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lunedì 25 aprile 2016

Il limite alla crescita in Europa? La fiducia reciproca tra Stati.

Nell’agenda dell'Ecofin di Amsterdam vi era anche un tema fondamentale per il futuro dell'Europa. La questione del "peso" da dare all'investimento in titoli di Stato nei portafogli delle banche europee. Scrive su questo tema una buona riflessione Lorenzo Codogno (vedi qui), pur non arrivando al cuore del problema. 
Intanto chiariamo di cosa si discute. L’ipotesi (tedesca) è l’introduzione di un assorbimento di capitale anche per i titoli di Stato. Quindi detenere i titoli di Stato "costerà" capitale alle banche e questo avrà un riflesso sul costo del debito pubblico. Così come il consumo di capitale delle banche costa quando prestano alle imprese. Questo costo ha ridotto il credito richiesto dalle imprese; cosa che ha portato alla chiusura di centinaia di PMI, con conseguente aumento della disocupazione e alla  riduzione degli Investimenti privati. Minore crescita, minore domanda aggregata, no inflazione presente e futura, hanno portato la ECB alla necessità di azzerare il costo del denaro. 
"Inutile dire che l’Italia sarebbe il Paese più colpito da questi cambiamenti" dice Codogno. NO dico io. Sarebbe l'Europa. 
Nella opportuna sede dove si discute di queste regole, Il Comitato di Basilea, nessuno (escludendo la Germania)  ha mai pensato di introdurre una simile regola. Perché i titoli di Stato sono utilizzati per prezzare altri strumenti finanziari e la loro liquidità è cruciale per assicurare il corretto funzionamento dei mercati. 
Il veto italiano a questa decisione è quindi nell'interesse europeo; troppe sono ormai le regole che si allontanano da un profilo europeista e sono condizionate dagli eventi di breve periodo. 
Si chiede Codogno "Perché siamo arrivati a questo punto?"  "Credo sia stato l’utilizzo- diciamo un po’ creativo - delle banche da parte del governo greco durante la crisi che ha messo in allarme." È la sua risposta.  Io non credo sia quello il motivo. 
Certo ci si può nascondere dietro la Grecia. Ma la verità è che i nostri politici hanno paura di completare la costruzione della casa europea. Lo shortermismo della loro visione, li porta ad essere preoccupati delle prossime elezioni casalinghe e, pressati dalla crescente insoddisfazione dei loro cittadini per le pessime condizioni economiche in cui versa il Continente Europeo, si chiudono in difesa di antichi valori. Vedi il risultato elettorale in Austria di ieri. 
Ma il mondo è cambiato. Chiede più Europa e meno vincoli. L'eccessiva regolazione dell'attività economica in Europa, porta a minore crescita nel lungo periodo ed a chiedere deroghe o addirittura divorzi (Brexit - Vedi qui ). 
È ora di un passo in avanti verso l'Unione Europea. Innanzitutto adottando 4 semplici decisioni verso la creazione di un vero Stato Federale (Quattro proposte per l'Europa), che aiutino il nostro Continente ad uscire dall'angolo (dovrei dire dalla fossa!). 
Ma la vera svolta l'avremo se riusciremo a fidarci l'uno dell'altro. Le regole imposte in Europa sono il segno che non ci fidiamo. Questa è la minaccia peggiore per il nostro futuro. 

sabato 23 aprile 2016

Alla faccia della speranza! Contro la Brexit scende in campo Obama

Come sempre stiamo dando poca importanza agli avvenimenti che ci circondano. 
La Brexit è una cosa che rischia di minare tutto l'impianto Europeo, dando fiato agli Euroscettici e ai Noeurini. 
Oggi se ne parla sui giornali sia per quanto detto dal Presidente Obama, sia per una intervista a Dominique Salvatore che, pur non sapendo predire il risultato (è un economista, mica un mago) sa però illustrare chiaramente l'impatto sull'economia UK. 
Non si esprime sull'impatto che, politicamente ed economicamente, avrebbe sul resto dell'Europa. 

Lo dovrebbero fare i nostri politici europei, il nostro Presidente del consiglio. Al quale consiglio di rilanciare con forza proposte europeiste non per conquistare spazio sui giornali, ma per dare un futuro alla nostra generazione. 

Si ricomincia a parlare di Grecia. Ed insieme alla Brexit potrebbero essere argomenti utilizzabili da chi, senza prospettiva, cavalca il malpancismo di una parte dei cittadini europei. 

Cosa fare? Io qualche idea l'ho data (Clicca qui). 

martedì 22 settembre 2015

Basta ipocrisia nell'affrontare la crisi greca. L'unica speranza è cambiare atteggiamento.

In futuro, se i libri di testo sull'arte della politica parleranno del rischio calcolato, la vittoria di Tsipras alle elezioni di domenica scorsa meriterà almeno una citazione. 

Dopo aver preso la guida del Paese poco meno di un anno fa, averlo condotto durante duri mesi di negoziati con l'Europa, passando attraverso un referendum, per poi accettare un accordo simile, se non peggiore, a quello rifiutato a febbraio, Tsipras è riuscito a vincere le elezioni politiche del proprio Paese, e con un vantaggio del 7,5% sull'opposizione. Chapeau. 

Il risultato elettorale dovrebbe significare una coalizione stabile. Ma il punto è un altro:  riuscirà Tsipras a tirare il suo Paese fuori dalla recessione? 

Certo non da solo. Nei prossimi mesi, la Grecia dovrà affrontare temi cruciali, che hanno una valenza europea e non solo greca. Sarà aiutato in questo da un diverso atteggiamento dell'euroburocrazia? E i politici europei e nazionali impegnati in fatue battaglie sui decimali, saranno abbastanza illuminati e capire che senza un diverso atteggiamento sulla Grecia, rischia tutta l'Europa? 

Veniamo alle sfide che attendono Tsipras. 
A seguito dei controlli sui capitali, sono seguiti diversi mesi di impasse economica, a cui si è aggiunto il ritardo nei pagamenti dal governo al settore privato; i prestiti bancari in sofferenza sono aumentati, da circa il 30% alla fine del 2014 a una media del 45%, secondo quanto riportato da Bloomberg. Le banche greche saranno sottoposte a stress test a partire dal prossimo mese. Attendiamo i risultati per capire la situazione. 
Nonostante nel secondo semestre il PIL ha segnato uno + 0,8% su base trimestrale, i dati di bilancio del 1 ° semestre mostrano come le entrate fiscali siano scese  vertiginosamente (-15% vs programmato). Speriamo che questo non suggerisca ai burocrati europei di chiedere al Governo greco di tagliare le spese per mantenere l'avanzo primario ai livelli previsti ad inizio anno. Il risultato sarebbe solo quello di aggravare la situazione. 
C'è da affrontare il tema della sostenibilità del debito, questione sollevata dal Fondo monetario internazionale, per riportarlo a livelli sostenibili.  
Oltre a tutto ciò, Tsipras dovrà realizzare un programma di riforme duro, comprese quelle misure che il suo partito e i suoi alleati hanno rifiutato di implementare in precedenza.

Riuscirà Tsipras in tutto questo? 
La risposta dipende dalla crescita. Il nodo che attanaglia tutta l'Europa. Non è chiaro come il terzo protocollo d'intesa intenda riavviare la crescita in un Paese che ha perso quasi un quarto del PIL a causa della crisi. L'attuale piano di investimenti manca di chiarezza e l'obiettivo della privatizzazione (€ 50 miliardi), la metà dei quali dovrebbe finanziare nuovi investimenti, appare difficile da raggiungere. 

Da dove arriverà la crescita? Alcuni economisti citano il turismo, altri le riforme strutturali. 
E domanda interna? Non credo che l'economia della Grecia (ed europea) possa recuperare il terreno perso senza misure che diano forza alla domanda interna. 
E poi, ci vorrà del tempo affinché le riforme abbiano effetto e la Grecia realizzi un nuovo modello di crescita: con oltre il 50% di giovani disoccupati il ​​Paese ha urgente bisogno di politiche volte a promuovere la crescita. E questo vale per tutti i Paesi europei. 

In conclusione, se i politici europei vogliono chiudere la porta ai noeurini e dare un futuro a questo continente, devono utilizzare l'occasione offerta dalla Grecia per inventare una nuova politica economia. Quale? Riprendiamo la proposta fatta con Piga di un piano Marshall (il piano Marshall per le PMI) per le PMI europee?