domenica 4 marzo 2018

Cosa ci aspetta dopo le elezioni.

Gli italiani si sono espressi. La voglia di novità (Salvini) e il disagio sociale (Ms5)  hanno vinto. Renzi non ha perso. Ha perso la sua voglia arrogante di cambiare il sistema, che gli ha girato le spalle ed oggi trema di fronte alla possibilità di un governo Ms5. Berlusconi ha fatto il massimo, ma non ha interpretato i bisogni della nuova generazione. Il resto lo ha fatto una legge elettorale complicata. 

Certo, non ci sono i seggi a confermare le percentuali che ora stiamo vedendo e quindi occorre attendere per capire se il centro destra sarà in grado di formare un governo a guida Salvini. Non credo ad altre coalizioni al governo. Ci vuole ancora un po' di tempo per capire chi governerà. Ma non vi preoccupate. Ci sarà un governo. E sarà stabile se sarà in grado di dimenticare le promesse elettorali e pensare che si può e si deve cambiare. Ed in 5 anni è possibile cambiare un Paese che deve smettere di piangersi addosso e cominciare a lavorare su cose serie. 

Innovare deve essere il mantra del Paese. 

domenica 4 febbraio 2018

Delitto e castigo.

La campagna elettorale è iniziata. 

Una cosa buona che sto vedendo è che i giornali e le televisioni (non tutte) stanno mettendo nel palinsesto programmi che analizzano le promesse elettorali dei partiti politici. Un aiuto a scegliere. Ne abbiamo bisogno. Il dibattito è democrazia. 

Non vi sarà sfuggito che oggi c'è una rincorsa dei partiti sui programmi elettorali altrui. Almeno nelle dichiarazioni. Non è facile capire cosa vogliono fare i leader una volta eletti. La falsa trasparenza non aiuta.

Un punto comune l'ho individuato. Manca in tutti la visione del futuro del Paese, quello che occorre fare per essere protagonisti nel futuro, non comparse o, peggio, vittime. 

Cosa succederà dopo le elezioni non è chiaro. I protagonisti di questa campagna assomigliano molto a Raskòl'nikov. 

Il delitto che sta per commettere? Il futuro del Paese. Il tormento sarà quello di non aver fatto tutto quello che si poteva fare per essere, con i nostri valori cristiani, liberali e democratici al centro del dibattito europeo.


martedì 2 gennaio 2018

A 10 anni dalla crisi, il vero tema è la crescita inclusiva.

Il 2018 segna il decimo anniversario della crisi finanziaria globale e l'inizio della grande recessione. Forse, secondo le  previsioni dei principali organismi sovranazionali, il 2018 potrebbe essere il secondo anno in cui si potrebbe registrare la crescita globale più forte post-crisi.

Questa è un'ottima notizia, ma in realtà l'eredità della crisi persiste e si manifesta sotto la forma di QE, che alimenta l'ascesa dei corsi azionari e dei mercati immobiliari, e sotto forma di un aumento delle disparità nella distribuzione del reddito, che invece alimenta la crescita del populismo.

La maggior parte delle sfide che l'economia globale deve affrontare non può essere affrontata dalla politica monetaria. Il potenziale di crescita futuro e il rischio di un populismo dilagante dipenderanno dalla capacità dei governi (pure quello italiano)  di fare in modo che i benefici della crescita siano ampiamente condivisi e che la disparità nella distribuzione del reddito venga ridotta.

In altre parole, offrire una crescita più inclusiva.

La necessità di una crescita inclusiva non riguarda solo l'equità e il mantenimento della coesione sociale.

Limitare l'impatto negativo derivante dalla mancanza di inclusione - sia in termini di ritmo che di sostenibilità della crescita - è una sfida a medio termine per i governi che non può essere affrontata solo attraverso la ridistribuzione.

E non solo a livello nazionale.

Occorre redistribuire il carico fiscale, come ho proposto in questo post.

Ma servono anche politiche attive, come la formazione costante per chi lavora e per chi perde il lavoro, in modo da aumentare la possibilità di reimpiego. Come ha proposto nel 2010 da Robert B. Reich occorre disegnare un sistema di assicurazione per il reimpiego, in grado di sostenere chi perde il lavoro. La posposta di Reich prevede anche di integrare il reddito di chi trova un lavoro dopo averlo perso, ma con un salario più basso. L'integrazione, pur se limitata a due anni, consente di riprendere a lavorare accentando un salario più basso, ma di mantenere proprio il proprio tenore di vita grazie all'integrazione, continuando però la formazione in modo da trovare - successivamente - un lavoro meglio retribuito.

Serve completare l'Unione Europea, con istituzioni democratiche ed un vero bilancio federale che consenta interventi sostitutivi ed integrativi a quelli dei singoli governi. In modo che l'Unione sia riconosciuto nella vita di ogni giorno.

giovedì 28 dicembre 2017

Il piano mille euro.

Berlusconi pensa ai poveri, sottolinea l'occhiello di un articolo apparso oggi su "il Giornale". Quello che mi ha interessato non è la - pur condivisibile - proposta di Belusconi di aiutare chi ha un reddito sotto i 1.000 euro. Molto più interessante è la proposta di decontribuzione per facilitare le assunzioni.

Condivido. Ma deve essere una decontribuzione permanente su tutti i lavoratori e non solo,per i giovani. Non bisogna creare una categoria di disoccupati di 60 anni, che verrebbero licenziati per essere sostituiti da giovani, il cui costo azienda è più basso grazie alla decontribuzione.

Già che ci siamo, fissiamo a 67 anni il limite per andare in pensione e leviamo questa assurda regola che l'età della pensione si adegua all'aspettativa di vita!

Ps
Sulla riorganizzazione della macchina dello Stato aspetto di leggere qualche proposta.

Libero rilancia sul mio tema

Sono sicuro che Giuliano Zulin, autore oggi di un articolo dal titolo "Tu vuo fa l'americano" pubblicato su "Libero", non ha letto il mio post di ieri. Il suo articolo mi dà però l'occasione per ribadire una parte della mia proposta: la riduzione delle aliquote IRPEF finanziata con l'eliminazione delle detrazioni e delle deduzioni. 

Anche se Zulin manterrebbe quelle per medicinali e mutui, io continuo a pensare che sarebbe meglio ridurre le tasse a tutti per rendere meno efficace qualsiasi strategia di elusione ed evitare le distorsioni che le deduzioni e detrazioni comportano. 

Ridurre le aliquote (e rivedere gli scaglioni, come suggerisce implicitamente l'articolo) avrebbe anche l'effetto di ridurre il vantaggio di evadere.

Spero che quest'articolo di Libero serva ad avviare un dibattito serio sui vantaggi di ridurre le imposte sui redditi personali e rilanciare i consumi, senza creare buchi nel bilancio. La riduzione delle gettito sarebbe infatti finanziato dalla eliminazione delle deduzioni e detrazioni. 

Ps 
In Italia la corporate Tax è al 24% ma anche le imprese hanno degli importanti riduzioni fiscali per cui il Tax rate effettivo...  

mercoledì 27 dicembre 2017

Il rilancio dell'economia parte da uno shock. Vedi la riforma delle tasse di Trump.

La battaglia del fisco è iniziata. La riforma fiscaler approvata dal Congresso americano sarà analizzata con calma e sotto molti punti di vista. Ma di sicuro rappresenta una mossa che spariglia gli equilibri e deve far pensare.

Il punto che ci deve far riflettere è che la mossa di Trump non è populismo. Ma una vera svolta in tema di tassazione. Qualche primo spunto di riflessione lo trovate qui.
https://www.economist.com/blogs/democracyinamerica/2017/12/over-hill?mbid=nl_hps_5a3d4affcbb3bf3297923726&CNDID=51826915
Vi richiamo solo 3 passaggi di quest'articolo:
1. firms will no longer pay taxes on their overseas profits.
2. At home, the corporate tax rate will fall from 35% to 21% in 2018.
3. Workers will benefit from across-the-board cuts in income taxes until 2025, after which, if Congress takes no further action, most levies for individuals will return to today’s levels or even rise.

Non è detto che questa riforma darà un'accelerazione alla crescita (le analisi sin qui uscite sembrano confermare questa possibilità), ma non creerà neppure maggiore polarizzazione nei redditi, come molti ritengono. Questa tendenza (polarizzazione dei redditi) è già in atto e dipende dai meccanismi dell'economia digitale che essenzialmente accelera processi noti, dando ancor più valore a come il capitale umano viene formato (scuola) e alle possibilità che vengono offerte per far crescere le idee fino a diventare impresa (capitale finanziario).

Come risponderà (se mai lo dovesse fare..) l'Europa? Costruita come una sovrastruttura di Stati tendenzialmente litigiosi ed egoisti, è oggi in grado di fornire una risposta? Non ne vedo ancora l'ombra.

Come risponderà il nostro Paese? Vedremo dopo le elezioni. Intanto suggerirei di riflettere su questi spunti:
- ridurre l'irpef, eliminando le detrazioni che creano distorsione. Tasse personali più basse e meno detrazioni. Il modello pre compilato diverrà ancora più semplice da gestire e per molti non servirà più. Come ho ricordato in un precedente post, su 790 €mld di redditi lordi quale base Irpef, dopo 66 €mld di detrazioni di imposta possiamo dire che 40.8 milioni di contribuenti pagano un’aliquota media del 20%, il 95% di loro “solo” il 16% di aliquota effettiva. Ma le persone sono in grado di calcolare l'aliquota effettiva? La riduzione di 1% di Irpef su tutte le aliquote costa 7,9 miliardi. Eliminando tutte le detrazioni potremmo ridurre le aliquote almeno di 8 punti. A tutti! Pensate che la spesa per medicine crolli o nessuno andrà più dal dentista o dal veterinario?
- Far aumentare l'IVA. Ci stiamo trascinando le clausole di salvaguardia dal governo Monti, ingessando la fiscal policy. Anziché trovare 15 miliardi solo per rinviare al futuro l'aumento delle indirette, lasciamo scattare l'IVA e utilizziamo le risorse così ottenute per la scuola (attrarre professori e studenti dall'estero e mettere a disposizione degli studenti le tecnologie disponibili) ed investire in programmi di venture capital e private Equity per le nostre imprese.
- Concentrare gli incentivi e le detrazioni per le imprese su tre capitoli: a) investimenti b) formazione dei dipendenti c)assunzioni di personale eliminando tutto il resto

E l'Europa cosa ci dirà? Non ci sarà bisogno che l'Europa dica qualcosa. Ci perderemo nel labirinto delle coperture e delle lobby prima di attuare qualche riforma e quindi che l'Europa, spaurita è spaventata da un'Italia forte, dica qualcosa.

domenica 17 dicembre 2017

Facciamo i conti senza l'oste?

Come sempre campagne elettorali sono belle perchè creative. Non ne ricordo una che non avesse il 90% di contenuti demagogici e il 10% di cose inutili. Certo, in questa fase occorre andare al governo e per questo fine ogni mezzo è quello giusto. Sperando in un governo prossimo capace di governare una situazione molto complessa.


I conti pubblici. In Italia abbiamo stabilizzato il deficit:  30-35 €mld di deficit annuo. La spesa pubblica cresce, ma sopratutto grazie ad una voce, quella che ha registrato il +72% in 17 anni, le prestazioni sociali (pensioni in gran parte è CIG). Lo squilibrio tra contributi incassati e prestazioni sociali erogate è stato (dal 2000 al 2016) di circa 1.3 trilioni di euro, mentre il debito è salito di "solo" 0,8 trilioni di euro. Austerità??? 


Ora il Fondo monetario (ma attenzione all'UE che da 3 anni dice la stessa cosa) chiede di ridurre il debito. Pensando alla demografia e al modello di crescita e sopratutto alla mancata riforma della pubblica amministrazione, come faremo a ridurre il debito con la crescita? Oramai non possiamo più aggrapparci al mito delle privatizzazioni, abbiamo venduto tutto il vendibile e non si possono certo aumentare le tasse.

Al contrario in campagna elettorale si parlerà di ridurre le imposte. Su 790 €mld di redditi lordi quale base Irpef, dopo 66 €mld di detrazioni di imposta possiamo dire che 40.8 mio di contribuenti pagano un’aliquota media del 20%, il 95% di loro “solo” il 16% di aliquota effettiva. Il 5% dei contribuenti paga il 40% dell’ Irpef. Lotta vera all'evasione????