domenica 2 settembre 2018

Anche Cottarelli diventa populista?

Non fatevi ingannare dal titolo de "La Stampa" di oggi che introduce uno scialbo articolo di Carlo Cottarelli. Sarà che Cottarelli ci ha abituato a analisi più serie, ma il suo articolo di oggi rasenta l'ovvietà.
Se mantenessimo il deficit sotto il 2% e facessimo scendere il rapporto debito / PIL non avremmo declassamenti operati dalle agenzie di rating, ne rimbrotti da parre della Commissione UE.
Un tema positivo lo colgo. Anche per mr. spending review un deficit più alto non è piu un tabù.
Anche lui, però, come per altri economisti della contabilità aritmetica come LBS, non parla mai del perché il nostro Paese cresce meno degli altri. Se l'incertezza politica si riflette sul costo del debito, la mancata crescita, l'anemia che ci perseguita da anni, non si risolve guardando alla matematica della contabilità pubblica, ma con investimenti pubblici e privati di qualità.
Quelli per mettere in sicurezza il teritorio sono indispensabili, ma per la crescita servono anche nuove infrastrutture fisiche e non. Apriamo la discussione su quali? E lasciamo l'economka aritmetica o dei decimali ad altri?

sabato 11 agosto 2018

Chi vince prende tutto

Lo spoil system al centro del dibattito politico. Questa volta è il turmo delle Agenzie Fiscali che sono di competenza del ministro dell'economia, Tria.

Tutti i 3 capi agenzia sono stati rimossi. Tutti e 3 hanno lamentato che il processo di sostituzione non ha tenuto conto dei risultati ottenuti. 

E quando mai lo ha fatto? E perché dovrebbe farlo?

Vi riporto una frase pronunciata nel 1832 dal senatore  William L. Marcy: "to the victor belong the spoils." Questo modo di dire spiega accuratamente cosa sia lo spoils system: ogni volta che una nuova amministrazione arriva al potere, alcuni alti funzionari della pubbljca amministrazione vengono "scaricati" e altri, appartenenti al partito che ha vinto, prendono il loro posto.

Con buona pace del merito e, forse, dell'interesse del Paese. 

giovedì 9 agosto 2018

Come non dare ragione a Gustavo Piga


 
Leggo oggi sul Sole 24 ore Gustavo Piga (GP) che scrive quello che molti economisti pensano, ma non dicono. Dov'è il programma economico del Governo?
 
Inutile dire che sono pienamente d'accordo con lui.
 
Nell'articolo ha finalmente individuato la terza via, quella della "non eccessiva correzione" come la strada che probabilmente l'esecutivo sceglierà di percorrere. La stessa di Padoan, che abbiamo percorso senza dirlo. Una via, quella della "non eccessiva correzione" lastricata di un mix di interventi che vanno dalla riprogrammazione della spesa (tetto alla spesa corrente e aumento di quella per investimenti), aumento dell'IVA e maggior deficit, il tutto nella speranza che l'economia cresca.  Intanto, tutto questo porta maggior debito, almeno nel breve periodo.
 
Idealmente, quanto scrive GP mi suggerisce alcune riflessioni.
 
GP dimentica che, nell'era del populismo, si è sempre in campagna elettorale. Non premiano le scelte di lungo periodo, ma i 140 caratteri che dicono quello che le persone si vogliono sentire dire. Quindi perché programmare? E poi ci siamo mai attenuti ad un programma? Solo di recente abbiamo tentato un percorso di riforme. Il non avere un obiettivo ed un programma da seguire, sono la prima spiegazione di perché siamo dove siamo.
 
E qui la seconda considerazione. GP suggerisce, alla fine del suo articolo, che stiamo già giocando nella serie B mondiale e che il rischio è di rimanerci per sempre. Purtroppo è vero. E se la politica non riconosce questo agendo di conseguenza, semplicemente vuol dire che la situazione è anche peggio di come la scrive GP. 
 
Infine, non sfugge che l'esito della partita che stiamo giocando passa anche per i risultati delle elezioni europee. Se l'onda populista, non solo italiana, dominerà la scena, il nostro Governo potrebbe avere una sponda per evitare di essere messa in procedura per disavanzo eccessivo, che - tecnicamente - potrebbe succedere anche domani, visto che l'Italia non rispetta, da tempo, la regola sulla riduzione del debito. Se così accadesse, Tria si troverebbe nella posizione di avere consentito al Governo di raggiungere i propri obiettivi e resterebbe al suo posto. Certo, in caso contrario, ci troveremmo con un governo in difficoltà, di cui Tria sarebbe il garante.
 
In breve, Tria ne esce vincitore. Si rafforza.  Ma l'obiettivo dovrebbe essere quello di rafforzare l'Italia nell'Europa. Possono coincidere?
 
 
 

domenica 29 luglio 2018

Governare facendo campagna elettorale #sapevatelo


Nel saggio “The permanent campaign and its future”, Ornstein e Mann individuano uno dei principali problemi della politica moderna. 

Secondo i due studiosi, alcune tendenze tipiche della nostra epoca, come per esempio la crisi dei partiti e la di usione dei nuovi mezzi di comunicazione, costringerebbero i politici a mettere in atto una campagna elettorale permanente per generare consenso e garantire la propria sopravvivenza. 


L’attività di comunicazione continua non si può fermare neanche quando si viene eletti o si sale al governo: lo stesso concetto di “governare” (governing) è diventato un sinistro sinonimo di “fare campagna elettorale” (campaign). 

Vi ci ritrovate in quello che sta succedendo in Italia? Io si 


Quale è il motivo di tutto ciò?  La politica fa fatica a comprendere e gestire il presente e di conseguenza agisce per iniziative estemporanee, unilaterali e controverse. 

Ci dobbiamo adeguare o possiamo o tornare alla politica fatta di scelte? Vedremo. Serve una classe politica nuova. 



domenica 17 giugno 2018

Una politica europea per i migranti



La tesi di Sergio Fabbrini oggi sul sole è molto interessante. In pratica Favrini ricorda che non c'è stato un governo italiano degli ultimi anni che non abbia denunciato l'ipocrisia europea, ricca di nobili parole,  ma povera di concrete azioni per affrontare nel breve e risolvere nel lungo periodo il tema migrazioni. 

Per affrontare una crisi migratoria di queste proporzioni, sostiene Fabbrini. la solidarietà a parole non basta. Ci vuole un nuovo approccio alla politica migratoria. E' ragionevole chiedere di rivedere gli accordi di Dublino (magari evitando di allearsi coni Paesi di Visegrad che quegli accordi vogliono semplicemente abolirli). Una strategia finalizzata a dare vita ad un governo comune della politica migratoria che sia indipendente e separato dai singoli stati. Occorre trasformare la Guardia europea, secondo il giornalista, in un'agenzia che possa agire autonomamente dalle volontà dei singoli governi (mentre ora interviene se richiesta da questi ultimi), così garantendo lo spazio europeo della libera circolazione. Occorre assegnare al governo comune della politica migratoria un bilancio indipendente, derivato da una capacità fiscale autonoma e gestito da un commissario responsabile verso il Parlamento europeo e il Consiglio dei ministri. Si tratta infine di sostituire gli Accordi di Dublino con una politica europea dell'asilo politico, decisa dal legislativo bicamerale a maggioranza e gestita da autorità politiche sovranazionali.

Per quanto tali misure siano necessarie, tuttavia esse non vanno al cuore del problema, ovvero creare nel tempo le condizioni di sviluppo pacificazione dei paesi dai quali i migranti provengono. Qui si fa la vera differenza tra la situazione attuale è una vera strategia. 

Ps
Siamo poi sicuri che un commissario Olandese metta davanti a tutto il bene dell'Europa? Siamo pieni di esempi di belle regole europee applicate male. 


sabato 31 marzo 2018

La politica della rete, la nuova tirannia

Nel mio post scritto la mattina del 5 marzo avevo indicato la traccia di quello che sta accadendo. I partiti tradizionali sono persi in una battaglia di attesa. Nelle trincee della vecchia politica, sperano in un passo falso dei "vincitori". Sperano in un Governo che ci riporti presto alle elezioni, mentre dovrebbero pensare a come ricostruire un'offerta politica alternativa, centrista, europeista. Che faccia dello sviluppo e della difesa della dignità umana il proprio punto politico. 

Serve tempo, un leader, un messaggio. Non serve stare ad aspettare in trincea. Il Paese è da sempre duale, da un punto di vista economico. Il Nord, produttivo, trainante. Un sud che vive prevalentemente di aiuto pubblico e che fa di questo una comoda scusa per non crescere e diventare adulto. L'eterna incompiuta, si potrebbe dire. 

A questo dualismo economico oggi corrisponde un dualismo politico. Non più la DC a fare da collante, con le sue correnti che rispondevano a due (o più) Italie diverse. Non più un'opposizione di sinistra, legata a valori diversi, non prevalenti, ma in grado di controllare la balena bianca e di metterla in condizione di nuotare. Oggi i partiti e i movimenti dicono quello che le persone si vogliono sentirsi dire. Come prima. Usano i mezzi disponibili. Come prima. E come prima, pensano al potere e non al Paese. 

La scomparsa dei vecchi partiti ha solo a che fare con la mancanza  di un leader e di un messaggio, che invece M5S e Lega hanno. Aveva sia uno che l'altro il PD (Europa e Letta prima e Rottamazione e Renzi poi). Riduzione delle tasse e Berlusconi erano il messaggio ed il leader del centro destra.

Purtroppo, però, come diceva Platone la politica è buona solo se si occupa del bene collettivo. Che non significa dire alle persone quello che si vogliono sentire dire.

Siamo all'anticamera della tirannia, non di una persona, ma della rete e dei pochi che la controllano. Tutti pensano di contribuire e di partecipare, ma non capiscono di essere nella trappola della rete.

Abbiamo bisogno di tornare a pensare all'interesse pubblico, quello vero. Se così sarà, anche la seconda parte del mio post sarà verificato. Un governo che non perda tempo nella lotta per il potere, ma pensi al noi e non all'io. Se così sarà, potremo difenderci dalla nuova Tirannia della rete. 

domenica 4 marzo 2018

Cosa ci aspetta dopo le elezioni.

Gli italiani si sono espressi. La voglia di novità (Salvini) e il disagio sociale (Ms5)  hanno vinto. Renzi non ha perso. Ha perso la sua voglia arrogante di cambiare il sistema, che gli ha girato le spalle ed oggi trema di fronte alla possibilità di un governo Ms5. Berlusconi ha fatto il massimo, ma non ha interpretato i bisogni della nuova generazione. Il resto lo ha fatto una legge elettorale complicata. 

Certo, non ci sono i seggi a confermare le percentuali che ora stiamo vedendo e quindi occorre attendere per capire se il centro destra sarà in grado di formare un governo a guida Salvini. Non credo ad altre coalizioni al governo. Ci vuole ancora un po' di tempo per capire chi governerà. Ma non vi preoccupate. Ci sarà un governo. E sarà stabile se sarà in grado di dimenticare le promesse elettorali e pensare che si può e si deve cambiare. Ed in 5 anni è possibile cambiare un Paese che deve smettere di piangersi addosso e cominciare a lavorare su cose serie. 

Innovare deve essere il mantra del Paese. 

domenica 4 febbraio 2018

Delitto e castigo.

La campagna elettorale è iniziata. 

Una cosa buona che sto vedendo è che i giornali e le televisioni (non tutte) stanno mettendo nel palinsesto programmi che analizzano le promesse elettorali dei partiti politici. Un aiuto a scegliere. Ne abbiamo bisogno. Il dibattito è democrazia. 

Non vi sarà sfuggito che oggi c'è una rincorsa dei partiti sui programmi elettorali altrui. Almeno nelle dichiarazioni. Non è facile capire cosa vogliono fare i leader una volta eletti. La falsa trasparenza non aiuta.

Un punto comune l'ho individuato. Manca in tutti la visione del futuro del Paese, quello che occorre fare per essere protagonisti nel futuro, non comparse o, peggio, vittime. 

Cosa succederà dopo le elezioni non è chiaro. I protagonisti di questa campagna assomigliano molto a Raskòl'nikov. 

Il delitto che sta per commettere? Il futuro del Paese. Il tormento sarà quello di non aver fatto tutto quello che si poteva fare per essere, con i nostri valori cristiani, liberali e democratici al centro del dibattito europeo.


martedì 2 gennaio 2018

A 10 anni dalla crisi, il vero tema è la crescita inclusiva.

Il 2018 segna il decimo anniversario della crisi finanziaria globale e l'inizio della grande recessione. Forse, secondo le  previsioni dei principali organismi sovranazionali, il 2018 potrebbe essere il secondo anno in cui si potrebbe registrare la crescita globale più forte post-crisi.

Questa è un'ottima notizia, ma in realtà l'eredità della crisi persiste e si manifesta sotto la forma di QE, che alimenta l'ascesa dei corsi azionari e dei mercati immobiliari, e sotto forma di un aumento delle disparità nella distribuzione del reddito, che invece alimenta la crescita del populismo.

La maggior parte delle sfide che l'economia globale deve affrontare non può essere affrontata dalla politica monetaria. Il potenziale di crescita futuro e il rischio di un populismo dilagante dipenderanno dalla capacità dei governi (pure quello italiano)  di fare in modo che i benefici della crescita siano ampiamente condivisi e che la disparità nella distribuzione del reddito venga ridotta.

In altre parole, offrire una crescita più inclusiva.

La necessità di una crescita inclusiva non riguarda solo l'equità e il mantenimento della coesione sociale.

Limitare l'impatto negativo derivante dalla mancanza di inclusione - sia in termini di ritmo che di sostenibilità della crescita - è una sfida a medio termine per i governi che non può essere affrontata solo attraverso la ridistribuzione.

E non solo a livello nazionale.

Occorre redistribuire il carico fiscale, come ho proposto in questo post.

Ma servono anche politiche attive, come la formazione costante per chi lavora e per chi perde il lavoro, in modo da aumentare la possibilità di reimpiego. Come ha proposto nel 2010 da Robert B. Reich occorre disegnare un sistema di assicurazione per il reimpiego, in grado di sostenere chi perde il lavoro. La posposta di Reich prevede anche di integrare il reddito di chi trova un lavoro dopo averlo perso, ma con un salario più basso. L'integrazione, pur se limitata a due anni, consente di riprendere a lavorare accentando un salario più basso, ma di mantenere proprio il proprio tenore di vita grazie all'integrazione, continuando però la formazione in modo da trovare - successivamente - un lavoro meglio retribuito.

Serve completare l'Unione Europea, con istituzioni democratiche ed un vero bilancio federale che consenta interventi sostitutivi ed integrativi a quelli dei singoli governi. In modo che l'Unione sia riconosciuto nella vita di ogni giorno.