domenica 7 agosto 2016

Il principe sul pisello. La sindrome di Palazzo Chigi.

Anche questa volta la sindrome di Palazzo Chigi ha colpito il suo inquilino.  Questa volta si tratta di Renzi, che non ha fatto differenza rispetto ai suoi predecessori.  Il distacco con il Paese reale inizia quando si entra a Palazzo Chigi e ci si contorna di consulenti ed amici che vengono a indottrinare il presidente del consiglio sulle cose da fare. 

Ecco la differenza tra Renzi appena arrivato a Chigi, ancora fresco delle cose che sentiva direttamente dalla piazza e il Matteo re di Palazzo di oggi. 

Le prime mosse del Presidente erano azzeccate, in quanto rispondevano al Malpancismo nazionale, a cui oggi risponde solo il M5S. A parole, perché poi i fatti non sono facili a seguire. 

Purtroppo le prime mosse del Renzi operaio non erano le cose che servivano al Paese, ma i cittadini educati in tanti anni ad avere risposte clientelari da un sistema politico che ha fatto dei rivoli di spesa la sua forza, erano contenti; essi richiedono sempre interventi che consentono di "tirare avanti" senza impegnarsi per poterli ottenere e li avevano ottenuti. Ecco spiegato il successo degli 80 euro, la riforma (dov'è?) della Pubblica Amministrazione per eliminare sprechi e privilegi, la riduzione delle spese (ma dove?) la riduzione delle auto blu (che hanno solo cambiato colore) e, ora, del reddito di cittadinanza propinato dal M5S e da De Magistris a Napoli.

Ma poi arriva la realtà. Le regole europee, la disciplina dei mercati finanziari, la paura di perdere consensi. La mancanza di un progetto politico vero fa chiudere il Presidente nella sua reggia di Palazzo Chigi e qui inizia la sindrome del pisello. Come per la principessa delle favole, infastidita da un pisello sotto 7 materassi, il Re Presidente ha fastidio di ogni piccola cosa. E si perde contatto con le cose che servono davvero al Paese. Attuazioni dei provvedimenti fermi, leggi mancia (nel senso che danno mancia in giro come da 50 anni a questa parte) e un ministro dell'Economia che deve tornare a suonare l'allarme.

Ecco quindi @pcpadoan sul @sole24ore di ieri che richiama la necessità di poche misure di spesa concentrate sulla crescita. E si perché l'economista che è in @Pcpadoan sa ben che debito e deficit si combattono con la crescita e non con l'austerità. Ovvero con maggiori investimenti pubblici e privati, riduzione del carico fiscale e contributivo, creando le condizioni perché le imprese assumano. 

Se Matteo avesse un progetto politico e non fosse prigioniero della sindrome del pisello, forse potrebbe fare qualcosa di più per il nostro Paese. Ma lo stesso vale per gli altri politici, partiti o movimenti. Basta promesse elettorali, occorre un intento vero e sincero. Per il Paese. 




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