi ottenuti).
Il punto è proprio questo: gli italiani non riescono a capire perché pagano le tasse. La politica in questi anni non ha fatto nulla per ricordare i servizi che vengono assicurati con le tasse: scuola, sanità, pronto soccorso, sicurezza, pulizia delle strade, spegnimento di incendi, regolazione del traffico, trasporto pubblico, etc. etc. Ne ha fatto nulla per migliorarli.
E facendo così, la politica non ha fatto altro che trasmettere al cittadino la sua incapacità di gestire la cosa pubblica, dando spazio alla reazione malpancista, o come dicono altro populista, che alle volte prende il nome di Grillo, altre di Salvini.
Se, infatti, la politica vede un problema, non deve denigrare e cavalcare il malcontento, ma decidere cosa fare e migliorare.
Cosa migliorare? Lo spiega in modo magistrale Sabino Cassese in un articolo di questa settimana sul Corriere. Sono in primo luogo le leggi fatte male a mettere in difficoltà chi le deve applicare. Ma non basta. La PA è troppo vecchia e poco digitalizzata. Pensa in modo vecchio, come la politica.
Ed ecco spiegato perché il tema della riduzione del carico fiscale torna nel dibattito elettorale. Anzi pre-elettorale. La vecchia politica spera di vincere le elezioni con le promesse. La solita vecchia promessa di ridurre le tasse.
martedì 25 aprile 2017
Alitalia, il pasticcio è servito. E non è finita...
La fine di Alitalia non è stato segnato ieri dal referendum dei lavoratori, come molti si sono affrettati a dichiarare o scrivere. L'Alitalia è finita quanto, decisa l'alta velocità, la tratta più redditizia - la Milano / Roma - è stata messa sotto pressione dal treno veloce.
In altre parole, la fine di Alitalia è dovuta alla a mancanza di visione strategica della nostra classe politica che, nel decidere una giusta insfrastruttura, non ha visto più lontano del suo naso e ha mancato di disegnare alleanze e strategie di espansione di quella che all'epoca (anni novanta) era la compagnia di bandiera dell'Italia.
L'ultima speranza, su di un percorso pieno di errori di strategia industriale e politica, fu il matrimonio con AiR France, che venne fatto naufragare dai "capitani coraggiosi", ancora una volta supportati (o forse sospinti) da una politica miope che vedeva nell'italianità un valore da difendere.
Ma la miglior difesa è l'attacco, dice un proverbio popolare. Questo è vero sopratutto in economia e le imprese che giocano sulla difensiva vengono spazzate vie dal vento dell'innovazione e dell'aggressività della concorrenza. Ne volete degli esempi o vi basta ricordare Loro Piana e gli altri marchi della moda? Vogliamo ricordare Pioneer, che gestisce i risparmi degli italiani è che ora non è più di proprietà di un'impresa nazionale?
Ora si tratta di capire solo quale sarà il prossimo obiettivo.
La grande distribuzione. Sì perché se le nostre coop (sono ben 7) o la S lunga non capiscono di essere troppo piccole e non si mettono insieme per un patto strategico di consolidamento e attacco, saranno presto preda di qualcuno più grosso e con denari a sufficienza per comprare le catene di distribuzione italiane. Ed allora vedrete gli scaffali pieni di prodotti esteri, che già sono ben presenti.
Nulla di male, io amo la concorrenza, ma amo sopratutto l'Italia e mi domando: che ne sarà della nostra agricoltura? Marginalizzata, come sta succedendo a molti dei settori produttivi italiani, dalle banche all'acciaio.
La soluzione passa per una politica che abbandoni il suo shortermismo e si dedichi a rispondere, seppur tardivamente, alla sfida della globalizzazione. Ne abbiamo la forza (l'Europa) e la capacità (le nostre PMI). Serve solo più coraggio (e meno urli) e visione (e meno slogan) nei nostri politici.
venerdì 10 marzo 2017
Il Draghi-pensiero. Secondo me ....
Le dichiarazioni del Presidente della BCE Draghi presentano due facce: una apparentemente molto “dovish”, ma stuzzicato dalle domande dei giornalisti, una anche molto "howkish". Attenzione, perché non parla più del fatto che “all instruments are available”, non parla più di TLTRO, rischi sempre al downside, ma complessivamente migliorati.
Cosa voglia dire lo dovete chiedere a lui.
La mia lettura è che siamo al picco della politica monetaria accomodante dopo oltre sei anni. Ci attendiamo quindi di iniziare un periodo meno accomodante già dal prossimo giugno.
Questo vuol dire che il costo del debito pubblico inizierà a salire e quindi la manovra di bilancio che dovrà essere varata entro ottobre prossimo, dovrà tenere contro anche di un costo del debito che tenderà ad aumentare. È questo non è bello.
Se poi aggiungo che la questione del debito greco non è risolta, le prossime elezioni politiche in Europa, il quadro che ottengo è molto incerto.
Meno male che i nostri politici lo sanno. O no?
lunedì 6 marzo 2017
La politica dei giusti. Eppur si muove (sperem)
Stefano Folli stamane su La Repubblica richiama il tema che ho affrontato nel post di ieri (qui) in modo molto più efficace di me e focalizzando l'attenzione sulla legge elettorale.
Il tema che emerge nell'articolo di Folli è, a mio avviso, quello dell'incapacità di questo Parlamento di giungere alla definizione di una buona legge elettorale. In attesa del nuovo segretario del PD, infatti, il dibattito pubblico sul tema sembra essere morto.
In realtà il tema resta l'oggetto di dibattito (riservato) tra i partiti. Il PD resta sul sistema maggioritario, Forza Italia su quello proporzionale, come sembra il M5S.
Il tema è centrale per il Paese. Certo la legge elettorale deve, prima di tutto, assicurare la rappresentanza degli interessi ed obiettivi del popolo italiano, ben descritti nella prima parte della nostra Costituzione. Parlare solo di governabilità, quindi, è limitativo rispetto alla responsabilità che aspetta questo Parlamento e a questa classe politica.
Come sono centrali altri temi, quelli economici. Si nota il risveglio del Governo, almeno comunicativo, in attesa che il DEF illustri le azioni di politica economica e che la correzione dei conti chiesta dalla Commisione Europea non sia solo un incremento di tasse, ma contenga quei provvedimenti a lungo attesi che consentano di far ripartire la competitività.
L'utilizzo della politica economica per ridare fiato al PIL, sarebbe la vera riforma strutturale che il Paese attende. È forse anche l'Europa.
domenica 5 marzo 2017
La politica dei giusti. Ripartire per non fermarsi
La politica italiana continua ad essere intrappolata nel renzismo a sinistra e nel belusconismo a destra. Incapace di avere una visione del Paese, quello che possono fare i nostri politici è cercare il vicino di casa da attaccare e sconfiggere.
Mentre questo spettacolo va in scena, il resto del mondo va avanti, confuso anch'esso ma terribilmente pericoloso. A partire da quanto accade in Korea del Nord, fino ai movimenti populisti pronti a raccogliere migliaia di voti senza avere idea di cosa fare una volta al potere.
Dando uno sguardo alle scelte di politica economica dei 1.000 giorni di governo Renzi ci accorgiamo che le risorse rese disponibili dal QE e dalla flessibilità europea potevano essere destinata a ridurre il cuneo fiscale, oltre che le imposte su reddito di famiglie e imprese. Target in parte colpiti, ma non l'incisività e la tempestività necessarie.
Mi sono sempre chiesto cosa sarebbe successo se, 3 anni fa, il nostro deficit fosse stato portato al 5% per ridurre il cuneo fiscale e le tasse dirette su famiglie e imprese. Il tutto nell'ambito di un accordo con l'UE che prevedeva un percorso di rientro ed un piano di riforme necessarie al sistema per rendersi libero di crescere. Nel piano andava ricompreso l'abolizione di tutte le agevolazioni amministrate (quelle cioè che per averle occorre fare una domanda alla pubblica amministrazione) in favore di incentivi automatici come quelli che sono stati inseriti per il 2016 ed il 2017 e che stanno trainando gli investimenti privati e l'economia.
I burocrati liberi dall'impegno di amministrare incentivi, potevano essere ricollocati nei tribunali o per utilizzare i fondi europei o, come si fa nel settore privato, fatti uscire dal mondo pubblico del lavoro.
Spesso mi rispondo "non sarebbe successo nulla". Anzi. Saremmo ripartiti. Il QE avrebbe drogato i mercati, le imprese avrebbero ripensato il loro modello di business, le banche avrebbero meno NPL nel portafoglio.
Ma la paura e la mancanza di leadership da un lato, la resistenza al cambiamento del nostro sistema dall'altra ci hanno condannato ad un declino, reversibile ancora per poco. Il mondo avanza, con o senza l'Italia a tirare.
mercoledì 21 dicembre 2016
Caro Presidente Gentiloni. Lettera aperta al premier.
Caro Presidente del Consiglio, Le segnalo questo contributo di Paolo Gerbaudo http://www.eunews.it/2016/12/ 16/lo-spettro-del-populismo/ 74417.
Le anticipo la conclusione perché ha poco tempo per leggerlo tutto. “L’atteggiamento di rifiuto verso il populismo manifestato da diversi intellettuali progressisti non è sufficiente. Al contrario è necessario comprendere che solo costruendo un populismo progressista si può sperare di incanalare in senso emancipatorio il collasso dell’ordine neoliberale.”
Concordo con Gerbaudo perché per rispondere ai movimenti populisti, che fanno leva sulla pancia della gente, che criticano il sistema senza avere un vero programma di cambiamento, non basta il rifiuto o, peggio, la negazione di quanto sta accadendo. Non bisogna arroccarsi e dichiarare che il declino del sistema politico istituzionale sta portando a tutto questo.
I cittadini europei hanno bisogno di risposte per la sicurezza e il lavoro. Gli stessi motivi per i quali 60 anni fa si partì con i Trattati di Roma ed ancor prima con la CECA.
La risposta al populismo non è questione di destra o di sinistra. E’ questione di mettere al centro del dibattito politico le questioni vere dei cittadini; non servono baruffe. Servono risposte ai problemi. Per questo credo ed ho sostenuto in questo blog (Vedi qui) che il suo governo non può limitarsi alle emergenze, ma deve lavorare per migliorare questo Paese.
E’ uscito di recente un ulteriore analisi di cosa non va in Italia e quale potrebbe essere il vero ruolo del nostro Paese in Europa (http://www.cer.org.uk/sites/ default/files/pb_italy_FG_CO_ 20dec16.pdf) a cura di Ferdinando Giugliano e Christina Odendahl. Ma anche di cosa l’Europa ha bisogno.
Siamo orami in grado di smetterla di fare buone analisi e di elaborare ottime soluzioni?
sabato 10 dicembre 2016
Le tre parole chiave del prossimo programma di governo
Oggi si concludono le consultazioni al Quirinale e forse domani, dopo una dovuta pausa di riflessione, il Presidente della Repubblica conferirà l'incarico di Presidente del Consiglio
Le tre parole chiave dell'esecutivo devono essere: Economia, Economia, Economia. Soltanto riprendendo la crescita economica, infatti, possiamo dare risposta alle disuguaglianze che si sono create in 8 anni di crisi. La coesione sociale si nutre di una crescita che crea posti di lavoro, che genera risorse per politiche di inclusione sociale, che mette in sicurezza le imprese e le rafforza da un punto di vista patrimoniale. Non sarà facile, ma non è impossibile. Vediamo le mie proposte.
A. Economia.
La mia prima proposta è che il Governo, invece di utilizzare la Cassa Depositi e Prestiti su tutti i fronti di crisi, la utilizzi per la crescita economica. In particolare per:
La mia prima proposta è che il Governo, invece di utilizzare la Cassa Depositi e Prestiti su tutti i fronti di crisi, la utilizzi per la crescita economica. In particolare per:
- La progettazione ed il finanziamento delle ultime infrastrutture necessarie al Paese, in collaborazione con Ferrovie dello Stato e ANAS. Serve collegare i porti con le ferrovie, dopo aver scelto su cosa specializzare i diversi porti italiani per evitare di farci concorrenza tra di noi e non essere in grado di concorrere con i porti esteri. E' necessario terminare, entro l'anno, i collegamenti in banda larga su tutto il territorio nazionale. Occorre finanziare l'acquisto di nuovi mezzi di trasporto su gomma (lo Stato e le Regioni pagheranno con contributi pluriennali.
- Il finanziamento della piccola e media impresa, fruttando in modo più profondo il Piano Juncker, per sostenere le imprese che innovano il processo ed il prodotto e quelle che si propongono di entrare nella manifattura 4.0. Non solo debito, ma anche capitale di rischio.
- L'elaborazione ed il finanziamento di un grande piano per il turismo sostenibile nelle regioni del sud d'Italia.
B. Economia
La mossa però più necessaria è la riforma fiscale. Ridurre IRPEF e IRES si può e forse meglio avrebbe fatto il governo uscente a utilizzare le risorse spese per finanziare gli 80 euro e il job act per ridurre permanentemente il carico fiscale dell'economia. Occorre, poi, portare a conclusione la riforma di Equitalia e dell'Agenzia delle Entrate seguendo un principio: il 90% delle risorse umane devono essere a lavoro per aiutare i contribuenti e il 10% ai controlli. Le risorse arriveranno dall'aumento dell'IVA.
La mossa però più necessaria è la riforma fiscale. Ridurre IRPEF e IRES si può e forse meglio avrebbe fatto il governo uscente a utilizzare le risorse spese per finanziare gli 80 euro e il job act per ridurre permanentemente il carico fiscale dell'economia. Occorre, poi, portare a conclusione la riforma di Equitalia e dell'Agenzia delle Entrate seguendo un principio: il 90% delle risorse umane devono essere a lavoro per aiutare i contribuenti e il 10% ai controlli. Le risorse arriveranno dall'aumento dell'IVA.
C. Economia
L'economia ha bisogno di processi decisionali più celeri. Nella crisi del 1929, il tracollo dell'economia USA raggiunse l'Europa dopo circa 12 mesi. Oggi i fenomeni economici si trasmettono in 12 secondi. Il Parlamento si deve impegnare non solo nella legge elettorale, ma nel rivedere i propri regolamenti per assicurare un iter normativo che si deve chiudere in massimo 45 giorni. Le norme in campo economico devo essere per lo più di applicazione automatica e la dove non è possibile, occorre che i vari organi dello Stato - inclusa la Corte dei Conti e il Consiglio di Stato - collaborino ex ante e non facciano la caccia alle streghe ex post.
Ce la possono fare i nostri politici o penseranno solo a come modificare la legge elettorale?
L'economia ha bisogno di processi decisionali più celeri. Nella crisi del 1929, il tracollo dell'economia USA raggiunse l'Europa dopo circa 12 mesi. Oggi i fenomeni economici si trasmettono in 12 secondi. Il Parlamento si deve impegnare non solo nella legge elettorale, ma nel rivedere i propri regolamenti per assicurare un iter normativo che si deve chiudere in massimo 45 giorni. Le norme in campo economico devo essere per lo più di applicazione automatica e la dove non è possibile, occorre che i vari organi dello Stato - inclusa la Corte dei Conti e il Consiglio di Stato - collaborino ex ante e non facciano la caccia alle streghe ex post.
Ce la possono fare i nostri politici o penseranno solo a come modificare la legge elettorale?
mercoledì 23 novembre 2016
Avanti con la banking union!
Avanti con la banking union! Finalmente!
E questo quello che ho pensato quando ieri la commissione europea ha approvato la proposta di direttiva, che oggi molti giornali riportano sulla prima pagina.
Da una prima velocissima analisi c'è da dire che effettivamente ci sono elementi molto importanti e che vanno nella direzione auspicata dagli italiani. Si tratta del fattore di correzione per i prestiti alle piccole e medie imprese, una diversa ponderazione dei prestiti per la realizzazione delle infrastrutture, che in Italia sono legate molto ai prestiti bancari, di un primo tentativo di armonizzare le regole del fallimento in Europa.
Un primo passo. Ma per un rilancio dell'economia occorre superare il bancocentrismo europeo, sviluppare il mercato dei capitali, e sopratutto consentire politiche pubbliche di supporto alle PMI.
lunedì 17 ottobre 2016
La Yellen chiama, l'Europa risponde?
Vi segnalo le interessanti le dichiarazioni della Yellen in un suo discorso “Macroeconomics research after the crisis” di venerdì scorso. Chi lo volesse leggere lo trova qui.
Il discorso di Yellen sembra essere chiaro nel sostenere che occorre lasciare che l’economia Americana si "surriscaldi" in modo da favorire la correzione di una parte dei danni lasciati dalla ultima grande recessione (quella iniziata nel 2008).
A farmi dire questo sono diversi passaggi del discorso. Ad esempio li dove la Yellen dice che "reversing
long-term damage may require more accomodative policy than otherwise" e
soprattutto quello in cui vengono decantati i benefici di lasciare che la Fed
amministri una "high-pressure economy".
Non sono i correttivi, del tipo "an accomodative monetary stance, if maintained too long,
could have costs that exceed the benefits" a farmi pensare diversamente.
Sicuramente la Fed, tramite il suo Presidente ci sta indicando che le cose sono ancora molto lontane dall'essere tornate "gestibili" con i normali attrezzi di lavoro.
Se la burocrazia europea stesse a sentire, forse passerebbe da una austerità a tutti i costi ad un politica di investimenti e sviluppo concordata tra i diversi Paesi.
domenica 16 ottobre 2016
Una manovra per l'Italia 33 slide, 4 commenti
In molti hanno liquidato la manovra annunciata sabato scorso dal Governo Renzi come pre elettorale, tesa ad aumentare le possibilità che il SI prevalga al referendum.
Oggi possiamo solo commentare 33 slide presentate dal Presidente del Consiglio. Dato che i dettagli sono importanti, sarebbe meglio non azzardare commenti sulle singole misure. Meglio pensare all'impostazione generale della manovra.
1. In parte la manovra è finanziata in deficit, come le precedenti due manovre. L'effetto sul PIL è quello certificato da ISTAT per il 2014 e 2015. Lieve crescita, ad un tasso non diverso da quello pre-2008. Forse ha ragione chi dice che l'austerità a tutti i costi non fa sempre bene
2. Si registra una forte spinta sugli Investimenti, pubblici e privati. Spero di vedere cantieri utili aperti per migliorare le infrastrutture urbane e investimenti privati all'insegna di una maggiore competitività
3. Per una volta si incita il settore privato a fare la sua parte: non può sempre vivere col sostegno dei soldi pubblici. Se il sistema economico non accetta la sfida, il Paese è finito
Ci sono molti lati oscuri ancora, da scoprire dietro gli annunci. Aspettiamo di vedere la legge di bilancio per commentare.
Una sola ultima nota: la sbandierata una riforma del sistema di riscossione a favore del cittadino. L'unica cosa che i governi non fanno mai, è premiare chi le tasse le ha sempre pagate. Mi piacerebbe vedere una volta tanto una riduzione selettiva delle tasse a favore del contribuente fedele.
martedì 11 ottobre 2016
Il tallone di Matteo. La crescita economica.
In Italia il tema della crescita economica é da tempo sopito.
Le varie emergenze, molte tragiche come il terremoto, la disoccupazione giovanile, il referendum costituzionale, tolgono tempo ad una sana ed approfondita discussione che dia una risposta a questa domanda: perché l'Italia non cresce?
Scrive Paolo Baroni a pagina 7 de La Stampa ieri che ora tutte le attenzioni sono concentrate su due numeri, il livello di deficit per il 2017 e la crescita del Pil. Nessuno parla invece del debito, il nostro vero punto debole. L'ultima nota di variazione del Def ha confermato il percorso di discesa del debito ormai disatteso da anni. Si passa dal 132,8% di quest'anno (in aumento dal 132,3% del 2015) al 132,5% del 2017 per arrivare poi nel 2019 sotto quota 130.
Il giornalista ricorda che dalle privatizzazioni molto difficilmente arriverà l'aiuto che ci si aspetta. Già quest'anno il governo non raggiungerà l'obiettivo: aveva messo in conto di incassare lo 0,5% del Pil, all'incirca 8 miliardi, ed invece si è fermato allo 0,1% tra i soldi incassati con l'Enav (834 milioni) ed i proventi delle vendita di alcuni immobili.
Anche lui si aspetta che il debito scenda per effetto delle privatizzazioni, mentre dovremmo iniziare a parlare di come tornare a crescere. Investimenti pubblici, ma anche privati, e PMI. Magari con un ministro ad hoc che ne curi gli interessi!
sabato 8 ottobre 2016
Italia cambia! Serve il Ministro per la crescita della PMI.
Cosa è accaduto al nostro sistema produttivo? Esso ha subito diversi shock, che hanno origine principalmente nella globalizzazione (i.e. Maggiore concorrenza), nelle politiche dell'austerità (i.e. Minori sussidi pubblici), dalla dipendenza dal credito bancario (i.e. Un modello di governance che non prevede l'apertura del capitale).
Esso è ancora forte, ma le minacce aumentano. Cosa possono fare i policy makers?
Gli ostacoli principali restano due.
Uno è dalla parte delle imprese, nei loro processi produttivi e nel loro modo di approcciarsi al finanziamento: sono poche le imprese che si sono dimostrate in grado di cambiare, aprire il capitale per crescere, esporre la propria impresa ad un giudizio esterno, fare acquisizioni; un numero insoddisfacente per trainare la ripresa di un Paese G7.
L'altro ostacolo è che alcuni nostri rilevanti investitori istituzionali (fondi pensione, casse) sono troppo diversi dagli altri Paesi: non hanno fatto nulla per la crescita delle imprese, non è venuta nessuna spinta alle imprese perché si ripensassero e consentissero ad un capitale paziente di entrare nell'impresa e di svilupparsi.
L'Italia è rimasta, nel suo sistema socio-politico al tempo dei Principati, dei campanili. Ognun per se. Un sistema dove, finché il Governo è riuscito a mediare le diverse istanze, con iniezioni di denaro pubblico (che oltre all'enorme debito ha anche generato la corruzione), le cose sono andate più o meno bene. Ne consegue che, senza questi fattori e senza un'ampia disponibilità di denaro pubblico (che per US, UK e Germania non è un problema, per noi lo è, proprio perché quando abbiamo - poca - disponibilità dobbiamo finanziare leggi mancia per far reggere il sistema politico-istituzionale), non si può cambiare senso di marcia. Il declino è realtà.
Occorre quindi prendere l'iniziativa e istituire una Small Business Administration come negli USA, che ospita tra l'altro un development center per le aziende, dove concentrare le iniziative, i servizi e le risorse economiche per le PMI oggi divise tra amministrazioni pubbliche e CDP. Occorre poi dare un incentivo al risparmio privato perché affluisca verso i fondi pensione per investire nelle PMI.
Mettere da parte l'antico senso della contrapposizione per creare sviluppo. Occorre ricostituire un sistema politico nazionale che ridia coesione alla società. Che abbia a cuore gli interessi dei molti e non dei singoli.
Fermare il declino si può se si prende coscienza di essere scivolati nel burrone. Fare finta di nulla non aiuta. E il peggio deve arrivare,
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