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giovedì 5 gennaio 2017

Il valore economico del sistema giuridico.

Ho trovato sul web questo interessante paper che illustra l'importanza del settore legale nell'economia britannica. 

Il lavoro indica come la giustizia civile possa creare PIL e quindi occupazione. Attenzione: non si tratta di velocità dei processi, ma di come il sistema giuridico (Common law) lavora e che per le sue caratteristiche consente alla Gran Bretagna di essere il principale centro degli affari in Europa. Posizione che evidentemente può essere messa in discussione dalla Brexit. 

Il paper indica il perché di tale importanza solo indirettamente, quando auspica che il Governo lavori con l'industria "to develop and implement a campaign to promote the value and use of English law in commercial contracts and London as the leading international centre for dispute resolution."

In altre parole nelle transazioni commerciali mondiali si utilizza la English law e se il nostro sistema vuole tornare a essere leader nel mondo deve spostarsi su quelle regole, almeno in campo commerciale. Ripeto. Si tratta di una logica diversa, ma poi neanche tanto a ben guardare rispetto alla nostra tradizione, con cui il sistema commerciale mondiale lavora rispetto al nostro. 

Perché è importante questo cambiamento? Il paper lo dice così: "the UK’s long-term economic prospects are closely linked to the ability of the legal services sector to offer a full range of enabling legal services to clients from across the world;" e suggerisce che il Governo inglese deve lavorare per mantenere  "continued international competitiveness of the UK’s legal services sector."

Si può fare. 

Ps
Alle volte dimentico che il nostro Paese è resistente al cambiamento. Ma se vogliamo dare una risposta ai bisogni crescenti della popolazione il cambiamento è necessario. 

Pps
Se gli avvocati in Italia non si organizzano in law firm saranno sbaragliati dalla concorrenza delle law firm internazionali. Anche da qui si vede la volontà di cambiare. 

venerdì 19 agosto 2016

Affrontare la #Brexit in modo Europeo. Un altro punto nell'agenda di Ventotene.

Il Governo della Gran Bretagna si prepara silenziosamente ed intelligentemente a trattare con l'Europa (e/o con i singoli paesi europei) la sua uscita dall'euro. Al contrario, l'UE stenta a trovare un piano ed un metodo in grado di trattare la Brexit nel modo più efficiente possibile. È molto probabile che il governo inglese, dopo aver incaricato un ministro di seguire la faccenda, dia un mandato parlamentare molto chiaro allo stesso su cosa chiedere e non chiedere durante la negoziazione. E qual debba essere il punto di caduta, ovvero a quale risultato arrivare. 

Noi in Europa dovremmo fare la stessa cosa. In primo luogo i paesi dell'euro dovrebbero incaricare una persona (una per Stato) in modo da formare un gruppo che crei una piattaforma negoziale nella quale tutti paesi si riconoscono e che sia approvata dal parlamento europeo e dei singoli parlamenti nazionali.  
Sarebbe anche un bel modo di fare in trasparenza il negoziato. 

Diversi sono i dossier da preparare, che vanno dal tema della libera circolazione dei cittadini, dei beni e dei servizi a temi quali la certezza dei contratti stipulati. Si tratta di temi molto ampi e vari che ti richiedono una chiara ricognizione e definizione. 

Solo dopo si potrebbe definire la squadra dei negoziatori, che grazie ad mandato parlamentare europeo e nazionale sarebbero in grado di portare avanti la trattativa dall'inizio alla fine, senza cambi repentini di squadra, in modo da poter seguire l'interesse comunitario in una partita molto delicata per il futuro del nostro continente. 

Potrebbe essere questo un altro degli argomenti che Matteo Renzi potrebbe discutere a Ventotene settimana prossima insieme ad Hollande e Merkel. 

venerdì 12 agosto 2016

Ancora danni dal fiscal compact. La crescita rallenta ancora. Coraggio: ridiamo speranza all'Europa!

Il dato sulla crescita economica appena diffuso dall'ufficio di statistica europeo (crescita nel II trimestre +0.3%) certifica quanto si iniziava a capire. L'incertezza del quadro geopolitico - le guerre e e le prossime elezioni per capirci - unita a fattori specifici per ogni Paese (referendum per UK, banche per l'Italia) pesano sulle prospettive di crescita del vecchio continente. 

Al QE della ECB occorre aggiungere una politica europea di investimenti pubblici e di incentivi a quelli privati. Ma deve essere compiuto uno sforzo comune europeo ed evitare singole mosse dei governi. 

Non credo che la Germania possa essere propensa ad un piano di Investimenti pubblici finanziato in deficit, magari a carico del bilancio comunitario. E così lentamente sprofondiamo nella secular stagnation e ci aggrappiamo alla speranza che Industria 4.0 ci salvi tutti. 

Chissà che il prossimo vertice di Ventotene non ci porti qualche concreta novità. Parole e annunci forse. Novità concrete non me le aspetto. Basterebbe che Italia, Germania e Francia si accordassero per portare i propri deficit al 5% (oophs.. quello della Francia è sostanzialmente già li) riconoscendo l'esigenza di "circostanze eccezionali" come indicano i trattati. 

Non bastano le guerre, le migrazioni, la recessione, la disoccupazione per spingere i nostri governanti ad un coraggioso passo come quello di investire nei propri Paesi? 

sabato 2 luglio 2016

A qualcuno piace caldo.

La situazione che si è venuta a creare dopo la Brexit è paradossale. Da un lato, sembra che il Governo  inglese non ha molta fretta di attivare le procedure di uscita. Farage, invece di dimettersi dal Parlamento europeo, preferisce mantenere la generosa diaria che gli è garantita dall'Europarlamento. Molto più coerenti altri sui colleghi, come Hill, che invece ha lasciato deleghe. Dall'altro canto, i Paesi europei, invece di lavorare per rafforzare l'Europa e correggere gli enormi sbagli commessi in nome del rigore finanziario e delle regole sugli aiuti di Stato, cominciano a prefigurare come attirare l'industria finanziaria che oggi vive allegra a Londra. 
Chi riuscirà nell'intento di portare l'industria finanziaria nel proprio paese, pensa di mettere un sigillo sul controllo del futuro dell'Unione. Così almeno si pensa. Non pensa, che in questo momento occorre collaborare e non cercare di prevalere. 
Intanto i mercati spingono al ribasso tutto, in particolare le banche. L'atmosfera si fa calda. Forse a qualcuno piace così. Una situazione tesa, dove lo spirito della crisi, spinge a emozionali scelte e - forse - errori. 

Eppure le condizioni eccezionali, previste dal Trattato dellUnione, ci sono. Continua a crescere il malcontento per la situazione economica e questo dà spazio a movimenti estremisti ma anche ai noeurini. Juncker è troppo vecchio per capire che la sua Commisisone non sta dando un futuro all'Europa. Merkel, Hollande e Renzi troppo preoccupati delle problematiche politiche interne. Nessuno si ricorda che da soli, i singoli Stati sono un boccone troppo facile nel mondo della globalizzazione. La Spagna, speriamo torni presto sulla scena e magari un po' meno filo tedesca. 

Matteo alza la testa. Non ti pavoneggiare mentre vai agli incontri con Merkel e Hollande. L'Italia ha risorse, uomini e competenze per presentare un documento per il riavvio dei motori europei. Guarda avanti e non pensare al tuo futuro, ma a quello dell'Italia. È il momento di farlo. Non importa se vinci o perdi il referendum se non abbiamo un futuro verso cui andare. 

Se a qualcuno piace caldo, a noi piace concreto. Il futuro. Ovvio. 

domenica 26 giugno 2016

Brexit: istruzioni per il vertice di domani a Berlino.

Molti commentatori oggi si accorgono di quanto detto da questo blog ieri. "C'è chi cerca di differenziare i voti a secondo delle coorti di età o in relazione alla posizione geografica ed infine al grado di istruzione. Ma i voti, in democrazia si contano e non si pesano." (vedi il testo completo del pezzo).

La reazione che domani mi aspetto dal vertice a tre (Germania, Francia e Italia) non deve riguardare solamente gli aspetti numerici dell'attuale situazione Europa ed in particolare i numeri di finanza pubblica. Occorre affrontare in modo serio il tema della disoccupazione e della disuguaglianza crescente che la globalizzazione ha portato all'interno delle nostre società e che si manifesta anche attraverso gli imponenti flussi migratori a cui stiamo assistendo. 

Oggi non servono risposte egoistiche che cerchino di trarre vantaggio dalla situazione che si sta venendo a creare.

I movimenti populisti che stanno crescendo in Europa e nel mondo non sono altro che la manifestazione democratica di un effetto della globalizzazione, che per molto tempo abbiamo rifiutato di riconoscere. All'inizio, quando l'economia sembrava offrire possibilità per tutti, le persone immaginavano di poter avere una fetta, anche piccola, del nuovo benessere che si stava generando a livello macro. Tuttavia, mano a mano che il processo di globalizzazione andava avanti e spingeva giù i prezzi di produzione, la ricchezza e la società si polarizzava, polverizzando la classe media e creando una classe di emarginati economici e sociali sempre più imponente.

Occorre quindi che il vertice di domani dia una risposta concreta a quanti si sentono oggi esclusi dalla società ovvero hanno visto diminuire le proprie prospettive di essere parte di un processo di crescita e di beneficiare del progresso tecnologico e scientifico che caratterizza parte del mondo moderno.

Quali sono i rischi che corriamo se non si affronta in modo strutturale il problema della disparità economica e sociale che la globalizzazione ha creato?
Che i movimenti estremisti che cercano di affermare la propria esistenza negando i vantaggi della globalizzazione e della moneta unica, facendo leva sul malcontento ed illudendo i cittadini di una pronta soluzione dei problemi una volta disgregato l'euro, riescano a distrarre tutti dalla soluzione del problema che passa per una maggiore uguaglianza sociale ed una diversa distribuzione della ricchezza.

Oggi la confusione politica che si è creata in Gran Bretagna a seguito del Brexit può diffondersi nel continente se prevalgono gli interessi nazionalistici in vista delle prossime elezioni di Francia e Germania. Saranno i temi quali la maggiore flessibilità economica e finanziaria degli Stati Membri a dominare le discussioni domani, oppure finalmente si darà avvio ad un vero e proprio piano Marshall per l'economia europea e dei paesi dai quali i flussi migratori provengono? Si deciderà finalmente di accompagnare l'azione della Banca centrale europea con politiche di bilancio? Si inizierà ad utilizzare il bilancio UE per emettere titoli in grado di finanziare missioni economiche e sociali nei paesi dai quali la guerra fa emigrare milioni di persone? Si capirà che le regole sugli aiuti di Stato servono per livellare le disparità e non per crearne delle altre nell'interesse dello sviluppo comune dell'Europa e non dei singoli paesi?

Sono cattolico credente e pregherò perché uno spirito costruttivo e rinnovatore, ispirato ai veri valori della carta europea di Ventotene sia presente all'incontro di domani. 

venerdì 24 giugno 2016

Brexit e futuro europeo. La scossa e la speranza.

Nel post Tutti i nodi vengono al pettine (Vedi) ero sicuro di un Remain che avrebbe dato lo shock all'UE per avviare un processo di riforma. Tuttavia, l'insoddisfazione per un Europa dei burocrati e delle regole è stata determinante. Ha vinto Brexit. C'è chi cerca di differenziare i voti a secondo delle coorti di età o in relazione alla posizione geografica ed infine al grado di istruzione. Ma i voti, in democrazia si contano e non si pesano. 

Il risultato era imprevedibile. Avrà conseguenze imperdibili. 
-  Il Regno Unito dovrà portare avanti due negoziazioni: una sull’uscita, l’altra sulla relazione dopo l’uscita; non sarà semplice gestire la parte su free trade, anche se lo scenario più probabile sarà concordare un free trade agreement sui beni che escluda i servizi finanziari; inoltre il Regno Unito dovrà rinegoziare i trade agreement e la sua posizione con il WTO;
-  Economicamente si apre un periodo di incertezza prolungata e complessa, volatilità dei mercati; probabilmente le imprese cominceranno a lavorare per riorganizzare operazioni, attività, non sarà un processo veloce. La decisione sulla riallocazione prenderà diverso tempo, verrà fatta solo in una situazione di certezza, e in presenza di un vero cluster che crei economie di scala;
-  L’incertezza dei mercati e il possibile effetto contagio sull'economia reale dipendono dal fatto che cambia la visione del mondo. Occorrerà trovare un nuovo equilibrio. E ci sarà un test di questa “nuova normalità”, il che significa che potremmo avere mercati che testano l’imprevedibile, perché l’imprevedibile è effettivamente possibile;
-  Il voto referendario mostra un segno di sfiducia completa verso l’Unione, l’emergere dei populismi ed è anche un segnale politico decisivo rispetto alla globalizzazione e le migrazioni; l’anti-elitismo è una realtà globale che bisogna affrontare.

Sarà questo i piatto forte dell' incontro da Hollande, Merkel e Renzi? Parleranno finalmente di accountability democratica in Europa? 

Ci sono due temi nell'incontro di lunedì: il primo formale. Serve uno statement molto chiaro sulla fiducia nell’UE e nel suo futuro, oltre alla determinazione per portarlo avanti. E’ molto urgente.
Ma c'è un tema di contenuti: serviranno idee chiare e proposte chiare per mostrare con i fatti che questo è un evento one-shot. Sopratutto sarà utile evitare una risposta nazionale, con iniziative che non siano frutto di decisioni comuni. 

Sarà molto difficile per Francia, Germania, Italia accordarsi su un programma chiaro che rafforzi l’Europa ed evitare - ci sono elezioni tra un anno in Germania e Francia - misure competitive nazionali. 

Il centro della accountability democratica oggi è inevitabilmente al livello nazionale, in comunità nazionali, omogenee linguisticamente. Non esisterà in tempi brevi a livello europeo, ed è difficile trovare soluzioni affinché esista. In particolare soluzioni brevi, visti i tempi della vita democratica. L'unica speranza per l'Europa è un Italia che torni a giocare un vero ruolo. Matteo l'hai capito? 

giovedì 16 giugno 2016

Tutti i nodi vengono al pettine. L'Europa ad un bivio.

La costruzione europea si è per molto tempo cullata sui vantaggi della moneta unica. La lunga fase di stagnazione che sta attraversano il mondo e in modo più forte il nostro continente (secular stagnation la chiama qualcuno) ha messo in moto due movimenti di senso opposto. 

Il primo, legato agli europeisti, che pensa di portare avanti l'Unione Europea in modo deciso, dando un corpo democratico a quello che oggi si presenta come una fiorente e complessa burocrazia. 
Il secondo, purtroppo decisamente più ascoltato dai cittadini europei, che vuole la disgregazione dell'Unione e che punta ad interessi particolaristici dei singoli Paesi Membri dell'Unione. Questo secondo movimento fa leva non solo sui movimenti nazionalistici, ma anche sul malcontento delle persone che stanno soffrendo economicamente dalla prolungata crisi. 

Queste due frange di popolazione hanno interesse diversi, in tempi normali. Ma quando manca il lavoro e si vive male, è facile che convergano. I noeurini - come li ha definiti Gustavo Piga - si ergono a tecnici di questo movimento e cercano di dare al tutto una coerenza teorica. 

Ecco allora la Brexit, la messa in discussione di Schengen (Austria), la difficoltà di formare Governi dopo le elezioni (Belgio e Spagna), o a governare (Germania, Olanda, Francia, Italia) date le crescenti difficoltà a dare risposte all'elettorato, sotto l'aspetto della sicurezza e del lavoro. Non parliamo di politica estera, legata ancora ai singoli Paesi, al motto mors tua vita mea. Nessuno sembra capire che i singoli Stati saranno spazzati via da India, Brasile, Cina. 

Molto ritenevano che l'Europa si sarebbe unita sotto la spinta di uno shock. Si sta invece disgregando a seguito di diversi shock e per la mancanza di leader europei di alto profilo. In questo scenario, l'Italia poteva fare molto. Il principale partito di Governo, invece di  essere spaccato, poteva cercare la grande alleanza e governare il Paese e recuperare spazio in un'Europa in cerca di leader. Mi spiace, ma non è leader né la sig.ra Merkel, né il sig Juncker. Tanto meno Renzi od Hollande. Hanno lo stesso problema: sono pieni di se. Si rendono antipatici. Eppure Renzi ha portato avanti molte riforme, ma ha continuato a "mettere le dita negli occhi" dei suoi avversari in un delizioso delirio di onnipotenza fiorentino. O forse nel delirio del potere. 

Di tutto questa situazione di declino, Commissione Europea, Eurogruppo e Parlamento Europeo sembrano non essere al corrente. Subissano di regole fuori dal tempo i Paesi Membri. Fiscal Compact, regole sul sistema finanziario, banche e Aiuti di Stato in primis. Come se la crescita economica e la coesione sociale che ne deriverebbe non siano gli obiettivi di quest'Unione. Continuano business as usual. Juncker troppo vecchio per guidare il cambiamento, Renzi troppo inesperto e borioso per approfittarne. 

Sono sicuro che il "Remain" vincerà la prossima settimana e spero che la paura che UK potesse uscire dall'Unione, convinca gli europei che è giunta l'ora di cambiare. Renzi si faccia promotore di una nuova conferenza di Roma, che lanci l'Europa verso il federalismo. La sua unica via di uscita - e pure quella del nostro Paese- è quella di innovare l'Europa. Altrimenti ci avrà condannato a diventare la periferia del mondo.  

lunedì 25 aprile 2016

Il limite alla crescita in Europa? La fiducia reciproca tra Stati.

Nell’agenda dell'Ecofin di Amsterdam vi era anche un tema fondamentale per il futuro dell'Europa. La questione del "peso" da dare all'investimento in titoli di Stato nei portafogli delle banche europee. Scrive su questo tema una buona riflessione Lorenzo Codogno (vedi qui), pur non arrivando al cuore del problema. 
Intanto chiariamo di cosa si discute. L’ipotesi (tedesca) è l’introduzione di un assorbimento di capitale anche per i titoli di Stato. Quindi detenere i titoli di Stato "costerà" capitale alle banche e questo avrà un riflesso sul costo del debito pubblico. Così come il consumo di capitale delle banche costa quando prestano alle imprese. Questo costo ha ridotto il credito richiesto dalle imprese; cosa che ha portato alla chiusura di centinaia di PMI, con conseguente aumento della disocupazione e alla  riduzione degli Investimenti privati. Minore crescita, minore domanda aggregata, no inflazione presente e futura, hanno portato la ECB alla necessità di azzerare il costo del denaro. 
"Inutile dire che l’Italia sarebbe il Paese più colpito da questi cambiamenti" dice Codogno. NO dico io. Sarebbe l'Europa. 
Nella opportuna sede dove si discute di queste regole, Il Comitato di Basilea, nessuno (escludendo la Germania)  ha mai pensato di introdurre una simile regola. Perché i titoli di Stato sono utilizzati per prezzare altri strumenti finanziari e la loro liquidità è cruciale per assicurare il corretto funzionamento dei mercati. 
Il veto italiano a questa decisione è quindi nell'interesse europeo; troppe sono ormai le regole che si allontanano da un profilo europeista e sono condizionate dagli eventi di breve periodo. 
Si chiede Codogno "Perché siamo arrivati a questo punto?"  "Credo sia stato l’utilizzo- diciamo un po’ creativo - delle banche da parte del governo greco durante la crisi che ha messo in allarme." È la sua risposta.  Io non credo sia quello il motivo. 
Certo ci si può nascondere dietro la Grecia. Ma la verità è che i nostri politici hanno paura di completare la costruzione della casa europea. Lo shortermismo della loro visione, li porta ad essere preoccupati delle prossime elezioni casalinghe e, pressati dalla crescente insoddisfazione dei loro cittadini per le pessime condizioni economiche in cui versa il Continente Europeo, si chiudono in difesa di antichi valori. Vedi il risultato elettorale in Austria di ieri. 
Ma il mondo è cambiato. Chiede più Europa e meno vincoli. L'eccessiva regolazione dell'attività economica in Europa, porta a minore crescita nel lungo periodo ed a chiedere deroghe o addirittura divorzi (Brexit - Vedi qui ). 
È ora di un passo in avanti verso l'Unione Europea. Innanzitutto adottando 4 semplici decisioni verso la creazione di un vero Stato Federale (Quattro proposte per l'Europa), che aiutino il nostro Continente ad uscire dall'angolo (dovrei dire dalla fossa!). 
Ma la vera svolta l'avremo se riusciremo a fidarci l'uno dell'altro. Le regole imposte in Europa sono il segno che non ci fidiamo. Questa è la minaccia peggiore per il nostro futuro. 

sabato 23 aprile 2016

Alla faccia della speranza! Contro la Brexit scende in campo Obama

Come sempre stiamo dando poca importanza agli avvenimenti che ci circondano. 
La Brexit è una cosa che rischia di minare tutto l'impianto Europeo, dando fiato agli Euroscettici e ai Noeurini. 
Oggi se ne parla sui giornali sia per quanto detto dal Presidente Obama, sia per una intervista a Dominique Salvatore che, pur non sapendo predire il risultato (è un economista, mica un mago) sa però illustrare chiaramente l'impatto sull'economia UK. 
Non si esprime sull'impatto che, politicamente ed economicamente, avrebbe sul resto dell'Europa. 

Lo dovrebbero fare i nostri politici europei, il nostro Presidente del consiglio. Al quale consiglio di rilanciare con forza proposte europeiste non per conquistare spazio sui giornali, ma per dare un futuro alla nostra generazione. 

Si ricomincia a parlare di Grecia. Ed insieme alla Brexit potrebbero essere argomenti utilizzabili da chi, senza prospettiva, cavalca il malpancismo di una parte dei cittadini europei. 

Cosa fare? Io qualche idea l'ho data (Clicca qui).