domenica 19 marzo 2017

La politica dei giusti. Trasparenza e nomine

 In questo fine settimana molti giornali hanno parlato del processo di nomina che interessato una serie di imprese quotate il cui azionista di riferimento e direttamente o indirettamente lo Stato. 

 Un conto spesso di peso non mai portato fino a qua estrema, ovvero il ruolo che hanno avuto tre head Hunter che hanno fornito ed analizzato curricula  governo.
Quello che avrei voluto vedere è una decisa richiesta di pubblicare i risultati del lavoro di questi HH per capire che cosa esattamente hanno proposto e quanto il governo si è distanziato dal loro lavoro. 

Certo alla pubblicazione sarebbe seguito che lavoro che avrebbe avuto analizzare e capire le scelte del governo in chiave di mera trasparenza e costruttività.

Questo lavoro di confronto doveva esser fatto per il presidente e l'amministratore delegato, ma anche tutti gli rappresentanti del consiglio.  Presenze non meno importanti delle cariche con deleghe. 

Ma se queste nomine hanno avuto l'onore delle cronache, sarà lo stesso per le società non quotate che vedranno rinnovare i propri consigli di amministrazione entro il prossimo luglio? Come mai le forze politiche che spesso questa volta non ci sono fatte sentire?

La trasparenza è un bene pubblico, non bisogna abusarne, ma in certi casi l'unico antidoto al populismo.

venerdì 10 marzo 2017

Il Draghi-pensiero. Secondo me ....

Le dichiarazioni del Presidente della BCE Draghi presentano due facce: una apparentemente molto “dovish”, ma stuzzicato dalle domande dei giornalisti, una anche molto "howkish". Attenzione, perché non parla più del fatto che “all instruments are available”, non parla più di TLTRO, rischi sempre al downside, ma complessivamente migliorati. 

Cosa voglia dire lo dovete chiedere a lui. 
La mia lettura è che siamo al picco della politica monetaria accomodante dopo oltre sei anni. Ci attendiamo quindi di iniziare un periodo meno accomodante già dal prossimo giugno. 

Questo vuol dire che il costo del debito pubblico inizierà a salire e quindi la manovra di bilancio che dovrà essere varata entro ottobre prossimo, dovrà tenere contro anche di un costo del debito che tenderà ad aumentare. È questo non è bello. 

Se poi aggiungo che la questione del debito greco non è risolta, le prossime elezioni politiche in Europa, il quadro che ottengo è molto incerto. 

Meno male che i nostri politici lo sanno. O no? 

lunedì 6 marzo 2017

La politica dei giusti. Eppur si muove (sperem)

Stefano Folli stamane su La Repubblica richiama il tema che ho affrontato nel post di ieri (qui) in modo molto più efficace di me e focalizzando l'attenzione sulla legge elettorale. 

Il tema che emerge nell'articolo di Folli è, a mio avviso, quello dell'incapacità di questo Parlamento di giungere alla definizione di una buona legge elettorale. In attesa del nuovo segretario del PD, infatti, il dibattito pubblico sul tema sembra essere morto. 

In realtà il tema resta l'oggetto di dibattito (riservato) tra i partiti. Il PD resta sul sistema maggioritario, Forza Italia su quello proporzionale, come sembra il M5S. 

Il tema è centrale per il Paese. Certo la legge elettorale deve, prima di tutto, assicurare la rappresentanza degli interessi ed obiettivi del popolo italiano, ben descritti nella prima parte della nostra Costituzione. Parlare solo di governabilità, quindi, è limitativo rispetto alla responsabilità che aspetta questo Parlamento e a questa classe politica. 

Come sono centrali altri temi, quelli economici. Si nota il risveglio del Governo, almeno comunicativo, in attesa che il DEF illustri le azioni di politica economica e che la correzione dei conti chiesta dalla Commisione Europea non sia solo un incremento di tasse, ma contenga quei provvedimenti a lungo attesi che consentano di far ripartire la competitività. 

L'utilizzo della politica economica per ridare fiato al PIL, sarebbe la vera riforma strutturale che il Paese attende. È forse anche l'Europa. 

domenica 5 marzo 2017

La politica dei giusti. Ripartire per non fermarsi

La politica italiana continua ad essere intrappolata nel renzismo a sinistra e nel belusconismo a destra. Incapace di avere una visione del Paese, quello che possono fare i nostri politici è cercare il vicino di casa da attaccare e sconfiggere. 

Mentre questo spettacolo va in scena, il resto del mondo va avanti, confuso anch'esso ma terribilmente pericoloso. A partire da quanto accade in Korea del Nord, fino ai movimenti populisti pronti a raccogliere migliaia di voti senza avere idea di cosa fare una volta al potere. 

Dando uno sguardo alle scelte di politica economica dei 1.000 giorni di governo Renzi ci accorgiamo che le risorse rese disponibili dal QE e dalla flessibilità europea potevano essere destinata a ridurre il cuneo fiscale, oltre che le imposte su reddito di famiglie e imprese. Target in parte colpiti, ma non l'incisività e la tempestività necessarie. 

Mi sono sempre chiesto cosa sarebbe successo se, 3 anni fa, il nostro deficit fosse stato portato al 5% per ridurre il cuneo fiscale e le tasse dirette su famiglie e imprese. Il tutto nell'ambito di un accordo con l'UE che prevedeva un percorso di rientro ed un piano di riforme necessarie al sistema per rendersi libero di crescere. Nel piano andava ricompreso l'abolizione di tutte le agevolazioni amministrate (quelle cioè che per averle occorre fare una domanda alla pubblica amministrazione) in favore di incentivi automatici come quelli che sono stati inseriti per il 2016 ed il 2017 e che stanno trainando gli investimenti privati e l'economia. 

I burocrati liberi dall'impegno di amministrare incentivi, potevano essere ricollocati nei tribunali o per utilizzare i fondi europei o, come si fa nel settore privato, fatti uscire dal mondo pubblico del lavoro. 

Spesso mi rispondo "non sarebbe successo nulla". Anzi. Saremmo ripartiti. Il QE avrebbe drogato i mercati, le imprese avrebbero ripensato il loro modello di business, le banche avrebbero meno NPL nel portafoglio. 

Ma la paura e la mancanza di leadership da un lato, la resistenza al cambiamento del nostro sistema dall'altra ci hanno condannato ad un declino, reversibile ancora per poco. Il mondo avanza, con o senza l'Italia a tirare. 

lunedì 27 febbraio 2017

La politica dei giusti. Mettiamo le mani avanti...

Come scriveva ieri Dino Pesole su Il sole 24 ore, più importante della manovrina è il piano delle riforme. Nel country report pubblicato mercoledì della scorsa settimana, la Commissione Europea ha chiarito che fino ad oggi l’Italia non era entrata nel braccio correttivo del Trattato a causa del suo alto debito – e che non si riduce ad un passo adeguato – perché aveva portato avanti un piano di riforme per aumentare la sua attrattività economica.

Come leggere questa indicazione? Si potrebbe dire che il Governo Gentiloni non sia in grado di portare avanti il processo di riforme allo stesso modo in cui fece il Governo Renzi visto che la maggioranza parlamentare è meno solida, anche a causa dell’avvicinarsi delle elezioni (per me il 10 settembre p.v.) 

Ma l’Europa guarda lontano, in un momento in cui la dinamica dei suoi Paesi Membri è confusa, date le elezioni alle porte in Francia, Olanda e Germania che si svolgeranno in un contesto nuovo, quello che vede l’avanzata del populismo e il tramonto dei vecchi schemi di confronto tra partititi che è andata avanti dai primi anni ‘90.

Se l’Italia sarà governata da un esecutivo che porterà avanti le riforme volute dall’Europa, la minaccia di farla entrare nel braccio correttivo del Trattato, che vuol dire meno spazi alle scelte di politica economica, verrà ritirata. In caso contrario, e per non essere tacciata di interferire con il risultato delle prossime elezioni politiche, l’Europa si prenderà la responsabilità di correggere la nostra finanza pubblica, imponendo un forte processo di riforma non autodeterminato. In questo modo, poi, si evita che l’Italia si impegni nella discussione di come riformare il fiscal compact e il bail in, di cui (e non solo noi) avremmo avuto interesse e capacità di proporre valide alternative.





sabato 25 febbraio 2017

La politica dei giusti. La scissione per vincere ancora

Sarà la mia impressione ma che si è consumata in questi giorni nel partito democratico è funzionale ad una strategia elettorale ben precisa. 

Mi sembra infatti che si stia aprendo la strada ad una legge elettorale maggioritaria che dia un premio alle coalizioni ed uno sbarramento che si applicherà solo nel caso in cui i singoli partiti correranno da soli. 

L'Argomento "legge elettorale", tanto gettonato sui giornali quanto nel dibattito politico subito dopo l'uscita della sentenza della consulta, oggi è sottotraccia nella discussione politica e giornalistica. Mentre è evidente che la discussione su questo tema continua tra le forze politiche, in quanto da essa dipende la sopravvivenza nel Parlamento di alcuni soggetti e la possibilità di essere forza di governo. 

La strategia di Matteo è chiara. Ha l'appoggio di Forza Italia, quasi incondizionato. Ma anche di Aticolo 1 se avesse bisogno di una stampella a sinistra per forzare su alcuni temi a lui cari e per i quali  non trova molto interesse nel suo attuale alleato sotterraneo di Governo. Ma anche di entrambi se dovesse formare un governo per evitare che corse populiste diventino esecutivo. 

Una notazione. I populisti sbagliano in una cosa: nell'incantare le persone con facili prospettive. Ma hanno una forte ragione: i politici parlano troppo dei bisogni dei cittadini e fanno poco o nulla per risolvere i problemi. Ad esempio: perchè nessuna forza politica parla della possibilità (da esercitare quest'anno) di cambiare il fiscal compact e il Bail in??


domenica 19 febbraio 2017

La politica dei giusti. Lo zero virgola della politica.

Sono stato lontano dall'Italia per qualche settimana e tornando trovo il caos più totale. Non un dibattito sui problemi reali del Paese, ma un surreale, continuo, chiacchiericcio su temi ininfluenti. 

Le forze politiche, invece di mostrare unità di fronte al malessere degli italiani, combattono a suo di slogan e di annunci di quello che faranno una volta al potere. Questo l'unico scopo del loro blaterare: il potere.

Intanto il declino del Paese è inarrestabile. E lo vedi bene tornando a casa da un viaggio di soli 300 chilometri. Vedi, tornando, una grande voglia di fare da parte di tanta gente è una politica, che salvò rare eccezioni, si arrocca su vecchie posizioni ed è priva del coraggio di fare. 

Fare cosa vi chiederete? Mettersi in gioco per le vere battaglie. In primis, la riforma del fiscal compact e del Bail in. Ora è il momento di mobilitare i parlamentari europei e i nostri rappresentanti nelle istituzioni per aprire un varco politico su due temi che ci stanno facendo affondare più rapidamente. Ora è il momento di chiedere al Governo di fare il piccolo aggiustamento sui conti, ma di affondare il coltello su due più importanti. In questo ha ragione Bersani. Ma nessuno, neppure il suo partito, ha raccolto quest'invito. Tutti a pensare a come prendere un zero virgola che consenta di influenzare il parlamento e il governo dopo il prossimo voto. 

Ma che senso ha governare un Paese che lentamente scivola verso il baratro se non quello di riportarlo in cima alla classifica della politica mondiale? Questa la riflessione che chiedo ai nostri politici. Ma forse mi illudo sappiano rispondere.