lunedì 22 maggio 2017

Guarda guarda....fiscal compact ed elezioni

Nel mio post del 20 maggio commentavo amaramente come la politica italiana (non tutta, per carità) si disinteressi degli effetti del fiscal compact.  

Oggi la Commissione europea rivolgerà i suoi “suggerimenti” specificamente all’Italia, indicando le proprie soluzioni per affrontare temi economici specifici. Si vocifera che una delle proposte che la Commissione avanzerebbe, sarebbe la reintroduzione della tassazione sulla prima casa al di sopra di certe soglie di reddito, oltre che ad un “rafforzamento” della finanziaria 2018. Che voglia dire poi "rafforzamento" di una cosa di cui non si sa ancora nulla....


Qualcuno mi ha chiesto perché nel post parlavo di ipocrisia. Perché le nostre forze politiche, quelle che nel Parlamento italiano hanno votato la mozione anti fiscal compact hanno anche votato il 16 febbraio una mozione del Parlamento Europeo dove si chiede di introdurre il fiscal compact nei trattati. 

Infine, sul fronte politico, fa capolino la data del 24 settembre come suggerimento per le elezioni in Italia.




sabato 20 maggio 2017

Ipocrisia e governo. Fiscal compact addio?

Che si sia ormai aperta la campagna elettorale è abbastanza evidente. Sono le riunioni del G7 che si tengono in Italia a far sì che questo non appaia chiaramente sui titoli dei giornali, ma in realtà ormai i vari movimenti politici o presunti tali stanno seduti a tavolino per immaginare la legge elettorale e la strategia per massimizzare il consenso popolare. Slogan, nomi, volti. 

Nel frattempo, vengono approvate dalla Camera mozioni che impegnano il governo ad azioni su vari temi tra cui il fiscal compact (Vedi qui).  La questione non è neanche così importante da farla mettere all'ordine del giorno da sola e per cercare cosa la Camera dice sul tema occorre scorrere molto il documento e finalmente ci si trova di fronte a "MOZIONI CONCERNENTI LA QUESTIONE DELL'INSERIMENTO DEL COSIDDETTO FISCAL COMPACT NEI TRATTATI EUROPEI, NONCHÉ LE POLITICHE ECONOMICHE E DI BILANCIO DELL'UNIONE EUROPEA" . 


Intanto iniziamo a chiederci se qualcuno a Bruxelles, in Italia o in Europa abbia letto queste mozioni.  

Io credo che se lo hanno fatto, stanno ancora ridendo, non tanto per quello che c'è scritto, quanto per il valore politico blando che queste mozioni hanno e che si misura da come poco sia stato il dibattito in Parlamento e assente la risonanza mediatica. 

Ha dunque ragione chi, come Gustavo Piga, punta il dito sullo "sgoverno" e non solo. 

Vediamo di chiedere alla classe politica non di cambiare slogan, ma di lasciare lo shortermismo che ci sta portando nel baratro. Chiediamo ai giornali di favorire un dibattito politico sulle proposte e di lasciare allo strillone politico lo spazio che merita. La strada. 

Possiamo ancora farcela. Basta essere dei buoni cittadini e votare per il vero rinnovamento del Paese. 



martedì 25 aprile 2017

Alitalia, il pasticcio è servito. E non è finita...

La fine di Alitalia non è stato segnato ieri dal referendum dei lavoratori, come molti si sono affrettati a dichiarare o scrivere. L'Alitalia è finita quanto, decisa l'alta velocità, la tratta più redditizia - la Milano / Roma - è stata messa sotto pressione dal treno veloce. 

In altre parole, la fine di Alitalia è dovuta alla a mancanza di visione strategica della nostra classe politica che, nel decidere una giusta insfrastruttura, non ha visto più lontano del suo naso e ha mancato di disegnare alleanze e strategie di espansione di quella che all'epoca (anni novanta) era la compagnia di bandiera dell'Italia. 

L'ultima speranza, su di un percorso pieno di errori di strategia industriale e politica, fu il matrimonio con AiR France, che venne fatto naufragare dai "capitani coraggiosi", ancora una volta supportati (o forse sospinti) da una politica miope che vedeva nell'italianità un valore da difendere. 

Ma la miglior difesa è l'attacco, dice un proverbio popolare. Questo è vero sopratutto in economia e le imprese che giocano sulla difensiva vengono spazzate vie dal vento dell'innovazione e dell'aggressività della concorrenza. Ne volete degli esempi o vi basta ricordare Loro Piana e gli altri marchi della moda? Vogliamo ricordare Pioneer, che gestisce i risparmi degli italiani è che ora non è più di proprietà di un'impresa nazionale? 

Ora si tratta di capire solo quale sarà il prossimo obiettivo.

La grande distribuzione. Sì perché se le nostre coop (sono ben 7) o la S lunga non capiscono di essere troppo piccole e non si mettono insieme per un patto strategico di consolidamento e attacco, saranno presto preda di qualcuno più grosso e con denari a sufficienza per comprare le catene di distribuzione italiane. Ed allora vedrete gli scaffali pieni di prodotti esteri, che già sono ben presenti. 

Nulla di male, io amo la concorrenza, ma amo sopratutto l'Italia e mi domando: che ne sarà della nostra agricoltura? Marginalizzata, come sta succedendo a molti dei settori produttivi italiani, dalle banche all'acciaio. 

La soluzione passa per una politica che abbandoni il suo shortermismo e si dedichi a rispondere, seppur tardivamente, alla sfida della globalizzazione. Ne abbiamo la forza (l'Europa) e la capacità (le nostre PMI). Serve solo più coraggio (e meno urli) e visione (e meno slogan) nei nostri politici. 



domenica 19 marzo 2017

La politica dei giusti. Trasparenza e nomine

 In questo fine settimana molti giornali hanno parlato del processo di nomina che interessato una serie di imprese quotate il cui azionista di riferimento e direttamente o indirettamente lo Stato. 

 Un conto spesso di peso non mai portato fino a qua estrema, ovvero il ruolo che hanno avuto tre head Hunter che hanno fornito ed analizzato curricula  governo.
Quello che avrei voluto vedere è una decisa richiesta di pubblicare i risultati del lavoro di questi HH per capire che cosa esattamente hanno proposto e quanto il governo si è distanziato dal loro lavoro. 

Certo alla pubblicazione sarebbe seguito che lavoro che avrebbe avuto analizzare e capire le scelte del governo in chiave di mera trasparenza e costruttività.

Questo lavoro di confronto doveva esser fatto per il presidente e l'amministratore delegato, ma anche tutti gli rappresentanti del consiglio.  Presenze non meno importanti delle cariche con deleghe. 

Ma se queste nomine hanno avuto l'onore delle cronache, sarà lo stesso per le società non quotate che vedranno rinnovare i propri consigli di amministrazione entro il prossimo luglio? Come mai le forze politiche che spesso questa volta non ci sono fatte sentire?

La trasparenza è un bene pubblico, non bisogna abusarne, ma in certi casi l'unico antidoto al populismo.

venerdì 10 marzo 2017

Il Draghi-pensiero. Secondo me ....

Le dichiarazioni del Presidente della BCE Draghi presentano due facce: una apparentemente molto “dovish”, ma stuzzicato dalle domande dei giornalisti, una anche molto "howkish". Attenzione, perché non parla più del fatto che “all instruments are available”, non parla più di TLTRO, rischi sempre al downside, ma complessivamente migliorati. 

Cosa voglia dire lo dovete chiedere a lui. 
La mia lettura è che siamo al picco della politica monetaria accomodante dopo oltre sei anni. Ci attendiamo quindi di iniziare un periodo meno accomodante già dal prossimo giugno. 

Questo vuol dire che il costo del debito pubblico inizierà a salire e quindi la manovra di bilancio che dovrà essere varata entro ottobre prossimo, dovrà tenere contro anche di un costo del debito che tenderà ad aumentare. È questo non è bello. 

Se poi aggiungo che la questione del debito greco non è risolta, le prossime elezioni politiche in Europa, il quadro che ottengo è molto incerto. 

Meno male che i nostri politici lo sanno. O no? 

lunedì 6 marzo 2017

La politica dei giusti. Eppur si muove (sperem)

Stefano Folli stamane su La Repubblica richiama il tema che ho affrontato nel post di ieri (qui) in modo molto più efficace di me e focalizzando l'attenzione sulla legge elettorale. 

Il tema che emerge nell'articolo di Folli è, a mio avviso, quello dell'incapacità di questo Parlamento di giungere alla definizione di una buona legge elettorale. In attesa del nuovo segretario del PD, infatti, il dibattito pubblico sul tema sembra essere morto. 

In realtà il tema resta l'oggetto di dibattito (riservato) tra i partiti. Il PD resta sul sistema maggioritario, Forza Italia su quello proporzionale, come sembra il M5S. 

Il tema è centrale per il Paese. Certo la legge elettorale deve, prima di tutto, assicurare la rappresentanza degli interessi ed obiettivi del popolo italiano, ben descritti nella prima parte della nostra Costituzione. Parlare solo di governabilità, quindi, è limitativo rispetto alla responsabilità che aspetta questo Parlamento e a questa classe politica. 

Come sono centrali altri temi, quelli economici. Si nota il risveglio del Governo, almeno comunicativo, in attesa che il DEF illustri le azioni di politica economica e che la correzione dei conti chiesta dalla Commisione Europea non sia solo un incremento di tasse, ma contenga quei provvedimenti a lungo attesi che consentano di far ripartire la competitività. 

L'utilizzo della politica economica per ridare fiato al PIL, sarebbe la vera riforma strutturale che il Paese attende. È forse anche l'Europa. 

domenica 5 marzo 2017

La politica dei giusti. Ripartire per non fermarsi

La politica italiana continua ad essere intrappolata nel renzismo a sinistra e nel belusconismo a destra. Incapace di avere una visione del Paese, quello che possono fare i nostri politici è cercare il vicino di casa da attaccare e sconfiggere. 

Mentre questo spettacolo va in scena, il resto del mondo va avanti, confuso anch'esso ma terribilmente pericoloso. A partire da quanto accade in Korea del Nord, fino ai movimenti populisti pronti a raccogliere migliaia di voti senza avere idea di cosa fare una volta al potere. 

Dando uno sguardo alle scelte di politica economica dei 1.000 giorni di governo Renzi ci accorgiamo che le risorse rese disponibili dal QE e dalla flessibilità europea potevano essere destinata a ridurre il cuneo fiscale, oltre che le imposte su reddito di famiglie e imprese. Target in parte colpiti, ma non l'incisività e la tempestività necessarie. 

Mi sono sempre chiesto cosa sarebbe successo se, 3 anni fa, il nostro deficit fosse stato portato al 5% per ridurre il cuneo fiscale e le tasse dirette su famiglie e imprese. Il tutto nell'ambito di un accordo con l'UE che prevedeva un percorso di rientro ed un piano di riforme necessarie al sistema per rendersi libero di crescere. Nel piano andava ricompreso l'abolizione di tutte le agevolazioni amministrate (quelle cioè che per averle occorre fare una domanda alla pubblica amministrazione) in favore di incentivi automatici come quelli che sono stati inseriti per il 2016 ed il 2017 e che stanno trainando gli investimenti privati e l'economia. 

I burocrati liberi dall'impegno di amministrare incentivi, potevano essere ricollocati nei tribunali o per utilizzare i fondi europei o, come si fa nel settore privato, fatti uscire dal mondo pubblico del lavoro. 

Spesso mi rispondo "non sarebbe successo nulla". Anzi. Saremmo ripartiti. Il QE avrebbe drogato i mercati, le imprese avrebbero ripensato il loro modello di business, le banche avrebbero meno NPL nel portafoglio. 

Ma la paura e la mancanza di leadership da un lato, la resistenza al cambiamento del nostro sistema dall'altra ci hanno condannato ad un declino, reversibile ancora per poco. Il mondo avanza, con o senza l'Italia a tirare.