sabato 23 aprile 2016

Alla faccia della speranza! Contro la Brexit scende in campo Obama

Come sempre stiamo dando poca importanza agli avvenimenti che ci circondano. 
La Brexit è una cosa che rischia di minare tutto l'impianto Europeo, dando fiato agli Euroscettici e ai Noeurini. 
Oggi se ne parla sui giornali sia per quanto detto dal Presidente Obama, sia per una intervista a Dominique Salvatore che, pur non sapendo predire il risultato (è un economista, mica un mago) sa però illustrare chiaramente l'impatto sull'economia UK. 
Non si esprime sull'impatto che, politicamente ed economicamente, avrebbe sul resto dell'Europa. 

Lo dovrebbero fare i nostri politici europei, il nostro Presidente del consiglio. Al quale consiglio di rilanciare con forza proposte europeiste non per conquistare spazio sui giornali, ma per dare un futuro alla nostra generazione. 

Si ricomincia a parlare di Grecia. Ed insieme alla Brexit potrebbero essere argomenti utilizzabili da chi, senza prospettiva, cavalca il malpancismo di una parte dei cittadini europei. 

Cosa fare? Io qualche idea l'ho data (Clicca qui). 

sabato 9 aprile 2016

Investimenti, credito e crescita. Si può fare!

La situazione Europea in questa fase storica merita una riflessione approfondita. Vi propongo alcuni spunti di riflessione, tenendo a mente la situazione italiana. 

Vedendo cosa accade al credito concesso si nota una crescita delle quote di mercato delle grandi banche (EBRD) a danno delle banche medio piccole. Continuano i prestiti per l'acquisto delle case (mutui residenziali).

Le politiche del Governo italiano puntano ad un consolidamento del sistema ed allo stesso tempo ad una crescita dimensionale delle imprese, perché i due fenomeni vanno curati insieme. Per banche più grandi diventa costoso seguire una piccola impresa cosa che, unita alle regole sul capitale regolatorio, seleziona quelle che hanno accesso al credito bancario, i.e. esclude ed escluderà una grossa fetta di PMI. 

I canali di credito non tradizionali (direct lending, minibond) non coprono tutte le necessità. Gli scarsi investimenti in tecnologia di alcune banche negli anni passati, né prevengono la possibilità di accesso al Fondo Centrale di Garanzia. Le regolazioni del sistema bancario europeo, non consentono di investire in Equity delle Pmi.

Le imprese, poi, non sono tutte destinate a crescere ed essere quotate per avere accesso al mercato dei capitali. Alcune sono inserite in distretti industriali globali, ovvero che coinvolgono imprese a livello globale. Altre sono leader mondiali di nicchie di mercato. In entrambe i casi non richiedono una crescita dimensionale o accesso al mercato dei capitali. 

La finanza pubblica è costretta in vincoli non coerenti con la situazione economica, che chiederebbe buona spesa pubblica, investimenti in infrastrutture, educazione ed in R&D. Le crescenti iniqualità della ricchezza richiedono interventi dal bilancio pubblico.

Quindi? Siamo destinati al declino? NO! 

1. Che il Piano Juncker si tramuti in un Piano di investimenti in capitale di rischio verso le PMI, tralasciando le infrastrutture 
2. L'investimento in infrastrutture sia lasciato libero ai singoli Paesi, nell'ambito di un deficit comunque con un cap al 3% e, per le infrastrutture di connessione europea, del bilancio europeo. 
3. Togliere la regola del cofinanziamento che lega fondi strutturali europei alla spesa pubblica nazionale 
4. Creare un Education Plan For Europe

Chiedo troppo?

domenica 3 aprile 2016

Ancora qualche idea per il Sindaco di Roma Capitale

Un elemento fondamentale per una metropoli moderna ed eterogenea come Roma è la gestione della raccolta dei rifiuti. Non c'è futuro per la città se non si organizza la differenziata in modo moderno e legato alle abitudini di cittadini, anche di quelli temporanei (turisti, lavoratori pendolari, politici in visita alle istituzioni, manifestanti, etc.). La mia proposta è quella di aggiungere al servizio Ama un servizio di differenziazione, con la presenza di cooperative - scelte con bando pubblico - a cui vengono affidati i servizi di raccolta differenziata porta a porta e dedicati spazi nei quali la raccolta viene rivista e differenziata in modo adeguato. La remunerazione del servizio deriva sia dai proventi dell'attività (vendita del materiale riciclabile e suo riutilizzo) sia da una parte pagata dai proventi dell'uso delle macchine elettriche e dei parcheggi di scambio. 

Il futuro per questa città nella gestione del traffico è il trasporto elettrico. Non solo il ripristino di linee turistiche tranviarie, ma anche bus ed automobili elettriche che assicurino la mobilità nella maggior parte del territorio del comune. La creazione di una zona C come Milano non raggiungerebbe lo stesso effetto perché scarsa è la possibile di utilizzare la bicicletta e troppe le esigenze di lavoro che portano le persone a muoversi dalla periferia verso il centro e nel centro. 
Quindi la soluzione è di mettere a disposizione auto elettriche per la mobilità, creando una Zona a Traffico Elettrico (ZTE) che, progressivamente, copre l'attuale ZTL e poi tutto l'anello ferroviario. In molte zone di Roma, ex caserme, ex depositi ATAC ora vuoti, proprietà comunali ma anche proprietà private adatte, diventino parcheggi di scambio a pagamento incentivante (1 euro al giorno) dove prendere la macchina elettrica per recarsi al lavoro o per andare in giro a fare shopping. Le auto elettriche vengono messe a disposizione dai produttori, scelti sulla base di una gara a chi offre modelli adatti alla città e dai consumi ridotti e costi contenuti. La città andrà infrastrutturata, nei parcheggi ma non solo, di centraline per ricaricare le auto. 
E per chi non vuole o può noleggiare una auto elettrica, dagli stessi parcheggi, dovranno essere attivate nuove fermate di autobus o capolinea. Insomma, va fatto un nuovo piano traffico basato sulla mobilità del cittadino e la sua salute. 

Infine gli ospedali. Non possiamo dimenticare che a Roma molta della richiesta di sanità viene da fuori del comune. A questo occorre dare risposta con la costruzione di un nuovo ospedale a Tiburtina, raggiungibile con il treno da fuori Roma. Inoltre, occorre utilizzare le infrastrutture diagnostiche di tutti gli ospedali, H 24 mettendoli in rete e consentendo la prenotazione attraverso un portale web è un servizio telefonico, utilizzando i fondi comunitari sia per lo sviluppo del portale che per pagare giovani medici per il servizio e rendere la sanità pubblica quel bene diffuso è disponibile di cui abbiamo bisogno. Non solo a Roma

lunedì 28 marzo 2016

La politica in cerca di idee. Roma Capitale Digitale.

La necessità di nuove idee per la politica italiana è ormai una certezza. I "cantieri" - così li chiamano per mascherare l'inesistenza della politica, hanno vari nomi. La Leopolda è uno di questi, anche se quella kermesse assomiglia ormai più ad una vetrina o ad una lobby che al vecchio cantiere renziano.

Certo anche per le elezioni di Roma Capitale stiamo assistendo alla partenza di questi cantiere: sotto forma di blog, sito, riunioni temtiche. Tutto pur di intercettare il malpancismo italiano, quel malessere che se diretto alle urne, può determinare la vittoria di un candidato o quantomento il suo lancio verso il ballottaggio.

La vera politica, quella fatta di idee per il futuro, giace nei ricordi. I primi cittadini diventati primi ministri sull'onda del "fare" e dell'essere stato sindaco vuol dire "io so risolvere i problemi", dimenticano che la politica di cui ha bisogno un Paese non è uguale a quella di cui ha bisogno un Paese.

Certo ci sono alcune cose che servono sia nella politica locale che in quella nazionale. Trasparenza, lealtà, chiarezza di obiettivi, impegno. Ma anche visione. Visione di quello che il Paese o la città sarà tra 20 anni. Molto di questo manca nel dibattito che ci avvicina alle elezioni delle principali città italiane, ma anche nel dibattito politico nel nostro Paese.

Ne i viaggiatori in movimento (vai al sito) stiamo cercando di costruire un nuovo modo di fare politica. O forse è il solo modo. Confronto di idee e visione di un'Italia diversa in un'Europa diversa.

Ma veniamo ora alle prossime elezioni di Roma. Il dibattito sulle cose da fare non decolla. E' per questo che ho deciso di iniziare a proporre alcune scelte per il futuro di Roma.

Roma Capitale Digitale

Roma ha due vantaggi rispetto alle altre città.

Il primo vantaggio. Roma è ben collegata con il resto del Paese e l'aeroporto, se ulteriormente sviluppato, la rende collegabile con il resto del mondo. Il secondo vantaggio è la ricchezza di storia, che attira turisti e studenti di storia e d'arte. Questi vantaggi si devono coniugare per creare qualcosa di unico.

Grazie ai collegamenti, Roma è il punto ideale per lo sviluppo di start up innovative e di PMI che puntano sulla ricerca e il digitale. L'amministrazione si impegna a mettere a disposizione spazi, alloggi ed infrastrutture di trasporto per lo sviluppo delle nuove imprese e delle PMI innovative. Per i nuovi servizi digitali sarà necessario avere copertura wifi e banda larga su tutto il territorio comunale. L'amministrazione deve lanciare una gara affinché entro il 2017 tutta la città abbia a disposizione la rete, pronta ad ospitare servizi. E' possibile con le tecnologie a disposizione.

Grazie alla ricchezza di storia ed arte Roma è anche l'unica città che può offrire momenti indimenticabili ed un percorso di formazione inimitabile. Roma si deve organizzare per accoglierli e trattenerli facendoli scoprire ed innamorare della città eterna. L'amministrazione si deve impegnare a definire servizi certificati per agevolare i turisti, in modo che la loro permanenza sia low cost e piena di soddisfazioni: passi per itinerari museali e turistici ad hoc, giovani assunti per fare le guide, alberghi e ristoranti con rating, un portale e app per rendere tutto "a portata di mano". 
Per fare questo, occorre definire una stretta collaborazione con le università del territorio (contenuti, tecnologie e startup) e con il Governo Centrale, che da una digitalizzazione della città e da una sua maggiore vivacità ha solo da guadagnare.

Nel prossimo post troverete proposte per raccolta differenziata, trasporto elettrico, ospedali.  

sabato 12 marzo 2016

In una nuova conferenza di Roma, la speranza della rinascita del Unione Europea.

Il tema della Brexit e delle concessioni fatte dall'Unione Europea alla Gran Bretagna per "convincere" gli inglesi a rimanere legati all'Europa, ci deve portare ad una riflessione più ampia. 

L'eccesso di regole sta distruggendo l'Europa. Non solo quelle fiscali, ma anche quelle che riguardano la vita di tutti i giorni, dalla sicurezza nell'alimentazione, alla produzione di latte ed acciaio, agli ascensori dei nostri condomini. 

Regole che nascono dalla paura che impediscono di imboccare la strada sviluppo e della crescita economica e sociale. 

Tant'è, che potendolo fare, gli Inglesi chiedono meno regole e meno imposizioni da Bruxelles. Che poi questa strategia sia efficace, non lo so. Osservo solo che non vorrei un'Europa senza UK. Non avrebbe senso. 

La volontà di regolare tutto non può derivare dalla ricerca del mercato unico. In parte, a mio avviso, dipende dalla necessità di alcuni produttori europei di conquistare quote di mercato, spiazzando con le regole, la concorrenza. Questo riesce grazie ad un'accorta politica di lobby presso le istituzioni europee, lobby spesso sostenuta dai Paesi membri. 

In parte, però questa eccessiva regolazione nasce dal distacco con cui le istituzioni europee vivono l'Europa. Questo è forse il fattore più preoccupante; sembra quasi che non ci sia fiducia nei Paesi membri e nella loro capacità di regolarsi. Forse questo era vero sul fronte della finanza pubblica. Ma se da un lato si crede alla disciplina dei mercati - in nome della quale vengono imposte assurde regole sugli aiuti di Stato - dall'altro non si può disconoscere questo principio con una regolazione pesante, che crea inefficienza. 

Se ci pensate la BCE ha un'unica regola, attorno cui costruisce la politica monetaria europea. Utilizzando flessibilità ed intelligenza, tempismo e capacità di adattamento. 
Tutte cose che mancano nelle altre istituzioni europee. Certo, non mancano le critiche all'operato BCE, ma queste fanno parte della costruzione della decisione in un sistema democratico. 

Ecco, la nostra Europa ha bisogno di maggiore democrazia. E di poche regole. 

E la nostra sterile richiesta di flessibilità, non si confronta su un piano di ragionevolezza di politica economica, ma con la paura che qualcuno faccia il furbo. Mancano democrazia e fiducia in Europa. 

Se non si riparte da un patto politico per l'Europa, nulla ci può tirare fuori dalla crisi di identità e dal declino. 

Eppure, forse distratti dalle elezioni locali, forse poco lungimiranti, i nostri rappresentati democratici si dimenticano di essere politicamente responsabili verso i propri cittadini e quelli europei. E combattono a colpi di zerovirgola. Che Renzi proponga una nuova conferenza di Roma. Per lanciare un progetto politico, che con visione e responsabilità voglia far ripartire l'Europa democratica di Adenauer e Segni.

giovedì 10 marzo 2016

Dal rilancio dei musei, un'occasione di crescita per l'Italia.


Esulta il ministro Franceschini con i dati alla mano dell'affluenza di visitatori ai musei di domenica scorsa. Come ogni prima domenica del mese, nei musei statali si entra gratis.

Se ragiono sul tema mi viene da pensare che se la domanda è così alta quando il prezzo è zero, vuol dire che il prodotto offerto non è di alta qualità. In altre parole, pur essendo le opere d'arte conservate nei nostri musei di incalcolabile bellezza e interesse storico-culturale, le modalità per la loro fruizione non consente di attrarre masse di visitatori se non quando il prezzo è zero.

Dopo aver esultato, inviterei il Ministro ad una seria riflessione su come questa risorsa dell'umanità è gestita. Rifletterei sulla responsabilità che abbiamo nel rendere più attraenti i nostri musei. Come occorre pensare i musei come attrazione è offrire servizi in linea con le aspettative di viaggiatori. Anzi, far diventare la cultura il motivo principale per cui il nostro Paese torna ad essere la metà del turismo internazionale. Perché abbiamo perso - per chi non se n'è accorto - anche questo primato. E da tempo.

Occorre investire in quello che veniva chiamato il sistema Paese per rendere fruibili musei e città, luoghi di vacanza e di benessere (terme). Non basta un concorso internazionale per scegliere i direttori dei musei se poi tutt'intorno rimane lo stesso. Non basta un film girato a Roma per attrarre i turisti.

Serve un progetto che metta da parte il campanilismo storico imperante nel nostro Paese e metta davanti a tutto un solo ideale: l'Italia

sabato 27 febbraio 2016

Renzi e Juncker, pace fatta. In nome dell'Europa?

Ferruccio de Bortoli, sul Corriere della Sera, ha commentato lo scorso fine settimana quale è lo scenario in cui si sta muovendo l’Italia e quali sono i rischi futuri. «L’anestetico (o il metadone) della Bce non è infinito. La congiuntura favorevole di euro e petrolio è irripetibile. Se il nostro debito, nel rapporto con il prodotto interno lordo (Pil), non dovesse scendere dopo nove anni, come promesso, il Paese sarebbe nuovamente esposto alla speculazione dei mercati», ha scritto de Bortoli.
È una constatazione o un avvertimento? Vista la ritrovata pace tra Renzi e Juncker, sembra ora essere stato un avvertimento. I due politici sono troppo politici per non aver capito che, per entrambe, era bene dare un segnale di ritrovata serenità. Juncker per evitare ripercussioni nel progetto europeo, il cui obiettivo è normalizzare l'Italia. Il secondo che vuole vincere le prossime elezioni, come ho scritto in questo blog (Leggi qui). Per questo i due hanno  fatto un patto triennale, che comprende una discesa più lenta del deficit e il rinvio di un anno nella discesa del rapporto debito / Pil. 
Va detto che è meglio di niente. Tra gli errori del passato c'è anche quello di essere usciti dalla procedura disavanzi eccessivi troppo presto. Con un Paese bisognoso di riforme per la crescita, costose e ancora bloccato da vecchie lobbies che dà in pasto alla pubblica opinione l'inefficienza della burocrazia come vittima sacrificale, avremmo avuto bisogno di mantenere il deficit sopra il livello del 3%. Come la Francia ad esempio. 
La battaglia di logoramento sui decimali ha portato il Governo a ridurre la spinta riformista, perché oggi avrebbe la necessità di più investimenti per rispondere alla richiesta del Paese: lavoro. Ma questo lo hanno capito in Europa?