domenica 27 settembre 2015

Il caso Wolkswagen risveglierà l'Europa sul tema politica industriale (a danno dei Noeurini)?

"Industrial policy is an important tool of economic policy-making, and this has been the case especially since the onset of the current global financial crisis in 2008. However, only relatively few empirical studies consider the macroeconomic effects of industrial policy, especially for European Union countries. In this study we investigate the effect of state aid policy on economic growth and investment, using a panel data set which covers 27 European Union countries over the period 1992–2011. Our results suggest that state aid policy is not an effective tool to achieve higher economic growth and investment rates"

Questo l'abstract di un paper intitolato "State Aid Policy in the European Union" di Çiğdem Börke Tunali e Jan Fidrmuc che è stato pubblicato nel Journal of Common Market Studies (http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/jcms.12247/full). 

Lo ritengo paper importante perché è uno dei pochi lavori che affronta il tema della politica industriale in Europa. Come sostenuto in questo blog in molte occasioni, il tema non è argomentare pro o contro qualcosa, in questo caso la politica industriale in Europa, ma capire cosa sta succedendo e discutere su come apportare i giusti correttivi. 

Il primo dato interessante che troviamo nel paper citato è che, nel periodo 1993 - 2011, la spesa per aiuti di Stato è in diminuzione in tutti i Paesi dell'Unione, anche se in modo diverso da Paese a Paese. Il secondo dato importante è che cambia la composizione degli aiuti, passando da aiuti settoriali ad aiuti orizzontali. Ma quello più significativo è l'irrilevanza della politica industriale sulla crescita economica in Europa! 

Ovviamente si tratta di una materia complessa e dobbiamo essere cauti nel tirare conclusioni affrettate. Ma i dati sembrano indicare, a mio avvio, solo in parte corroborato dai risultati del paper, come tutto questo sia l'effetto delle regole europee. Sia quelle fiscali, sia quelle relative agli aiuti di Stato. Non si può certo dire che oggi l'Europa sia un level playing field per le imprese, o che non vi sia necessità di una politica industriale europea per sostenere la competitività del sistema in confronto ad altre aree economiche del mondo. Come suggeriscono gli autori del paper "Nevertheless, given that the stated objective of state aid in the EU context is enhancing efficiency, both national governments and the European Commission should consider rationalizing state aid policies to avoid wasting government resources." 
Io avrei detto ".. both national governments and the European Commission should consider to design a brand new state aid policy to promote economic growth and prosperity in Europe". 

Si parla molto di capital market union, ma non si parla di politica industriale, ed in particolare per le PMI. Troppo è lasciato agli Stati Membri che imbrigliati nelle regole europee sugli aiuti di Stato e nel rispetto dei decimali non riescono a definire una politica che riduca le differenze economiche e sociali tra Paesi, alimentando i Noeurini. Forse il recente caso Wolkswagen imporrà una riflessione e darà vigore ad una discussione sulla politica industriale in Europa. La speranza non costa niente. 

martedì 22 settembre 2015

Basta ipocrisia nell'affrontare la crisi greca. L'unica speranza è cambiare atteggiamento.

In futuro, se i libri di testo sull'arte della politica parleranno del rischio calcolato, la vittoria di Tsipras alle elezioni di domenica scorsa meriterà almeno una citazione. 

Dopo aver preso la guida del Paese poco meno di un anno fa, averlo condotto durante duri mesi di negoziati con l'Europa, passando attraverso un referendum, per poi accettare un accordo simile, se non peggiore, a quello rifiutato a febbraio, Tsipras è riuscito a vincere le elezioni politiche del proprio Paese, e con un vantaggio del 7,5% sull'opposizione. Chapeau. 

Il risultato elettorale dovrebbe significare una coalizione stabile. Ma il punto è un altro:  riuscirà Tsipras a tirare il suo Paese fuori dalla recessione? 

Certo non da solo. Nei prossimi mesi, la Grecia dovrà affrontare temi cruciali, che hanno una valenza europea e non solo greca. Sarà aiutato in questo da un diverso atteggiamento dell'euroburocrazia? E i politici europei e nazionali impegnati in fatue battaglie sui decimali, saranno abbastanza illuminati e capire che senza un diverso atteggiamento sulla Grecia, rischia tutta l'Europa? 

Veniamo alle sfide che attendono Tsipras. 
A seguito dei controlli sui capitali, sono seguiti diversi mesi di impasse economica, a cui si è aggiunto il ritardo nei pagamenti dal governo al settore privato; i prestiti bancari in sofferenza sono aumentati, da circa il 30% alla fine del 2014 a una media del 45%, secondo quanto riportato da Bloomberg. Le banche greche saranno sottoposte a stress test a partire dal prossimo mese. Attendiamo i risultati per capire la situazione. 
Nonostante nel secondo semestre il PIL ha segnato uno + 0,8% su base trimestrale, i dati di bilancio del 1 ° semestre mostrano come le entrate fiscali siano scese  vertiginosamente (-15% vs programmato). Speriamo che questo non suggerisca ai burocrati europei di chiedere al Governo greco di tagliare le spese per mantenere l'avanzo primario ai livelli previsti ad inizio anno. Il risultato sarebbe solo quello di aggravare la situazione. 
C'è da affrontare il tema della sostenibilità del debito, questione sollevata dal Fondo monetario internazionale, per riportarlo a livelli sostenibili.  
Oltre a tutto ciò, Tsipras dovrà realizzare un programma di riforme duro, comprese quelle misure che il suo partito e i suoi alleati hanno rifiutato di implementare in precedenza.

Riuscirà Tsipras in tutto questo? 
La risposta dipende dalla crescita. Il nodo che attanaglia tutta l'Europa. Non è chiaro come il terzo protocollo d'intesa intenda riavviare la crescita in un Paese che ha perso quasi un quarto del PIL a causa della crisi. L'attuale piano di investimenti manca di chiarezza e l'obiettivo della privatizzazione (€ 50 miliardi), la metà dei quali dovrebbe finanziare nuovi investimenti, appare difficile da raggiungere. 

Da dove arriverà la crescita? Alcuni economisti citano il turismo, altri le riforme strutturali. 
E domanda interna? Non credo che l'economia della Grecia (ed europea) possa recuperare il terreno perso senza misure che diano forza alla domanda interna. 
E poi, ci vorrà del tempo affinché le riforme abbiano effetto e la Grecia realizzi un nuovo modello di crescita: con oltre il 50% di giovani disoccupati il ​​Paese ha urgente bisogno di politiche volte a promuovere la crescita. E questo vale per tutti i Paesi europei. 

In conclusione, se i politici europei vogliono chiudere la porta ai noeurini e dare un futuro a questo continente, devono utilizzare l'occasione offerta dalla Grecia per inventare una nuova politica economia. Quale? Riprendiamo la proposta fatta con Piga di un piano Marshall (il piano Marshall per le PMI) per le PMI europee?

martedì 15 settembre 2015

Alcuni esempi di politica economica in Italia. Si può fare di più.


Lo spunto della riflessione di oggi mi viene dalla lettura del Sole 24 ore di stamane ed in particolare dall'articolo sul "Bilancio zone franche: concessi 600 milioni a 25mila micro e Pmi" di C.Fo. 

Bene che il ministero dello Sviluppo economico abbia pensato di fare un bilancio della misura per le zone franche urbane, introdotta nel 2007 e sbloccatasi solo ne 2014 e che il Sole ci abbia messo un faro. Si apra la discussione!

Le agevolazioni concesse dallo Stato con questa misura sono di vario tipo; esenzione IRES, IRAP, IMU e versamento contributi sul lavoro dipendente, utilizzando il regime "de minimis" ovvero un aiuto di Stato ritenuto ammesso perché di importo pari ad una (ridicola) soglia stabilita da un Regolamento dell'Unione. 

Il Rapporto è disponibile sul sito del Ministero (http://www.sviluppoeconomico.gov.it/images/stories/documenti/Zone_Franche_Urbane-Rapporto_2015.pdf ) e grazie alle numerose tabelle statistiche, è possibile, da un lato, indagare sugli effetti della misura e, dall'altro, fare alcune riflessioni.

Il primo tema che si deve affrontare è però che cosa si attendeva il policy maker quando ha introdotto la misura. La finalità espressa in obiettivi numerici, di occupazione e PIL, non in prosa. 
Questo avrebbe consentito di confrontare il ragionamento ex ante a quello ex post, presentato appunto nel Rapporto. Mancando questo raffronto, le conclusioni dell'interessante documento sono monche per un policy maker. Esse si limitano a trovare soluzioni al tema di come far accedere le imprese alle agevolazioni, ma non discutono la finalità della norma, in termini di efficacia o in termini di obiettivi di crescita ed occupazione. Proprio perché la disoccupazione è uno dei parametri scelti per individuare le Zone in cui intervenire. 

Ad esempio il Rapporto di informa a pagina 8 che in Francia le ZFU hanno registrato una crescita economica cinque volte a quella del resto del Paese con un notevole (non precisato) aumento dell'occupazione. Nulla su quanto avvenuto all'occupazione nelle ZFU in Italia. Neppure in termini di crescita economica. 

Rapporto utile, quindi. Ma occorre fare di più. Verificare l'impatto di queste misure nei termini che interessano al Policy maker: occupazione e crescita.


domenica 13 settembre 2015

Il tema dell'immigrazione e la speranza di un'Europa diversa.


Leggo sui quotidiani che nel Piano europeo per affrontare l'emergenza migratoria si sta discutendo di utilizzare la clausola degli "eventi eccezionali" per incentivare i Paesi all'accoglienza.

Non sono stupito. Nell'Europa dello zerovirgola non poteva che essere cosi. Vedere tutto sul piano del rapporto indebitamento rispetto al Pil. 


Non si spiega perché questa clausola non sia stata utilizzata per chiedere (non giustificare) agli stati europei di seguire una politica economica in grado di contrastare la disoccupazione giovanile legata ad una crisi economica eccezionale. Da molti ritenuta più profonda di quella del 1930. Non era questa una circostanza eccezionale tale da chiedere all'Europa di definire una politica economica diversa? 


E non parlo di una politica passiva (ecco perché non uso il verbo giustificare) ma di una strategia europea, definita comunemente dagli Stati, e posta in essere in modo congiunto. 


Come politica passiva sembra essere il giustificare un maggior deficit in nome dell'accoglienza degli immigrati. 


Perché oggi la discussione in Europa é su come far fronte al flusso di immigrati e non su come affrontare il vero motivo di quanto sta accadendo: far uscire i paesi dai cui provengono i profughi dalla miseria. Un piano per il loro sviluppo economico e sociale, che abbandoni la logica della misericordia molliccia, dei selfie con gli immigrati, delle marce con i piedi scalzi. 


Un piano fondato sui valori che ci portarono al Trattato di Roma. Costruito con gli stessi valori. 


Ma un'Europa incapace di essere esigente verso il suo futuro e legato allo zerovirgola può essere capace di partorire un simile Piano? Un Piano che non definisca quello che l'Europa vuole, ma quello che quei Paesi vogliono. Senza tollerare le intemperanze.


Superare la logica dell'accoglienza nata sull'onda del dramma umanitario, non deve farci dimenticare che i Paesi vicini a quelli dai quali i profughi provengono sono in grado di  accogliere gli emigranti e sopportare i costi di quanto sta accadendo. 


Mentre siamo ancora capaci di poterlo fare, i politici europei devono avere un mente il tema geopolitico che si cela dietro i flussi migratori e trattarlo al di là dell'emergenza. 


Ma quest'Europa dei noeueini sarà in grado di capirlo? 

venerdì 11 settembre 2015

Dalla bad bank, una riflessione sul tema europeo degli aiuti di Stato.

Da diversi mesi in Italia si discute della creazione di una bad bank per aiutare le banche italiane a gestire i cd. Npls (crediti andati a male). Ma la discussione non si concentra sul vero problema: il regime degli aiuti di Stato in Europa continua ad aumentare le fratture nel sistema economico anziché risultare elemento di riequilibrio e maggiore competizione. 

Il tema degli aiuti di Stato dovrebbe essere come l'handicap nel golf, che consente a giocatori di capacità divers di giocare uno contro l'altro, in quanto l'handicap ha livellato la base di partenza. 

Vediamo il tema con riferimento alle discussioni in corso sulla bad bank. 


Il primo tema che occorre considerare è che l'intervento pubblico in questo caso dovrebbe servire a fronte di un fallimento di mercato, che non consente l'incontro tra domanda ed offerta; tra prezzo chiesto dalle banche per vendere e quello offerto dagli investitori per comprare. Non escludo ci sia asimmetria informativa tra chi compra e chi vende che non consente la formazione di un prezzo di equilibrio; e forse un pizzico di speculazione. Questo tema sembra essere pacifico. 


Il secondo tema é capire perché vi é oggi la necessità di una bad bank e non nel 2008 o 2010 quando questa necessità era avvertita da tutti gli altri Paesi europei, che hanno conseguentemente agito. Ovvero hanno messo mano al bilancio pubblico a sostegno delle proprie banche. Chi ha un solido sistema bancario siede in luoghi importanti dell'economia, influenzandone gli andamenti. 
Il punto non è di attribuire la colpa politica a qualche esecutivo italiano che non ha agito, ma di capire come mai solo oggi il problema emerge. Forse la lunghezza della crisi. Se dunque non consento al sistema bancario italiano di ristrutturare il proprio attivo solo perché ha resistito meglio o più a lungo alla crisi, non sto forse creando disparità di trattamento anzichè intervenire a livellale la base di partenza? 


A questo punto il tema diventano le regole europee sugli aiuti di Stato. Se il punto è di mettere il nostro sistema bancario nelle condizioni di concedere credito, di tornare a competere nello spazio europeo in modo uguale alle altre banche, salvaguardare i correntisti, cosa che è messa in difficoltà dalla presenza degli NPLs nei loro bilanci, si tratta di poter intervenire per ricreare un level playing field tra banche italiane e quelle del resto dell'Unione.
Quindi le regole che governano gli aiuti di Stato dovrebbero consentire all'Italia di procedere; il legislatore nazionale nell'utilizzare i soldi dei contribuenti dovrebbe stare attento, e discriminare i casi in cui la situazione è dovuta ad incapacità della banca nel valutare il merito di credito e quella creatasi a causa del prolungarsi della crisi. Solo se venisse dimostrato il fallimento di mercato, l'intervento pubblico sarebbe giustificato . 

Va da se che il fatto che nel tempo le regole siano cambiate, passando dalla possibilità di intervenire nelle banche ad una nella quale questo non è possibile, non è ragionevole in un sistema che dovrebbe intervenire a ridurre le differenze tra i soggetti economici operanti nei Paesi Membri. Cosa che invece è accaduta nel caso delle ristrutturazioni bancarie.

Quindi i servizi della Commissione che presidiano agli aiuti di Stato stanno creando una frattura maggiore nel sistema economico europeo di quella che si registrava ne 1999 e non soltanto con riferimento alle banche.

Perché?


sabato 5 settembre 2015

La politica economica degli altri. Il bilancio della Germania.

Il 1 luglio la Germania pubblica un riporta comunicato sul sito del Ministero delle Finanze (http://www.bundesfinanzministerium.de/Content/EN/Pressemitteilungen/2015/2015-07-01-draft-2016-budget-financial-plan-to-2019.html); lo riporto qui di seguito, con le mie riflessioni. 

Draft 2016 budget and financial plan to 2019: no new debt
On 1 July 2015, the federal cabinet adopted the government draft for the 2016 federal budget and the financial plan to 2019. There will be no new federal borrowing in any of the years covered by the financial plan. This means that the federal government is upholding its commitment to sound and reliable fiscal policies. Both the executed budget for 2014 and the current budget for 2015 were balanced, requiring no new borrowing.
Strano che la prima informazione sia quella che non ci sarà maggior debito fino al 2019. Che bravi! Chiaramente non parlano al popolo tedesco o a quello europeo, ma politicamente indirizzano questo messaggio ai mercati ed agli indisciplinati partner europei che discutono di flessibilità di bilancio e che voglio aumentare il debito per uscire dalla crisi e creare benessere nel proprio Paese. La disciplina, o meglio l'ortodossia fiscale prima di tutto!  Ipocrisia condita da una maggiore attenzione ai flussi migratori. 

Federal spending in the years up to 2019 will increase at a moderate pace, in line with higher government revenue. At the same time, the rate of federal spending growth will remain below the expected rate of GDP growth in the coming years.
Qui danno la regola di bilancio da seguire. Sembrano dire "è così facile!" . 

The adopted budget documents also show that the government’s plan to top up federal investment by €10 billion will be put into action during the years from 2016 to 2018. This investment will be targeted towards transport infrastructure, digital infrastructure, energy efficiency, climate protection and urban development.
Qui iniziano le notizie per i cittadini tedeschi. Ci saranno nuovi investimenti in settori importanti per assicurare la crescita del Paese. I rigoristi, in fondo dei noeurini, diranno che questo è reso possibile dalla continua disciplina fiscale tedesca. Io dico che è reso possibile dalle regole di un Trattato che non riconosceva i diversi punti di partenza dei vari Paesi e cercava di uniformare tutti. 

The budget also contains plans to increase the child tax exemption, child benefit, the child supplement, and tax relief for single parents. In addition, it includes steps to reduce tax bracket creep. These measures will provide over €5 billion in tax relief, especially for workers and families.
Sgravi fiscali. Beh le elezioni politiche tedesche sono relativamente vicine. Occorre incrementare i consensi e forse il cambio di atteggiamento mediatico sul l'immigrazione forse non basta. 

The adopted budget resolutions also continue the federal government’s policy of enhancing support for local authorities. For example, additional fiscal relief for local authorities, planned for 2017, will be increased from €1 billion to €2.5 billion. This comes on top of a newly adopted €3.5 billion fund to promote investment by local authorities with insufficient financial resources. In 2015, the federal government is allocating a lump sum of €1 billion to the Länder and local authorities to help pay for the cost of receiving and accommodating refugees. Starting in 2016, the federal government will provide the Länder and local authorities with sustained, structural relief in dealing with refugee-related costs.
Questo è un passaggio interessante. Politica equitativa o redistributiva per aiutare i lander con risorse  finanziarie insufficienti. Urca. Allora anche i tedeschi si rendono conto che ci sono situazioni che necessitano di un aiuto. Perché allora non propongono una misura analoga in Europa, riformando il ruolo del bilancio dell'Unione? Perché non si fidano degli altri Paesi. In Europa c'è bisogno di regole che permettono di controllare e ridurre la possibilità dei Paesi di crescere e potenziare l'Europa. 

The federal government will also significantly increase its spending on official development assistance (ODA) by a total of €8.3 billion during the period from 2016 to 2019. The goal here is to stabilise ODA spending at a level of 0.4% of gross national income.

A-ri-Urca! 

By adopting balanced budgets that add no new debt, the federal government is making a decisive contribution to the further reduction of Germany’s general government debt ratio. A debt-to-GDP ratio of less than 70% will be attainable as early as 2016. This reflects a fiscal policy that aims to safeguard intergenerational equity and to ensure that Germany is well prepared for future challenges likely to result from demographic trends.

Giusta conclusione. Si tratta di un budget nazionale. Perché preoccuparsi dell'Unione Europea. Ci sono sedi più appropriate per trattare le questioni europee. Ma allora che senso ha coordinare le politiche fiscali se non si coordinano gli interventi nazionali? 

Spero che la discussione sulla governance europea affronti questo tema. Le regole sulla flessibilità sono state scritte in un'epoca molto diversa dall'attuale. Non bastano. Occorre riformare profondamente l'Unione con una visione multilaterale, liberista e democratica.