lunedì 27 febbraio 2017

La politica dei giusti. Mettiamo le mani avanti...

Come scriveva ieri Dino Pesole su Il sole 24 ore, più importante della manovrina è il piano delle riforme. Nel country report pubblicato mercoledì della scorsa settimana, la Commissione Europea ha chiarito che fino ad oggi l’Italia non era entrata nel braccio correttivo del Trattato a causa del suo alto debito – e che non si riduce ad un passo adeguato – perché aveva portato avanti un piano di riforme per aumentare la sua attrattività economica.

Come leggere questa indicazione? Si potrebbe dire che il Governo Gentiloni non sia in grado di portare avanti il processo di riforme allo stesso modo in cui fece il Governo Renzi visto che la maggioranza parlamentare è meno solida, anche a causa dell’avvicinarsi delle elezioni (per me il 10 settembre p.v.) 

Ma l’Europa guarda lontano, in un momento in cui la dinamica dei suoi Paesi Membri è confusa, date le elezioni alle porte in Francia, Olanda e Germania che si svolgeranno in un contesto nuovo, quello che vede l’avanzata del populismo e il tramonto dei vecchi schemi di confronto tra partititi che è andata avanti dai primi anni ‘90.

Se l’Italia sarà governata da un esecutivo che porterà avanti le riforme volute dall’Europa, la minaccia di farla entrare nel braccio correttivo del Trattato, che vuol dire meno spazi alle scelte di politica economica, verrà ritirata. In caso contrario, e per non essere tacciata di interferire con il risultato delle prossime elezioni politiche, l’Europa si prenderà la responsabilità di correggere la nostra finanza pubblica, imponendo un forte processo di riforma non autodeterminato. In questo modo, poi, si evita che l’Italia si impegni nella discussione di come riformare il fiscal compact e il bail in, di cui (e non solo noi) avremmo avuto interesse e capacità di proporre valide alternative.





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