venerdì 30 dicembre 2016

L'europeismo zoppo dei tedeschi.

La Germania ha da tempo bloccato il terzo pilastro dell Banking Union. Ovvero lo schema di assicurazione comune dei depositi EDIS (European Deposit Insurance Scheme​).

Il Governo non è lasciato solo. Qualche giorno fa è apparso questo documento nel quale la businnes community tedesca si schiera a fianco del Governo.

Molto semplicemente, e come sappiamo, i tedeschi sono contrari alla proposta della Commissione, perché non possono accettare di partecipare a un sistema di garanzia comune, che, secondo loro, genererebbe solo sfiducia nel sistema e, di conseguenza, instabilità.

La posizione del documento non è molto innovativa: banche e risparmiatori tedeschi si sentirebbero defraudati dal fatto che le loro risorse possano contribuire al salvataggio di banche e risparmiatori stranieri. Ognuno deve essere responsabile per le sue banche e per la sicurezza del suo sistema. 

Forse vale la pena di ricordare ai nostri vicini cosa dice il trattato che hanno firmato 60 anni or sono. 

La Comunità ha il compito di promuovere nell’insieme della Comunità, mediante l’instaurazione di un mercato comune e di un’unione economica e monetaria e mediante l’attuazione delle politiche e delle azioni comuni di cui agli articoli 3 e 4, uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attivit economiche, una crescita sostenibile e non inflazionistica, un elevato grado di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di protezione dell’ambiente e il miglioramento di quest’ultimo, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra Stati membri.

Non dico altro. Sono orgoglioso di vivere in quest'Europa. Lavoreremo per renderla migliore. 





mercoledì 21 dicembre 2016

Caro Presidente Gentiloni. Lettera aperta al premier.


Caro Presidente del Consiglio, Le segnalo questo contributo di Paolo Gerbaudo http://www.eunews.it/2016/12/16/lo-spettro-del-populismo/74417.

Le anticipo la conclusione perché ha poco tempo per leggerlo tutto. “L’atteggiamento di rifiuto verso il populismo manifestato da diversi intellettuali progressisti non è sufficiente. Al contrario è necessario comprendere che solo costruendo un populismo progressista si può sperare di incanalare in senso emancipatorio il collasso dell’ordine neoliberale.”

Concordo con Gerbaudo perché per rispondere ai movimenti populisti, che fanno leva sulla pancia della gente, che criticano il sistema senza avere un vero programma di cambiamento, non basta il rifiuto o, peggio, la negazione di quanto sta accadendo. Non bisogna arroccarsi e dichiarare che il declino del sistema politico istituzionale sta portando a tutto questo.

I cittadini europei hanno bisogno di risposte per la sicurezza e il lavoro. Gli stessi motivi per i quali 60 anni fa si partì con i Trattati di Roma ed ancor prima con la CECA.

La risposta al populismo non è questione di destra o di sinistra. E’ questione di mettere al centro del dibattito politico le questioni vere dei cittadini; non servono baruffe. Servono risposte ai problemi. Per questo credo ed ho sostenuto in questo blog (Vedi qui) che il suo governo non può limitarsi alle emergenze, ma deve lavorare per migliorare questo Paese.  

E’ uscito di recente un ulteriore analisi di cosa non va in Italia e quale potrebbe essere il vero ruolo del nostro Paese in Europa (http://www.cer.org.uk/sites/default/files/pb_italy_FG_CO_20dec16.pdf) a cura di Ferdinando Giugliano e Christina Odendahl. Ma anche di cosa l’Europa ha bisogno.

Siamo orami in grado di smetterla di fare buone analisi e di elaborare ottime soluzioni?




sabato 10 dicembre 2016

Le tre parole chiave del prossimo programma di governo

Oggi si concludono le consultazioni al Quirinale e forse domani, dopo una dovuta pausa di riflessione, il Presidente della Repubblica conferirà l'incarico di Presidente del Consiglio

Le tre parole chiave dell'esecutivo devono essere: Economia, Economia, Economia. Soltanto riprendendo la crescita economica, infatti, possiamo dare risposta alle disuguaglianze che si sono create in 8 anni di crisi. La coesione sociale si nutre di una crescita che crea posti di lavoro, che genera risorse per politiche di inclusione sociale, che mette in sicurezza le imprese e le rafforza da un punto di vista patrimoniale. Non sarà facile, ma non è impossibile. Vediamo le mie proposte.

A. Economia.
La mia prima proposta è che il Governo, invece di utilizzare la Cassa Depositi e Prestiti su tutti i fronti di crisi, la utilizzi per la crescita economica. In particolare per:
  1. La progettazione ed il finanziamento delle ultime infrastrutture necessarie al Paese, in collaborazione con Ferrovie dello Stato e ANAS. Serve collegare i porti con le ferrovie, dopo aver scelto su cosa specializzare i diversi porti italiani per evitare di farci concorrenza tra di noi e non essere in grado di concorrere con i porti esteri. E' necessario terminare, entro l'anno, i collegamenti in banda larga su tutto il territorio nazionale. Occorre finanziare l'acquisto di nuovi  mezzi di trasporto su gomma (lo Stato e le Regioni pagheranno con contributi pluriennali.
  2. Il finanziamento della piccola e media impresa, fruttando in modo più profondo il Piano Juncker, per sostenere le imprese che innovano il processo ed il prodotto e quelle che si propongono di entrare nella manifattura 4.0. Non solo debito, ma anche capitale di rischio. 
  3. L'elaborazione ed il finanziamento di un grande piano per il turismo sostenibile nelle regioni del sud d'Italia.
B. Economia
La mossa però più necessaria è la riforma fiscale. Ridurre IRPEF e IRES si può e forse meglio avrebbe fatto il governo uscente a utilizzare le risorse spese per finanziare gli 80 euro e il job act per ridurre permanentemente il carico fiscale dell'economia. Occorre, poi, portare a conclusione la riforma di Equitalia e dell'Agenzia delle Entrate seguendo un principio: il 90% delle risorse umane devono essere a lavoro per aiutare i contribuenti e il 10% ai controlli. Le risorse arriveranno dall'aumento dell'IVA.   

C. Economia
L'economia ha bisogno di processi decisionali più celeri. Nella crisi del 1929, il tracollo dell'economia USA raggiunse l'Europa dopo circa 12 mesi. Oggi i fenomeni economici si trasmettono in 12 secondi. Il Parlamento si deve impegnare non solo nella legge elettorale, ma nel rivedere i propri regolamenti per assicurare un iter normativo che si deve chiudere in massimo 45 giorni. Le norme in campo economico devo essere per lo più di applicazione automatica e la dove non è possibile, occorre che i vari organi dello Stato - inclusa la Corte dei Conti e il Consiglio di Stato - collaborino ex ante e non facciano la caccia alle streghe ex post.

Ce la possono fare i nostri politici o penseranno solo a come modificare la legge elettorale? 

giovedì 8 dicembre 2016

L'importanza della legge elettorale

In molti si sono esercitati nell'esegesi del significato del voto di domenica scorsa. In molti tendono a ritenere che il voto sia stato politico e non tecnico, ovvero sulla materia posta a consultazione. 

Prevale, cioè, la tesi che si sia trattato di un voto di protesta contro l'esecutivo, per non aver saputo o voluto dare le risposte alle esigenze del Paese.

Io tendo a pensare che il voto sia stato sulla riforma. Il Paese ha paura di cambiare e lo ha detto con un secco NO alla riforma; esistono forti constituencies contro il cambiamento- Lo status quo sta bene a molti: ai senatori, alle Regioni, alla burocrazia generata dalla confusione di attribuzione dei poteri tra Stati ed Enti Locali e a chi lavora grazie alla a questa inefficacia. E l'elenco non finisce qui. 

Occorre ricordare che la riforma era stata mal digerita dal Parlamento ed il Parlamento altro non è che lo specchio della nostra società. Questo Parlamento e questo sistema politico, incluso il M5S, avevano la necessità che la riforma non passasse. 

Perché quando hanno voluto far passare la riforma costituzionale del 2001 i nostri partiti non solo l'hanno votata con i propri rappresentati in aula, ma hanno fatto in modo che anche la consultazione popolare avesse esito positivo. Per ricordare, con quella riforma e' stato modificato il titolo V della parte seconda della costituzione italiana (ossia la parte dedicata a comuni, province e regioni; vedi qui il dossier del Senato che spiega i cambiamenti operati). Vi faccio notare che i votanti alla consultazione popolare nel 2001 furono solo il 34,10% degli aventi diritto, di cui il 64,20% votò SI alla riforma costituzionale. 

Da non dimenticare - anzi da tenere a mente - che la discussione sulla riforma costituzionale del 2001 nasce il 30 giugno 1997. In aula sbarca, per iniziare il suo iter, il 26 gennaio 1998. La riforma viene approvata dal Parlamento l'8 marzo 2001. Quindi la riforma passa attraverso due diverse maggioranze parlamentari; il 30 maggio 2001 nasce infatti la XIV Legislatura della Repubblica Italiana, a maggioranza centro destra; quella precedente era a maggioranza centro sinistra.

Capito cosa consentì il passaggio di quella riforma e chi ne sono i padri? (vi aiuto: gli stessi che oggi hanno supportato il NO). Capite che passò una riforma per uno (strano) allineamento di interessi di due schieramenti politici che si "confrontavano" in quegli anni? Allineamento che oggi evidentemente non c'era e che forse ci sarà per modificare la legge elettorale. 

Perché ci sarà questo allineamento sulla legge elettorale? La nostra è, e resta, una Repubblica parlamentare nel quale il Presidente della Repubblica incarica una persona che ritiene in grado - dopo aver consultato i rappresentanti del popolo - di delineare un programma che viene presentato in Parlamento per ottenere la fiducia, ovvero la maggioranza dei voti in Senato ed alla Camera. 

Non esiste quindi un Governo tecnico, se non nella dialettica dei politici che hanno convenienza a scaricare scelte difficili o impopolari su persone non direttamente legate ai partiti, ma che si sono distinte per le loro capacità tecniche appunto.Vedi qui per trovare qualche curiosità sui cosi detti esecutivi tecnici; cosi detti perché le maggioranze che li sostengono sono politiche.  E le convenienze a sostenerli pure. 

Quindi cari cittadini, occhi aperti sulla riforma elettorale. Perché da essa dipende il futuro del nostro Paese. 

domenica 27 novembre 2016

Alla ricerca di Alibi

L'Italia spesso è alla ricerca di alibi per fare o non fare le cose. Era così che giustificava la sua politica estera, che veniva definita "dei giri di Walzer" per la capacità di cambiare - con una giravolta - partner senza mai perdere di vista l'ultimo ballerino al quale ci si era accompagnati.

Nonostante questa attitudine, quello che stiamo vivendo in questi mesi in Italia è impressionante. Abbiamo perso l'identità democratica che ci ha portato ad un livello di benessere, ma anche di debito, che oggi non riusciamo a condividere con chi ne ha bisogno. Il livello di individualismo è così alto che il motto che vedo oggi meglio rispecchiare la nostra società è "mors tua, vita mea".

La nostra vittoria è il fallimento, completo, della controparte. Così l'Europa. Così i migranti. Così i senza lavoro. 

L'Italia è devastata da un terremoto fisico, politico e morale. È alla ricerca di una nuova identità politica, che fatica a venire a galla soffocata com'è da slogan, polemiche e invettive. È alla ricerca di nuove allenze, non avendo mai voluto consolidarne una. 

È a galla grazie alla protezione europea, ma questo nessuno lo vuole ammettere. Giochiamo una partita di serie A con una squadra non adatta, che per vincere avrebbe bisogno di maggiore unità ed invece gioca un tutto contro tutti. 

La battaglia che è in atto determinerà il futuro delle prossime generazioni. Dei nostri figli.

Io non mi darò per vinto. Spero tanti Italiani riprendano in mano la vita sociale e politica del Paese, contribuendo con opinioni e idee allo sviluppo sociale. 


mercoledì 23 novembre 2016

Avanti con la banking union!

Avanti con la banking union! Finalmente!

E questo quello che ho pensato quando ieri la commissione europea ha approvato la proposta di direttiva, che oggi molti giornali riportano sulla prima pagina. 

Da una prima velocissima analisi c'è da dire che effettivamente ci sono elementi molto importanti e che vanno  nella direzione auspicata dagli italiani. Si tratta del fattore di correzione per i prestiti alle piccole e medie imprese,  una diversa ponderazione dei prestiti per la realizzazione delle infrastrutture, che in Italia sono legate molto ai prestiti bancari, di un primo tentativo di armonizzare le regole del fallimento in Europa. 

Un primo passo. Ma per un rilancio dell'economia occorre superare il bancocentrismo europeo, sviluppare il mercato dei capitali, e sopratutto consentire politiche pubbliche di supporto alle PMI.


domenica 6 novembre 2016

Sì o No. Il referendum è solo una scusa per non fare politica.

Il referendum potrebbe essere l'ennesima prova di immaturità politica del cittadino italiano. E ovviamente dei partiti e dei movimenti politici italiani. 

Oggi ho chiesto a molte persone se andranno a votare. Quasi tutti hanno detto "sì". Non volevo sapere cosa avrebbero votato, ma la discussione si è subito aperta; e non sulla bontà della riforma costituzionale, ma sul governo. Il fatto è che, secondo questa piccola audience che ho intervistato stamane, il governo ha fallito nel risolvere la situazione. I temi a supporto di questa tesi sono stati: "ora il medico di famiglia non ti scrive neppure più le visite"; "l'immondizia per le strade cresce"; "siamo pieni di immigrati che vivono alle nostre spalle, tutto gratis e mio figlio non ha neppure un lavoro". 

Vi risparmio le frasi più crude, ma è evidente che nel voto del 4 dicembre sarà determinante - come sempre nelle elezioni - la pancia della gente, piuttosto che il sentimento e la ragione. Così la politica ci ha abituato. 

Questo lo sa anche Renzi, che ha cambiato il suo modo di approcciare la campagna referendaria. Ma contro la pancia della gente, le parole non bastano. Neanche le grida e le frasi strafottenti verso l'Europa possono servire. 

Occorre tornare alla politica. Quella che media le posizioni per realizzare il bene comune. Della necessità della politica, se ne accorgono tutti, anche il MS5, oggi di fronte alla sfida di governare; una volta chiamati ad amministrare, occorre contemperare esigenze diverse, che in campagna elettorale si uniscono nella protesta e quindi è facile coalizzare contro chi, in quel momento, sta governando. Facendo leva sull'insoddisfazione, si vincono le elezioni, ma non si governa. L'altro modo di vincere le elezioni è vendendo sogni, ma quando si governa la realtà mette a nudo la leggerezza con cui alcune affermazioni sono state fatte durante la campagna elettorale. 

Il Paese è stanco. Si attacca ancora ai sogni ed alla speranza. Al sogno di avere una classe politica in grado di governare, nella speranza di avere un futuro migliore. Non vedo consapevolezza nella classe politica dello stato del Paese. Troppa frammentazione nei partiti e poca voglia di fare scelte, sopratutto di metter da parte personalismi, per dare un futuro al nostro Paese.