domenica 15 marzo 2015

L'alternativa di Varoufakis, Mazzuccato e Pisani-Ferry al Piano Juncker

«Immagino una forma alternativa di Quantitative Easing, finanziato al 100% da obbligazioni della Banca Europea degli Investimenti: la BCE potrebbe comprare questi bond sui mercati secondari. Mi piacerebbe chiamarlo Piano Merkel». Questa, la proposta lanciata ieri dal ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis, al meeting Ambrosetti di Cernobbio. «La Bei può chiedere ai governi di guidare un programma per la ripresa degli investimenti. Finanziato al 100% da obbligazioni emesse dalla Banca degli investimenti con la BCE.», dice tra l'altro il ministro al Forum.
Ma quanto emerso ieri ad Ambrosetti potrebbe andare più in la, se combinassimo quanto emerso nei due giorni di lavori, in particolare se mettessimo insieme alla proposta del Ministro greco, le idee della prof. Mazzuccato e del prof. Pisani-Ferry. 
Quello che serve all'Europa in un momento di "crisi da bilancio", dove tutti contemporaneamente riducono l'esposizione debitoria, è un po' di sana spesa pubblica a leva. Sana, perché dovrebbe essere per politiche di convergenza (come richiesto da Pisani-Ferry). Finanziata in parte con i fondi strutturali che dovrebbero essere però utilizzati in modo più flessibile (Pisani) ed in parte con fondi presi a prestito dal mercato, o come propone il prof. Varoufakis tramite emissioni della Bei acquistate dalla ECB. 
Non possiamo pensare che siano solo gli investimenti privati che debbono rialzare la testa Come propone il Piano Juncker, ma servono interventi pubblici in quei settori nei quali oggi il privato non entra (Keynes-Mazzuccato) ed investimenti in infrastrutture e politiche di convergenza. 
Manca ancora un pezzo: gli investimenti dovrebbero esser effettuati per l'Europa e non per i singoli Paesi, meglio se da strutture esistenti che mettono a disposizione i risultati alle imprese europee ovvero infrastrutture di connessione dell'Europa. 
Manca solo un Governo Europeo che, guardando agli interessi comuni, attui questa strategia. 

domenica 1 marzo 2015

Pa: rinnovamento dei processi e meno norme


Occorre un progetto serio per cambiare il modello di funzionamento della PA attraverso:

  • la completa revisione dei processi amministrativi, che recepisca al massimo le potenzialità delle nuove tecnologie informatiche; la riforma non parte dalle norme, ma dalla necessità di rivedere i processi di lavoro dell'Amministrazione, nell'ottica di favorire cittadini e imprese;
  • la riduzione “drastica” dei margini di “discrezionalità” nei processi decisionali della PA. Questo al fine di assicurare il rispetto dei tempi, l’omogeneità formale ed etica (anticorruzione) delle decisioni assunte dalla PA nei confronti dei cittadini e delle imprese.


Punto di partenza: al’innovazione organizzativa e di processo, consentirebbero la ridefinizione dei confini dell’intervento pubblico, creando le condizioni per un “nuovo” modello di Pubblica Amministrazione. Dopo lo studio dei processi, si valuterà come cambiare le norme. Oggi partiamo dalle norme, senza aver chiaro obiettivi e strumenti. L'informatica da oggi delle possibilità enormi, sconosciute in passato. Il ritardo tecnologico organizzativo della PA (e le carenze infrastrutturali, come il ritardo sulla banda larga) pesano sullo sviluppo del Paese. 

La riorganizzazione del modello di funzionamento e di erogazione dei servizi pubblici assicurerà livelli di servizio più elevati o in linea con quelli attuali, ma a costi più bassi. Sarà, infatti, necessario un minor numero di impiegati nel settore pubblico per assicurare gli stessi servizi, grazie alla minore discrezionalità dei processi amministrativi. È la minore discrezionalità è un forte antidoto per la corruzione e l'inefficienza.  Sarebbe una risposta concreta al bisogno del Paese ed un esempio per gli altri paesi dell’UE che intendono contribuire, attraverso un miglioramento della Spesa Pubblica, al rafforzamento dell’Economia Europea.