venerdì 19 agosto 2016

Affrontare la #Brexit in modo Europeo. Un altro punto nell'agenda di Ventotene.

Il Governo della Gran Bretagna si prepara silenziosamente ed intelligentemente a trattare con l'Europa (e/o con i singoli paesi europei) la sua uscita dall'euro. Al contrario, l'UE stenta a trovare un piano ed un metodo in grado di trattare la Brexit nel modo più efficiente possibile. È molto probabile che il governo inglese, dopo aver incaricato un ministro di seguire la faccenda, dia un mandato parlamentare molto chiaro allo stesso su cosa chiedere e non chiedere durante la negoziazione. E qual debba essere il punto di caduta, ovvero a quale risultato arrivare. 

Noi in Europa dovremmo fare la stessa cosa. In primo luogo i paesi dell'euro dovrebbero incaricare una persona (una per Stato) in modo da formare un gruppo che crei una piattaforma negoziale nella quale tutti paesi si riconoscono e che sia approvata dal parlamento europeo e dei singoli parlamenti nazionali.  
Sarebbe anche un bel modo di fare in trasparenza il negoziato. 

Diversi sono i dossier da preparare, che vanno dal tema della libera circolazione dei cittadini, dei beni e dei servizi a temi quali la certezza dei contratti stipulati. Si tratta di temi molto ampi e vari che ti richiedono una chiara ricognizione e definizione. 

Solo dopo si potrebbe definire la squadra dei negoziatori, che grazie ad mandato parlamentare europeo e nazionale sarebbero in grado di portare avanti la trattativa dall'inizio alla fine, senza cambi repentini di squadra, in modo da poter seguire l'interesse comunitario in una partita molto delicata per il futuro del nostro continente. 

Potrebbe essere questo un altro degli argomenti che Matteo Renzi potrebbe discutere a Ventotene settimana prossima insieme ad Hollande e Merkel. 

mercoledì 17 agosto 2016

I dubbi di Renzi. Cosa fare a Ventotene?

Oggi i giornali sono ricchi di ipotesi sulla prossima  finanziaria dell'Italia e sulla flessibilità da chiedere all'Europa magari proprio il vertice di ventottene come era stato proposto in questo blog (Vedi qui).

Sono incredulo di leggere in molti giornali, ma soprattutto molto esplicitamente ne "La stampa" (vedi  articolo di Marco Galluzzo "Il Piano di Palazzo Chigi. La manovra "strategica" per trattare con Bruxelles), di ipotesi di chiedere maggiore flessibilità dovuta a cause eccezionali, come sostenuto da questo blog ed da altri più autorevoli commentatori. Peccato che (vedi da ultimo Piga) si debba notare che il massimo della strategia sia quella di rimanere sotto il 3% e ritardare il percorso di rientro. Bella forza, bella strategia! È già così! Il tendenziale dei conti pubblici questo dice. E allora, dov'è la strategia.

Bene il rilancio degli investimenti pubblici, ma quello che serve sono misure europee, coordinate e concentrate. Altrimenti, come ho avuto modo di spiegare qui misure nazionali non servono a molto.

Quindi a Ventotene, il giovane Presidente Renzi deve essere più coraggioso. Deve parlare di strategia complessiva e non degli "zero virgola". Non del 3% italiano o del 5% francese, ma della disoccupazione europea, della perdita di slancio dell'economia europea, dei problemi di coesione che questo comporta a livello europeo.

Provi ad avanzare 4 proposte:

1. Che il Piano Juncker si tramuti in un Piano di investimenti in capitale di rischio verso le PMI, tralasciando le infrastrutture
2. L'investimento in infrastrutture sia lasciato libero ai singoli Paesi, nell'ambito di un deficit comunque con un cap al 3% e, per le infrastrutture di connessione europea, del bilancio europeo. 
3. Togliere la regola del cofinanziamento che lega fondi strutturali europei alla spesa pubblica nazionale 
4. Creare un Education Plan For Europe

Se le faccia bocciare ed esca dell'equilibrismo fatto di sorrisi europei e malumori sussurrati italiani.

sabato 13 agosto 2016

Per la crescita in Italia servono misure europee.

Leggo oggi molti commentatori, giornalisti e politici chiedere a gran voce misure espansive di bilancio da parte dell'Italia. 

Ci dimentichiamo che in un'economia aperta e per di più nella moneta unica, incentivi fiscali di un solo Paese vanno a vantaggio di tutti. In altre parole, vanno a vantaggio anche dei Paesi che non ne sopportano l'onere non potendo essere misure fiscali selettive per normativa europea.

Gli economisti veri ve lo spiegheranno meglio. Ma un incentivo fiscale a rinnovare, ad esempio, le automobili andrà a beneficio di tutti i produttori di automobili e non solo di quelli italiani. Quindi misure come il super ammortamento (la possibilità di registrare il costo fiscale di un bene maggiorandolo del 40% e quindi avendo un beneficio in termini di quote di ammortamento), varato lo scorso anno in Francia e quest'anno in Italia, aumentano il gettito IVA nel Paese, ma non il PIL in pari misura al carico fiscale sopportato da chi ha messo l'incentivo. 

Un serio rilancio dell'economia europea, passa quindi per misure europee. Sia misure concertate - i.e. il super ammortamento adottato da tutti i Paesi Europei - sia attraverso un vero Piano europeo per il rilancio degli investimenti pubblici ed il sostegno a quelli privati (altro che "acqua di rose Juncker"), ma anche con misure di incentivo fiscale posto a carico del bilancio europeo.

A complemento di tutto questo, un sostegno alle PMI tramite Procurement Pubblico sarebbe il giusto complemento. Ma per carità, non sia mai cresciamo e creiamo occupazione!

Una vera flessibilità della politica di bilancio senza sforare il limite del 3% (Vedi qui le mie proposte) sarebbe solo il giusto complemento, ma capisco che meglio riempire i giornali di promesse e polemiche che di proposte strutturate. 

Per la crescita in Italia servono misure europee.

Leggo oggi molti commentatori, giornalisti e politici chiedere a gran voce misure espansive di bilancio da parte dell'Italia. 

Ci dimentichiamo che in un'economia aperta e per di più nella moneta unica, incentivi fiscali di un solo Paese vanno a vantaggio di tutti. In altre parole, vanno a vantaggio anche dei Paesi che non ne sopportano l'onere non potendo essere misure fiscali selettive per normativa europea.

Gli economisti veri ve lo spiegheranno meglio. Ma un incentivo fiscale a rinnovare, ad esempio, le automobili andrà a beneficio di tutti i produttori di automobili e non solo di quelli italiani. Quindi misure come il super ammortamento (la possibilità di registrare il costo fiscale di un bene maggiorandolo del 40% e quindi avendo un beneficio in termini di quote di ammortamento), varato lo scorso anno in Francia e quest'anno in Italia, aumentano il gettito IVA nel Paese, ma non il PIL in pari misura al carico fiscale sopportato da chi ha messo l'incentivo. 

Un serio rilancio dell'economia europea, passa quindi per misure europee. Sia misure concertate - i.e. il super ammortamento adottato da tutti i Paesi Europei - sia attraverso un vero Piano europeo per il rilancio degli investimenti pubblici ed il sostegno a quelli privati (altro che "acqua di rose Juncker"), ma anche con misure di incentivo fiscale posto a carico del bilancio europeo.

A complemento di tutto questo, un sostegno alle PMI tramite Procurement Pubblico sarebbe il giusto complemento. Ma per carità, non sia mai cresciamo e creiamo occupazione!

Una vera flessibilità della politica di bilancio senza sforare il limite del 3% (Vedi qui le mie proposte) sarebbe solo il giusto complemento, ma capisco che meglio riempire i giornali di promesse e polemiche che di proposte strutturate. 

Per la crescita in Italia servono misure europee.

Leggo oggi molti commentatori, giornalisti e politici chiedere a gran voce misure espansive di bilancio da parte dell'Italia. 

Ci dimentichiamo che in un'economia aperta e per di più nella moneta unica, incentivi fiscali di un solo Paese vanno a vantaggio di tutti. In altre parole, vanno a vantaggio anche dei Paesi che non ne sopportano l'onere non potendo essere misure fiscali selettive per normativa europea.

Gli economisti veri ve lo spiegheranno meglio. Ma un incentivo fiscale a rinnovare, ad esempio, le automobili andrà a beneficio di tutti i produttori di automobili e non solo di quelli italiani. Quindi misure come il super ammortamento (la possibilità di registrare il costo fiscale di un bene maggiorandolo del 40% e quindi avendo un beneficio in termini di quote di ammortamento), varato lo scorso anno in Francia e quest'anno in Italia, aumentano il gettito IVA nel Paese, ma non il PIL in pari misura al carico fiscale sopportato da chi ha messo l'incentivo. 

Un serio rilancio dell'economia europea, passa quindi per misure europee. Sia misure concertate - i.e. il super ammortamento adottato da tutti i Paesi Europei - sia attraverso un vero Piano europeo per il rilancio degli investimenti pubblici ed il sostegno a quelli privati (altro che "acqua di rose Juncker"), ma anche con misure di incentivo fiscale posto a carico del bilancio europeo.

A complemento di tutto questo, un sostegno alle PMI tramite Procurement Pubblico sarebbe il giusto complemento. Ma per carità, non sia mai cresciamo e creiamo occupazione!

Una vera flessibilità della politica di bilancio senza sforare il limite del 3% (Vedi qui le mie proposte) sarebbe solo il giusto complemento, ma capisco che meglio riempire i giornali di promesse e polemiche che di proposte strutturate. 

Per la crescita in Italia servono misure europee.

Leggo oggi molti commentatori, giornalisti e politici chiedere a gran voce misure espansive di bilancio da parte dell'Italia. 

Ci dimentichiamo che in un'economia aperta e per di più nella moneta unica, incentivi fiscali di un solo Paese vanno a vantaggio di tutti. In altre parole, vanno a vantaggio anche dei Paesi che non ne sopportano l'onere non potendo essere misure fiscali selettive per normativa europea.

Gli economisti veri ve lo spiegheranno meglio. Ma un incentivo fiscale a rinnovare, ad esempio, le automobili andrà a beneficio di tutti i produttori di automobili e non solo di quelli italiani. Quindi misure come il super ammortamento (la possibilità di registrare il costo fiscale di un bene maggiorandolo del 40% e quindi avendo un beneficio in termini di quote di ammortamento), varato lo scorso anno in Francia e quest'anno in Italia, aumentano il gettito IVA nel Paese, ma non il PIL in pari misura al carico fiscale sopportato da chi ha messo l'incentivo. 

Un serio rilancio dell'economia europea, passa quindi per misure europee. Sia misure concertate - i.e. il super ammortamento adottato da tutti i Paesi Europei - sia attraverso un vero Piano europeo per il rilancio degli investimenti pubblici ed il sostegno a quelli privati (altro che "acqua di rose Juncker"), ma anche con misure di incentivo fiscale posto a carico del bilancio europeo.

A complemento di tutto questo, un sostegno alle PMI tramite Procurement Pubblico sarebbe il giusto complemento. Ma per carità, non sia mai cresciamo e creiamo occupazione!

Una vera flessibilità della politica di bilancio senza sforare il limite del 3% (Vedi qui le mie proposte) sarebbe solo il giusto complemento, ma capisco che meglio riempire i giornali di promesse e polemiche che di proposte strutturate. 

Per la crescita in Italia servono misure europee.

Leggo oggi molti commentatori, giornalisti e politici chiedere a gran voce misure espansive di bilancio da parte dell'Italia. 

Ci dimentichiamo che in un'economia aperta e per di più nella moneta unica, incentivi fiscali di un solo Paese vanno a vantaggio di tutti. In altre parole, vanno a vantaggio di tutti non potendo essere misure fiscali selettive per normativa europea. Gli economisti veri ve lo spiegheranno meglio. Ma un incentivo fiscale a rinnovare, ad esempio, le automobili andrà a beneficio di tutti i produttori di automobili e non solo di quelli italiani. Quindi misure come il super ammortamento (la possibilità di registrare il costo fiscale di un bene maggiorandolo del 40% e quindi avendo un beneficio in termini di quote di ammortamento), varato lo scorso anno in Francia e quest'anno in Italia, aumentano il gettito IVA nel Paese, ma non il PIL in pari misura al carico fiscale sopportato da chi ha messo l'incentivo. 

Un serio rilancio dell'economia europea, passa quindi per misure europee. Sia misure concertate - i.e. il super ammortamento adottato da tutti i Paesi Europei - un vero Piano europeo per il rilancio degli investimenti pubblici ed il sostegno a quelli privati, misure di incentivo fiscale posto a carico del bilancio europeo.

A complemento di tutto questo, un sostegno alle PMI tramite Procurement Pubblico sarebbe il giusto complemento. Ma per carità, non sia mai cresciamo e creiamo occupazione!

Una vera flessibilità della politica di bilancio senza sforare il limite del 3% (Vedi qui le mie proposte) sarebbe solo il giusto complemento, ma capisco che meglio riempire i giornali di promesse e polemiche che di proposte strutturate. 

Per la crescita in Italia servono misure europee.

Leggo oggi molti commentatori, giornalisti e politici chiedere a gran voce misure espansive di bilancio da parte dell'Italia. 

Ci dimentichiamo che in un'economia aperta e per di più nella moneta unica, incentivi fiscali di un solo Paese vanno a vantaggio di tutti. In altre parole, vanno a vantaggio di tutti non potendo essere misure fiscali selettive per normativa europea. Gli economisti veri ve lo spiegheranno meglio. Ma un incentivo fiscale a rinnovare, ad esempio, le automobili andrà a beneficio di tutti i produttori di automobili e non solo di quelli italiani. Quindi misure come il super ammortamento (la possibilità di registrare il costo fiscale di un bene maggiorandolo del 40% e quindi avendo un beneficio in termini di quote di ammortamento), varato lo scorso anno in Francia e quest'anno in Italia, aumentano il gettito IVA nel Paese, ma non il PIL in pari misura al carico fiscale sopportato da chi ha messo l'incentivo. 

Un serio rilancio dell'economia europea, passa quindi per misure europee. Sia misure concertate - i.e. il super ammortamento adottato da tutti i Paesi Europei - un vero Piano europeo per il rilancio degli investimenti pubblici ed il sostegno a quelli privati, misure di incentivo fiscale posto a carico del bilancio europeo.

A complemento di tutto questo, un sostegno alle PMI tramite Procurement Pubblico sarebbe il giusto complemento. Ma per carità, non sia mai cresciamo e creiamo occupazione!

Una vera flessibilità della politica di bilancio senza sforare il limite del 3% (Vedi qui le mie proposte) sarebbe solo il giusto complemento, ma capisco che meglio riempire i giornali di promesse e polemiche che di proposte strutturate. 

Per la crescita in Italia servono misure europee.

Leggo oggi molti commentatori, giornalisti e politici chiedere a gran voce misure espansive di bilancio da parte dell'Italia. 

Ci dimentichiamo che in un'economia aperta e per di più nella moneta unica, incentivi fiscali di un solo Paese vanno a vantaggio di tutti. In altre parole, vanno a vantaggio di tutti non potendo essere misure fiscali selettive per normativa europea. Gli economisti veri ve lo spiegheranno meglio. Ma un incentivo fiscale a rinnovare, ad esempio, le automobili andrà a beneficio di tutti i produttori di automobili e non solo di quelli italiani. Quindi misure come il super ammortamento (la possibilità di registrare il costo fiscale di un bene maggiorandolo del 40% e quindi avendo un beneficio in termini di quote di ammortamento), varato lo scorso anno in Francia e quest'anno in Italia, aumentano il gettito IVA nel Paese, ma non il PIL in pari misura al carico fiscale sopportato da chi ha messo l'incentivo. 

Un serio rilancio dell'economia europea, passa quindi per misure europee. Sia misure concertate - i.e. il super ammortamento adottato da tutti i Paesi Europei - un vero Piano europeo per il rilancio degli investimenti pubblici ed il sostegno a quelli privati, misure di incentivo fiscale posto a carico del bilancio europeo.

A complemento di tutto questo, un sostegno alle PMI tramite Procurement Pubblico sarebbe il giusto complemento. Ma per carità, non sia mai cresciamo e creiamo occupazione!

Una vera flessibilità della politica di bilancio senza sforare il limite del 3% (Vedi qui le mie proposte) sarebbe solo il giusto complemento, ma capisco che meglio riempire i giornali di promesse e polemiche che di proposte strutturate. 

venerdì 12 agosto 2016

Ancora danni dal fiscal compact. La crescita rallenta ancora. Coraggio: ridiamo speranza all'Europa!

Il dato sulla crescita economica appena diffuso dall'ufficio di statistica europeo (crescita nel II trimestre +0.3%) certifica quanto si iniziava a capire. L'incertezza del quadro geopolitico - le guerre e e le prossime elezioni per capirci - unita a fattori specifici per ogni Paese (referendum per UK, banche per l'Italia) pesano sulle prospettive di crescita del vecchio continente. 

Al QE della ECB occorre aggiungere una politica europea di investimenti pubblici e di incentivi a quelli privati. Ma deve essere compiuto uno sforzo comune europeo ed evitare singole mosse dei governi. 

Non credo che la Germania possa essere propensa ad un piano di Investimenti pubblici finanziato in deficit, magari a carico del bilancio comunitario. E così lentamente sprofondiamo nella secular stagnation e ci aggrappiamo alla speranza che Industria 4.0 ci salvi tutti. 

Chissà che il prossimo vertice di Ventotene non ci porti qualche concreta novità. Parole e annunci forse. Novità concrete non me le aspetto. Basterebbe che Italia, Germania e Francia si accordassero per portare i propri deficit al 5% (oophs.. quello della Francia è sostanzialmente già li) riconoscendo l'esigenza di "circostanze eccezionali" come indicano i trattati. 

Non bastano le guerre, le migrazioni, la recessione, la disoccupazione per spingere i nostri governanti ad un coraggioso passo come quello di investire nei propri Paesi? 

giovedì 11 agosto 2016

Lo strabismo di Renzi e le riforme costose ed inutili.

Del 9 agosto mettevo in evidenza (Leggi qui ) priorità, le sette priorità, che ogni governo dovrebbe affrontare per poter rilanciare l'Italia all'interno dello scacchiere politico ed economico internazionale.

Non vi è dubbio che il primo tema è il rilancio di un sistema politico. Serve qualcosa di profondamente diverso da quello attuale, che abbia la capacità di guardare al futuro senza la necessità di dover perpetuare il proprio potere. Questo cambiamento dipende principalmente, se non esclusivamente, da noi cittadini che non siamo più in grado di apprezzare la buona politica, distinguendola dalle promesse. 

Una buona occasione è rappresentata dal prossimo referendum. Carente è l'informazione che consente ai cittadini di valutare la bontà della riforma. Io provo a dirvi la mia e cercherò di partecipare alle discussione che spero diverranno vivaci, consentendo ai cittadini liberi di trovare la propria posizione in merito al referendum. 

Ecco intanto la mia idea. Io sono contrario all'abolizione del Senato, che in realtà si tratta di una sua riduzione in poteri e competenze.  Io sono convinto della necessità di un bicameralismo perfetto, in quanto consente di esaminare compiutamente una legge e di migliorarla nell'interesse del Paese.  Il detto dice: quattro occhi vedono meglio di due. 

Per migliorare l'iter di approvazione delle norme molto più semplicemente andavano rivisti i regolamenti parlamentari, che spesso sono sfruttati dei volponi della politica e dai parlamentari di professione per ritardare la discussione in aula. Che poi spesso si chiude con l'approvazione "a scatola chiusa" di un maxi emendamento votato insieme alla fiducia governo. Alla faccia del dibattito parlamentare.

Parallelamente avrei promosso l'introduzione di una bicamerale permanente con il compito di uniformare i testi votati alla Camera e al Senato, in modo da evitare superflui passaggi delle leggi da un ramo del Parlamento ad un altro. 

Queste semplici riforme potevano essere approvate con tempi più rapidi rispetto alla riforma voluta da Renzi e avrebbero ottenuto, con minori costi, lo stesso risultato. Anzi ne avrebbero garantito uno migliore, preservando il valore del bicameralismo perfetto. 

martedì 9 agosto 2016

I sette problemi che frenano l'Italia.

Un vecchio adagio dice: tutti i nodi vengono al pettine. Renzi ha sbagliato le priorità del suo mandato di governo, puntando troppo sulle riforme istituzionali che non servono e troppo poco sulle riforme necessarie. E questo sta emergendo molto chiaramente oggi. 

Va riconosciuto che Biancaneve-Matteo ha cercato di modernizzare il Paese, ma troppo poco ha fatto per risolvere i sette problemi che affliggono l'Italia. 

A differenza di Biancaneve, i sette nani di Matteo e dell'Italia però non consentono al Paese di svilupparsi ed essere socialmente equo. E, come i nani di Biancaneve, i 7 problemi dell'Italia sono in relazione uno con l'altro. 

Prima di tutto un sistema politico fatto di ex partiti e partitini, o movimenti, tesi alla perpetuazione dell'esistente piuttosto che al dialogo costruttivo volto a determinare una vera svolta nella politica italiana. Termometro di questa debolezza è il calo di affluenza alle urne registrato in occasione delle ultime amministrative.

Questo sistema ha partorito una legge elettorale che non è neppure entrata in vigore - mancano le leggi regionali d'attuazione  - che già si pensa di cambiarla perché l'esito potrebbe essere quello dei sindaci di Roma o Torino. Ma cosa si diceva delle leggi ad personam? Non sarebbe però la prima volta che la legge elettorale serve ad partitum (pensate quando venne introdotto il voto per i cittadini all'estero).

La conseguenza di questo sistema politico incerto è nostra assenza in politica estera. Nonostante la strategicità della posizione del Paese e la sua esposizione rispetto ai flussi migratori e terroristici, siamo spesso assenti nel proporre soluzioni. Inascoltati. Ci accontentiamo di essere stati ammessi al direttorio franco-tedesco, senza che questo abbia prodotto in un effettivo beneficio per il sistema Italia.  Tutti i ragionamenti si traducono semplicemente nel riconoscimento di miseri  "Zero Virgola". Ma questa non è politica estera, ma ragioneria. 

E poi l'economia. Non basta il job act per rilanciare l'economia, ma serve una sana politica di investimenti pubblici o di investimenti pubblici a sostegno di quelli privati in grado di chiudere il gap competitivo tra Italia e gli altri paesi G7.  Serve sostenere le piccole e medie imprese anche attraverso il procurement pubblico, diventato un mero strumento di riduzione della spesa e sempre più mancato strumento di politica industriale per sostenere la struttura portante della nostra economia. 

Purtroppo la mancanza di imprenditori e di capitani coraggiosi così presenti negli anni '60 in Italia e oggi così assenti è pesata sul clima economico generale del Paese e sta pesando sulle prospettive di crescita dell'Italia. La mancanza di grandi imprese italiane, pubbliche o private, ormai sepolte dalle privatizzazioni e quasi tutte espatriate, non consente di avere una scuola di imprenditoria. E imprenditori di terza o quarta generazione molto spesso preferiscono fare impresa all'estero o, peggio, vendono tutti gli asset e vanno a vivere in qualche paradiso terrestre.

Di certo non aiuta una burocrazia statale, ma soprattutto regionale e comunale, sovraccarica di compiti e inadeguata in quanto a strumenti e strutture per rispondere alla sfida della globalizzazione.  Nella selva di leggi scritte male e con la paura di sbagliare, l'azione amministrativa oggi è il freno motore economia. E di questo dobbiamo ringraziare chi, in questi anni, ha deriso, denigrato e distrutto la pubblica amministrazione. Anche Renzi, non solo Brunetta, che con le sue presunte  riforme della pubblica amministrazione ha perso l'occasione di rilanciare il sistema amministrativo italiano che per molti anni ha garantito la corretta trasmissione degli input Politici verso l'economia e i cittadini.  Lasciando spazio alla corruzione e al malaffare. 

C'è poi il capitolo infrastrutture. Mentre l'Italia pensa ancora alla banda larga, gli altri paesi grazie al fatto che questa infrastruttura già ce l'hanno, sono passati a pensare a innovativi servizi e prodotti basati proprio sul suo utilizzo. Nulla da fare sul fronte del sistema turistico portuale, ma anche del trasporto ferroviario delle merci o la lotta al dissesto idrogeologico. Ma quando si parla di infrastrutture occorre ricordare quelle legate all'efficienza energetica, dove incentivi generosi non riescono a raggiungere gli obiettivi. E lo sguardo anche va anche alla raccolta differenziata dei rifiuti che, anziché essere risorsa, sono fonte di costi, malattie e spreco. 





domenica 7 agosto 2016

Il principe sul pisello. La sindrome di Palazzo Chigi.

Anche questa volta la sindrome di Palazzo Chigi ha colpito il suo inquilino.  Questa volta si tratta di Renzi, che non ha fatto differenza rispetto ai suoi predecessori.  Il distacco con il Paese reale inizia quando si entra a Palazzo Chigi e ci si contorna di consulenti ed amici che vengono a indottrinare il presidente del consiglio sulle cose da fare. 

Ecco la differenza tra Renzi appena arrivato a Chigi, ancora fresco delle cose che sentiva direttamente dalla piazza e il Matteo re di Palazzo di oggi. 

Le prime mosse del Presidente erano azzeccate, in quanto rispondevano al Malpancismo nazionale, a cui oggi risponde solo il M5S. A parole, perché poi i fatti non sono facili a seguire. 

Purtroppo le prime mosse del Renzi operaio non erano le cose che servivano al Paese, ma i cittadini educati in tanti anni ad avere risposte clientelari da un sistema politico che ha fatto dei rivoli di spesa la sua forza, erano contenti; essi richiedono sempre interventi che consentono di "tirare avanti" senza impegnarsi per poterli ottenere e li avevano ottenuti. Ecco spiegato il successo degli 80 euro, la riforma (dov'è?) della Pubblica Amministrazione per eliminare sprechi e privilegi, la riduzione delle spese (ma dove?) la riduzione delle auto blu (che hanno solo cambiato colore) e, ora, del reddito di cittadinanza propinato dal M5S e da De Magistris a Napoli.

Ma poi arriva la realtà. Le regole europee, la disciplina dei mercati finanziari, la paura di perdere consensi. La mancanza di un progetto politico vero fa chiudere il Presidente nella sua reggia di Palazzo Chigi e qui inizia la sindrome del pisello. Come per la principessa delle favole, infastidita da un pisello sotto 7 materassi, il Re Presidente ha fastidio di ogni piccola cosa. E si perde contatto con le cose che servono davvero al Paese. Attuazioni dei provvedimenti fermi, leggi mancia (nel senso che danno mancia in giro come da 50 anni a questa parte) e un ministro dell'Economia che deve tornare a suonare l'allarme.

Ecco quindi @pcpadoan sul @sole24ore di ieri che richiama la necessità di poche misure di spesa concentrate sulla crescita. E si perché l'economista che è in @Pcpadoan sa ben che debito e deficit si combattono con la crescita e non con l'austerità. Ovvero con maggiori investimenti pubblici e privati, riduzione del carico fiscale e contributivo, creando le condizioni perché le imprese assumano. 

Se Matteo avesse un progetto politico e non fosse prigioniero della sindrome del pisello, forse potrebbe fare qualcosa di più per il nostro Paese. Ma lo stesso vale per gli altri politici, partiti o movimenti. Basta promesse elettorali, occorre un intento vero e sincero. Per il Paese.