martedì 22 settembre 2015

Basta ipocrisia nell'affrontare la crisi greca. L'unica speranza è cambiare atteggiamento.

In futuro, se i libri di testo sull'arte della politica parleranno del rischio calcolato, la vittoria di Tsipras alle elezioni di domenica scorsa meriterà almeno una citazione. 

Dopo aver preso la guida del Paese poco meno di un anno fa, averlo condotto durante duri mesi di negoziati con l'Europa, passando attraverso un referendum, per poi accettare un accordo simile, se non peggiore, a quello rifiutato a febbraio, Tsipras è riuscito a vincere le elezioni politiche del proprio Paese, e con un vantaggio del 7,5% sull'opposizione. Chapeau. 

Il risultato elettorale dovrebbe significare una coalizione stabile. Ma il punto è un altro:  riuscirà Tsipras a tirare il suo Paese fuori dalla recessione? 

Certo non da solo. Nei prossimi mesi, la Grecia dovrà affrontare temi cruciali, che hanno una valenza europea e non solo greca. Sarà aiutato in questo da un diverso atteggiamento dell'euroburocrazia? E i politici europei e nazionali impegnati in fatue battaglie sui decimali, saranno abbastanza illuminati e capire che senza un diverso atteggiamento sulla Grecia, rischia tutta l'Europa? 

Veniamo alle sfide che attendono Tsipras. 
A seguito dei controlli sui capitali, sono seguiti diversi mesi di impasse economica, a cui si è aggiunto il ritardo nei pagamenti dal governo al settore privato; i prestiti bancari in sofferenza sono aumentati, da circa il 30% alla fine del 2014 a una media del 45%, secondo quanto riportato da Bloomberg. Le banche greche saranno sottoposte a stress test a partire dal prossimo mese. Attendiamo i risultati per capire la situazione. 
Nonostante nel secondo semestre il PIL ha segnato uno + 0,8% su base trimestrale, i dati di bilancio del 1 ° semestre mostrano come le entrate fiscali siano scese  vertiginosamente (-15% vs programmato). Speriamo che questo non suggerisca ai burocrati europei di chiedere al Governo greco di tagliare le spese per mantenere l'avanzo primario ai livelli previsti ad inizio anno. Il risultato sarebbe solo quello di aggravare la situazione. 
C'è da affrontare il tema della sostenibilità del debito, questione sollevata dal Fondo monetario internazionale, per riportarlo a livelli sostenibili.  
Oltre a tutto ciò, Tsipras dovrà realizzare un programma di riforme duro, comprese quelle misure che il suo partito e i suoi alleati hanno rifiutato di implementare in precedenza.

Riuscirà Tsipras in tutto questo? 
La risposta dipende dalla crescita. Il nodo che attanaglia tutta l'Europa. Non è chiaro come il terzo protocollo d'intesa intenda riavviare la crescita in un Paese che ha perso quasi un quarto del PIL a causa della crisi. L'attuale piano di investimenti manca di chiarezza e l'obiettivo della privatizzazione (€ 50 miliardi), la metà dei quali dovrebbe finanziare nuovi investimenti, appare difficile da raggiungere. 

Da dove arriverà la crescita? Alcuni economisti citano il turismo, altri le riforme strutturali. 
E domanda interna? Non credo che l'economia della Grecia (ed europea) possa recuperare il terreno perso senza misure che diano forza alla domanda interna. 
E poi, ci vorrà del tempo affinché le riforme abbiano effetto e la Grecia realizzi un nuovo modello di crescita: con oltre il 50% di giovani disoccupati il ​​Paese ha urgente bisogno di politiche volte a promuovere la crescita. E questo vale per tutti i Paesi europei. 

In conclusione, se i politici europei vogliono chiudere la porta ai noeurini e dare un futuro a questo continente, devono utilizzare l'occasione offerta dalla Grecia per inventare una nuova politica economia. Quale? Riprendiamo la proposta fatta con Piga di un piano Marshall (il piano Marshall per le PMI) per le PMI europee?

Nessun commento:

Posta un commento