martedì 2 gennaio 2018

A 10 anni dalla crisi, il vero tema è la crescita inclusiva.

Il 2018 segna il decimo anniversario della crisi finanziaria globale e l'inizio della grande recessione. Forse, secondo le  previsioni dei principali organismi sovranazionali, il 2018 potrebbe essere il secondo anno in cui si potrebbe registrare la crescita globale più forte post-crisi.

Questa è un'ottima notizia, ma in realtà l'eredità della crisi persiste e si manifesta sotto la forma di QE, che alimenta l'ascesa dei corsi azionari e dei mercati immobiliari, e sotto forma di un aumento delle disparità nella distribuzione del reddito, che invece alimenta la crescita del populismo.

La maggior parte delle sfide che l'economia globale deve affrontare non può essere affrontata dalla politica monetaria. Il potenziale di crescita futuro e il rischio di un populismo dilagante dipenderanno dalla capacità dei governi (pure quello italiano)  di fare in modo che i benefici della crescita siano ampiamente condivisi e che la disparità nella distribuzione del reddito venga ridotta.

In altre parole, offrire una crescita più inclusiva.

La necessità di una crescita inclusiva non riguarda solo l'equità e il mantenimento della coesione sociale.

Limitare l'impatto negativo derivante dalla mancanza di inclusione - sia in termini di ritmo che di sostenibilità della crescita - è una sfida a medio termine per i governi che non può essere affrontata solo attraverso la ridistribuzione.

E non solo a livello nazionale.

Occorre redistribuire il carico fiscale, come ho proposto in questo post.

Ma servono anche politiche attive, come la formazione costante per chi lavora e per chi perde il lavoro, in modo da aumentare la possibilità di reimpiego. Come ha proposto nel 2010 da Robert B. Reich occorre disegnare un sistema di assicurazione per il reimpiego, in grado di sostenere chi perde il lavoro. La posposta di Reich prevede anche di integrare il reddito di chi trova un lavoro dopo averlo perso, ma con un salario più basso. L'integrazione, pur se limitata a due anni, consente di riprendere a lavorare accentando un salario più basso, ma di mantenere proprio il proprio tenore di vita grazie all'integrazione, continuando però la formazione in modo da trovare - successivamente - un lavoro meglio retribuito.

Serve completare l'Unione Europea, con istituzioni democratiche ed un vero bilancio federale che consenta interventi sostitutivi ed integrativi a quelli dei singoli governi. In modo che l'Unione sia riconosciuto nella vita di ogni giorno.