sabato 26 agosto 2017

Mifid II e nuove regole bancarie. Valgono più della Costituzione!

Tra le notizie che riguardano il risparmio che oggi campeggiano sui giornali trovate la pubblicazione della direttiva su come si devono comportare gli operatori finanziari quando propongono un investimento ai propri clienti e la notizia che la Banca Centrale Europea sta pensando di proporre una moratoria ai prelievi in caso di banche in difficoltà. Ovvero, se passasse questa proposta, non potremmo più trasferire il nostro conto corrente da una banca X ad un'altra banca, se l'autorità di vigilanza ritine che la banca X possa andare in difficolta proprio a causa di questo trasferimento.

Così, dopo aver digerito ingenuamente le norme sul Bail in, potremmo dover accettare anche questa regola che contrasta con la tutela del risparmio garantita dalla nostra Costituzione, all'articolo 47, comma 1:
La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito.

Ora tutela il risparmio se consente che titoli obbligazionari non subordinati e i conti correnti possano essere utilizzati per evitare il fallimento di una banca? Lo incoraggia forse facendolo tutelare con la firma di pagine di documenti (quelli prodotti anche grazie alla MIFID)? In che modo ha controllato l'esercizio del credito se oggi sappiamo che sono stati concessi crediti anche là dove non si doveva? 

Forse andrebbe recuperata la deontologia e la professionalità. Fare il bancario non può voler dire solo raggiungere un budget di vendita di un prodotto finanziario. Qui il nostro Stato ha molte colpe, non ultima quella di aver accettato il Bail in senza colpo ferire. 

martedì 22 agosto 2017

Il bivio si avvicina. La politica deve rinnovarsi



Le prossime elezioni nel vecchio continente sono di importanza cruciale non solo per l'Europa. Ancora una volta la nostra Italia rischia di fare la differenza se solo la smette di essere considerata debole e torna ad essere un pilastro dell'Unione.  

Dall'atteggiamento che l'Europa prenderà post elezioni nei singoli Paesi,  sui temi quali la difesa comune, le politiche fiscali e i migranti dipenderà infatti molto degli assetti futuri e degli equilibri mondiali. E queste posizioni devono esser prese nell'interesse europeo e non di quello tedesco.

Angela Merkel in Germania ha da sempre teso una mano agli Stati Uniti, mentre strizzava l'occhio al suo partner commerciale più importante, la Cina.  Cosa farà la Merkel dopo le elezioni in caso di vittoria? Cina? USA? Sugli altri fronti (politica fiscale e immigrati sappiamo bene cosa succederà). E la Francia... Macron attende istruzioni!

L'Italia, l'unica rimasta senza partner per un giro di Walzer, traballa tra vecchie amicizie e nuove sfide. E' l'unica però che può fare la differenza e evitare che l'Europa si adagi sulla posizione più comoda: seguire il blocco tedesco. 

Da sempre, purtropo, l'Italia non ha mai preso posto definitivamente nello scacchiere politico mondiale. Chi vincerà le prossime elezioni prenderà posizione o continuerà a galleggiare in attesa del "principe azzurro" o del "cavaliere bianco"? 

Vediamo le opzioni per il bel paese. Provare ad essere partner della Cina?  No. C'è già la Germania e poi i cinesi non cercano partner. Sbaglia la Germania a pensare di avere un amico commerciale di quel tipo. 
La Russia allora. Certo con un ritorno di Berlusconi potrebbe diventare un'opzione. Ma solo se sarà un governo di coalizione o a guida centro destra.
Allora, agganciati agli USA? Forse non siamo più funzionali alla loro politica. 

E perché non iniziare a pensare di essere europei? Non intendo metterci dietro Francia e Germania, ma pensare di costruire una politica estera comune e non filo tedesca o francese. Così in campo economico e di politica dell'immigrazione. 

Resta il fatto che possiamo scegliere con chi andare - e l'unica scelta é di concentrarci sulla costruzione europea - ma saremo un partner gradito? 

La risposta è no. No, se questo parlamento non è in grado di votare una vera legge elettorale, che non sia espressione del tipico sentimento politico italiano, l'egoismo. Cosi, dopo non essere riuscito a fare alcune delle riforme necessarie, questo parlamento potrá essere ricordato per aver decretato il nostro declino in modo definitivo.  

La speranza è l'ultima a morire, ma è legittimo chiedersi se Berlusconi - pronto a rientrare in campo - sarà il vero padre nobile del nuovo millennio; se, dopo aver sciupato 2 legislature, stavolta non lasci il segno e ponga le basi per la governabilità di un Paese stanco e vecchio. E' anche legittimo chiedersi se gli oppositori di Berlusconi siano in grado di fare lo stesso. O di cogliere un'eventuale apertura seria del Cavaliere. Magari il M5S ci stupisce e inizia da dove una vera forza politica diversa dovrebbe partire: il bene del Paese e non dagli slogan. Sogno. Ovvio che sono un inguaribile ottimista.  
Ma la speranza è sempre l'ultima a morire.  Alla fine lo stellone italiano si accenderà. Ne sono sicuro. 
L'Italia è piena di giovani. Di risorse. Di volontà. Basterà aiutare queste componenti ad emergere! 

domenica 13 agosto 2017

Le riforme che vorrei. Le tasse di scopo al posto delle addizionali.

Faccio due passi sul litorale. Vedo sporcizia sulla spiaggia. Solo gli stabilimenti cercano di ripulire la sabbia da cicche di sigaretta, fazzoletti di carta, tappi di plastica. 

Possibile che da anni ci sia polemica sul l'applicazione della Bolkestain alle concessioni demaniali e non si parli mai del degrado delle nostre coste? Ma questa è la politica in Italia. Non si confronta sulle scelte, ma è concentrata sullo slogan migliore.

La mia proposta è molto semplice. Una tassa di scopo per la pulizia delle spiagge e la depurazione delle acque che finiscono in mare. La pagano i residenti dei comuni costieri; chi va nel comune costiero occasionalmente, la paga all'accesso al comune. 

Difficile? Non penso. Impopolare, ma necessaria per tenere pulito una ricchezza del nostro Paese. 

Altre tasse di scopo posso essere introdotte, consentendo l'eliminazione delle addizionali regionali e comunali che non sono collegate con i servizi offerti. Le addizionali o misurano l'inefficienza della politica (quando le aliquote sono più alte di quelle normali) ovvero il grado di irresponsabilità della politica rispetto ai cittadini. Chi saprà amministrare bene, riuscirà a tenere basse le tasse di scopo e a fornire servizi apprezzabili. Chi saprà amministrare bene, troverà conveniente aggregarsi per offrire un servizio migliore, al minor prezzo. Chi saprà amministrare bene verrà rieletto. 

Sarebbe finalmente applicato il principio "no Taxation without Representation" . 

“No taxation without representation”è uno slogan la cui traduzione è: “No alla tassazione senza rappresentanza” che negli Usa durante gli anni 1750 e 1760 riassumeva una lamentela primaria dei coloni britannici nelle Tredici Colonie, che fu una delle cause principali della Rivoluzione americana. 

Potrebbe essere il nuovo inizio del federalismo italiano, dopo la bocciatura, da parte della Corte Costituzionale, della regola che prevedeva l'ineleggibilità per chi aveva male amministrato.  

Sarebbe la rinascita del Paese. Basta tasse e imposte generiche. I cittadini vogliono sapere per cosa servono le tasse che pagano. 

sabato 12 agosto 2017

La bugia delle tasse. Tra Renzi e Berlusconi c'è un Paese che chiede aiuto

Siamo solo all'inizio. La campagna elettorale (ufficialmente) non è ancora iniziata, ma tra gli schieramenti è già iniziata la guerra. Di parole e slogan. Chi con un libro, chi con un'intervista ai giornali, che con dei paper, le varie fazioni in campo si buttano sull'argomento preferito dagli italiani: pagare meno tasse (e mantenere invariati i servizi ottenuti). 

Il punto è proprio questo: gli italiani non riescono a capire perché pagano le tasse. La politica in questi anni non ha fatto nulla per ricordare i servizi che vengono assicurati con le tasse: scuola, sanità, pronto soccorso, sicurezza, pulizia delle strade, spegnimento di incendi, regolazione del traffico, trasporto pubblico, etc. etc. Ne ha fatto nulla per migliorarli. 

E facendo così, la politica non ha fatto altro che trasmettere al cittadino la sua incapacità di gestire la cosa pubblica, dando spazio alla reazione malpancista, o come dicono altro populista, che alle volte prende il nome di Grillo, altre di Salvini. 

Se, infatti, la politica vede un problema, non deve denigrare e cavalcare il malcontento, ma decidere cosa fare e migliorare. 

Cosa migliorare? Lo spiega in modo magistrale Sabino Cassese in un articolo di questa settimana sul Corriere. Sono in primo luogo le leggi fatte male a mettere in difficoltà chi le deve applicare. Ma non basta. La PA è troppo vecchia e poco digitalizzata. Pensa in modo vecchio, come la politica. 

Ed ecco spiegato perché il tema della riduzione del carico fiscale torna nel dibattito elettorale. Anzi pre-elettorale. La vecchia politica spera di vincere le elezioni con le promesse. La solita vecchia promessa di ridurre le tasse.