sabato 25 aprile 2015

Almeno Boeri ci fa discutere di cose serie!

La proposta di un reddito minimo per gli over 55 rivendica lo spazio d’iniziativa dell’INPS e richiama lo spirito di un meccanismo di stabilizzazione automatica, di cui si discuteva a Bruxelles fino a qualche mese fa. Nel corso del suo mandato, l’ex Commissario Laslzo Andor ha promosso l’introduzione di un sistema di ammortizzatori sociali a livello europeo, che prevedeva la condivisione dei costi di assicurazione a fronte dei rischiderivanti dai picchi di disoccupazione a seguito di uno shock. Uno schema di disoccupazione capace quindi di sostenere la domanda in fasi di rallentamento economico e di contenere anche il possibile effetto contagio
Il dibattito, attualmente fermo, si era concentrato attorno alla proposta di un’indennità pari al 50% della media degli ultimi stipendi, versata per un anno al massimo dall’inizio del periodo di disoccupazione, a favore di quanti avessero contribuito allo schema consecutivamente per i due anni precedenti. Nessun target di età esplicito quindi, dato che lo strumento era pensato per sostenere chi aveva perso il lavoro ma aveva avuto comunque tempo (ed anzianità) sufficiente per alimentare il piano. Il sussidio mirava infatti ad ammortizzare la disoccupazione addizionale e non quella strutturale, derivante da una variazione dell’equilibrio economico generale di un Paese.  A livello europeo il meccanismo sarebbe stato implementato in via preventiva e non avrebbe avuto un impatto immediato sugli attuali livelli di disoccupazione. 
L’iniziativa di Boeri traduce in chiave italiana la filosofia del meccanismo europeo, ma con due significative differenze. Innanzitutto è indirizzata a una fascia precisa, che comprende i lavoratori tra i 55 ed i 65 anni. Secondo quanto dichiarato dallo stesso Presidente, questa fascia si è significativamente impoverita a seguito della crisi solo nel 10% dei casi riesce a reimpiegarsi. In secondo luogo, la misura verrebbe attuata in una logica ex post, e non ex ante, mirando ad ottenere un’efficacia immediata.
L’aumento dell’occupazione per questa stessa fascia di età, registrato durante la crisi, è solo in apparente contraddizione con la proposta. Come spiega la nota del Centro Studi Confindustria pubblicata a gennaio di quest’anno, si tratta infatti di una tendenza riconducibile a effetti di composizione (un insieme di cambiamenti nell’approccio al mercato del lavoro, dovuti alla maggiore istruzione dei lavoratori e a una partecipazione più attiva delle donne) e all’entrata in vigore delle nuove norme sul pensionamento, che di fatto hanno allungato la vita lavorativa. È un andamento comune a diversi paesi in Europa ed in Italia si è evidenziato in maniera più marcata.
Non c’è poi un effetto di compensazione tra le generazioni, anzi, a livello internazionale si verifica una correlazione positiva tra l’incremento dell’occupazione dei più anziani ed il corrispondente per i più giovani. Se questo però è valido nel lungo periodo, nel breve si riduce comunque il turn-over ed aumenta la protezione degli over 55, con qualche evidente penalizzazione. 
Questo non può essere comunque il presupposto di una critica fondata allo strumento, che non mira a spostare risorse da una fascia all’altra, quanto piuttosto a ripristinare un equilibrio lì dove è venuto meno. L’elevata disoccupazione giovanile è determinata da cause strutturali, oltre che congiunturali, e per questo richiede interventi diversi. Il Governo ha già dato una prima risposta, ma bisognerà aspettare i prossimi mesi per valutare l’efficacia del Jobs Act.
Anche se diversa da quella avanzata in sede europea, la proposta di Boeri rischia di incontrare gli stessi ostacoli. A Bruxelles molti Paesi hanno rivendicato la necessità di interventi urgenti per i giovani e per la situazione immediata. Mancava poi il consenso politico sulle questioni finanziarie. 
Non ci sono per ora dettagli sufficienti per stabilire la portata economica e il grado di copertura richiesto dalla misura. Certo, richiederebbe un cambiamento di rotta dell’Esecutivo, che non prevede ulteriori interventi sulle pensioni. Non c’è bisogno però di entrare nel merito per sostenere (e condividere) la logica anticiclica della proposta.

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