domenica 30 agosto 2015

Il supermercato dell'ideologia. Riflessioni sull'articolo di Francesco Giavazzi

L'articolo di oggi sul Corriere della Sera di Giavazzi propone alcuni temi che provo ad elaborare. Devo dire che l'articolo è ricco, ma lascia un interrogativo. Qual'era il punto del professore?  Troppa carne al fuoco. Almeno per me. Provo a mettere i temi in ordine. E per farlo uso il titolo dell'articolo: "Meno Stato per tagliare le tasse". Ecco le mie riflessioni. 

Primo. C'è bisogno di una PA migliore. Non basta dire "meno PA" ma occorre dire "meno PA non qualificata è più PA organizzata", ovvero PA fatta di persone qualificate, che consentono all'iniziativa privata di costruire il futuro del Paese.
Il perché c'è lo dice la nostra Costituzione che dichiara all'articolo 41 che "L'attività economica privata è libera", ma che " Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana." Per questo "La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali." Per questo serve una PA snella, agile, preparata. Una Amministrazione che può far ricorso ai giovani, altro che blocco del turnover, alla formazione, alla consulenza. Come ogni grande organizzazione mondiale. Vedi Google. 
Quindi le politiche che in questi anni hanno disgregato la PA (grazie anche agli slogan di Brunetta fannulloni! O "Roma Ladrona" di Bossi) oggi ripagano con moneta svalutata il Governo che proprio dalla PA vorrebbe un "colpo di reni". Lo chiede il Paese, e qualche volta anche Squinzi. 

Secondo. La Spending review. Far scendere da 8 mila a mille le imprese partecipate dallo Stato mi sembra un obiettivo politico importante, quasi uno slogan. Perché i governi che hanno avuto modo di avere tra le mani il lavoro di Cottarelli non hanno fatto nulla? Questo si chiede Giavazzi. La domanda è rivolta sopratutto ai governi locali. Clientela? Fallimento di mercato? Utilità sociale? Nessuno, a livello centrale o locale, si è messo a capire se quelle aziende dovevano essere chiuse, accorpate, liquidate o cos'altro. Questo è senz'altro un tema importante, ma che neppure il rottamatore ha saputo affrontare. Forse con meno imprese pubbliche si spenderebbe lo stesso importo per i servizi, ma si otterrebbe un risultato migliore. Perché non è detto che il servizio rifiuti costi meno se privatizzato,  ma può dare un livello di efficienza maggiore, sopratutto se qualcuno (la PA?) scrive bene i contratti di servizio, i bandi di gara per l'assegnazione del contratto e controlla il rispetto delle regole. Ma torniamo a quanto detto al primo punto. Serve una PA più qualificata. 

Terzo. La privatizzazione delle Poste. Meglio seguire l'esempio di Google. Strano in questo caso si prende ad esempio il settore privato (non quando si deve sostenere la necessità di un diverso atteggiamento della PA). Ma Google e Poste non hanno nulla in comune. Perché si dovrebbe seguire lo stesso modello di scissione societaria adottato da Google e non quanto fatto dal Governo giapponese con le Poste nipponiche? Ma il punto è un'altro. Il parallelo tra la privatizzazione delle Poste e la mancanza di politiche sulle partecipate a livello locale. Che senso ha? Solo per sostenere che non c'è volontà politica alla dismissione? O forse si vuole dire che non c'è capacità di elaborare strategie da parte dell'Amministrazione che ha visto nelle partecipate la possibilità di "sgattaiolare" dal patto di stabilità interno e ora non sa come uscirne? Se così fosse, e secondo me questo è il problema, siamo ancora al primo punto. 

Quarto. Il taglio delle tasse riducendo alcune agevolazioni fiscali. Perché no? Quello di cui ha bisogno l'Italia è una forte riduzione della tassazione (grazie Netanyahu che ha ricordato la curva di Laffer) per consentire alle imprese di investire in Italia. Ma anche - e qui torno in un certo senso al primo punto - di una forte azione di qualificazione della spesa che passa per una PA in grado di spendere bene. Ancora il primo tema.

Conclusione. L'azione riformista del Governo è ferma sul tema del rilancio della macchina dello Stato. Non basta la riforma del silenzio assenso, occorre chiedersi se quel pare serve veramente e mettere la macchina dell'Amministrazione in grado di rispettare i tempi. Ma nessuno lo dice. Meglio andare al supermercato dell'ideologia e dire cose scontate che piacciono ai lettori, ma che servono a poco nel mondo reale. 

lunedì 24 agosto 2015

La speranza di una politica economica congiunta, la risposta ai noeurini.

Mi piacerebbe che al prossimo Ecofin, i ministri delle finanze europee si confrontassero sul tema di come rilanciare l'economia. Che ogni ministro si presenti con una o più proposte - magari gli sherpa potrebbero lavorarci in modo congiunto - che guardi alla congiuntura, ma anche all'Europa tra 20 anni.  Misure da implementare congiuntamente, anche con i singoli bilanci dei Paesi Membri, ma con un unico intento: rilancio politico dell'Unione. 

Se fossi io il ministro delle finanze di un Paese UE proporrei un grande piano di infrastrutture fisiche e immateriali, che un'agenzia europea di appalti dovrebbe essere incaricata di sviluppare con risorse a carico del bilancio europeo. Basta alla burocrazia passiva di Bruxelles, direi nel mio intervento. 

Se così fosse, se il dibattito si concentrasse sulle misure e non sui numeri, i bilanci dei Paesi dell'Unione si muoverebbero all'unisono, evitando che siano solo alcuni Paesi ad indebitarsi di portarsi sopra la soglia, ormai psicologica e patologica, del 3%. Avrebbe senso il semestre europeo nel quale le politiche di bilancio si coordinano. Non si guarderebbe alla "bottom line", ma al contenuto delle manovre. Si farebbe politica economica e non contabilità di Stato. 

Questa sarebbe la risposta a quei movimenti noeurini che spaventano i veri europeisti, quelli che vogliono un futuro politico dell'Unione, non quella sbiadita degli europeisti dello zerovirgola. 

sabato 22 agosto 2015

Forse c'è Speranza. La politica delle idee e de dibattito potrebbe tornare

Finalmente! Questa esclamazione spero abbia accompagnato la lettura dell'articolo di Speranza sulla riforma della tassazione. Non tanto e non solo per il contenuto sul quale si può anche non essere totalmente d'accordo, ma sopratutto per la forza di provare ad avviare un dibattito esteso sulle questioni di politica economica. 

Come detto in altri post di questo blog, in Italia manca il dibattito (vedi il post: più confronto-meno-polemica-una-ricetta.) Si polemizza, questo si. Ma il dibattito mette in luce le differenze nelle sfumature e consente in modo chiaro di prendere decisioni e di formare un'opinione nei cittadini. 

La politica è anche questo: formare i cittadini e non illuderli con riforme da 80 euro. Certo, formare i cittadini ha un costo politico alto. I cittadini informati chiederanno sempre di più alla Politica in termini di vision e scelte. La classe politica dovrà essere in grado di dare queste risposte e passare dagli slogan ai contenuti. Cosa c'è di male a sognare e sperare nel miglioramento? Ci avevamo provato con Gustavo Piga un anno fa, lanciando una proposta il 15 agosto (Vedi: il Piano Marshall per l'Italia), che fu ospitato su questo blog, ma anche da "Il Foglio". Piga continua a provarci (vedi il suo sforzo del 20 agosto: on-ce-piu-la-spesa-pubblica-di-una-volta-e-perche/). 

Oggi, più autorevolmente, ci prova un politico. Spero vada meglio, che il dibattito si consolidi. Perché? Perché un uomo solo al comando non ha mai dato buoni risultati.

domenica 16 agosto 2015

La strategia localista non paga, Matteo a quando un'Italia globale?

A vedere le ultime leggi approvate dal Parlamento, su decisa spinta del Governo, mi pare che la spinta riformista del Premier si sia persa per strada. Spero non commetta l'errore che la sinistra commise nel 2001, quella della rincorsa al malpancismo incarnato ora dalla Lega, ora da MS5, che nulla ha a che fare con la visione politica per un Paese 4.0 . 
Perché a ben vedere, la riforma della scuola o quella della pubblica amministrazione, sembrano poco aggressive in termini di cambiamento. Sopratutto la legge sulla PA, non vi sarà sfuggito, riprende punti già in vigore della Riforma Bassanini e li rilancia. Sull'immigrazione si segue la scia della Lega. Sulla politica economica, parla di Mezzogiorno, ma il Governo non ha una strategia complessiva per consentire all'Italia di competere nel mondo. 
Tutto questo ha un inizio. Il 2001 quando venne commesso l'errore politico di riformare il Titolo V della Costituzione, dare maggiori poteri ad una classe politica e amministrativa non preparata (quella locale), non dare la responsabilità connessa con l'autonomia fiscale e distruggere lo Stato centrale. Si dirà che fu la reazione della sinistra al movimento leghista, che poi trionfò alle successive elezioni, in un vago tentativo di contrastare le camicie verdi, giocando sul loro stesso campo. 
La lega, un volta arrivata al Governo, ebbe gioco facile a proseguire e completare quanto iniziato dalla sinistra. La strategia localista, in un mondo globalizzato, non paga. 
L'Italia deve essere il motore di un'Europa unita e leale nell'alleanza con gli Stati Uniti, evitando di farli decidere da soli. 
La strategia economica deve essere quella di ridurre la presenza diretta dell'Amministrazione, che deve assicurare che non vengano prodotti danni all'ecosistema civile, sociale e ambientale. Occorre riportare le amministrazioni locali ad occuparsi dell'attuazione di politiche e strategie nazionali, evitando il campanilismo che allontana gli imprenditori o li rende partecipi di un gioco poco trasparente. Chiedo al Governo una vera spinta riformista.