domenica 24 agosto 2014

Forza Matteo! Servono misure non convenzionali in politica economica.

In un momento di crisi quale quello attuale, che certo ha superato tutte le aspettative e sopratutto non risponde alle normali "cure" occorre qualcosa di diverso. Lo ha detto Mario Draghi, quasi condizionando le misure non convenzionali della BCE alle riforme strutturali nei singoli Paesi.

Con Gustavo Piga abbiamo cercato di aprire il dibattito su strumenti non convenzionali che, nel rispetto del famigerato rapporto deficit / PIL possa essere di sostegno al sistema produttivo. O a chi decide di fare impresa nel nostro Paese. Basta con fantasiosi fanta-fondi-immobiliari o inasprimenti di tasse.

Non sono sorpreso che nessuno abbia ripreso e criticato l'idea di emettere titoli di Stato, indicizzati al PIL, per concedere prestiti alle PMI. Il cuore produttivo del Paese. Perché in Italia si è abdicato alla politica industriale. Lo stesso era accaduto, in parte, per una proposta del segretario della CGIL, lanciata due  anni fa. Susanna Camusso, in una intervista di Massimo Franchi (19 agosto 2012) dal titolo "Lo Stato intervenga e compri aziende in crisi", ipotizzava l'intervento della CDP per comprare quote di società per poi ricollocarle sul mercato a crisi finita. Forse si riferiva al Fondo Strategico? Altra ipotesi della Camusso era però quella di intervenire "finanziando direttamente progetti industriali che ci consentano di mantenere in Italia settori fondamentali." Qui tutto tace. Eppure l'evidenza empirica su quanto importante sia il sostegno pubblico per l'innovazione (pensate a Internet) non manca. Leggete The Enterpreneurial State di Mariana Mazzuccato e fatevene un'idea.

Non si tratta di tornare a produrre le sigarette. Si tratta di orientare e sostenere le imprese private nei settori innovativi ad alto valore aggiunto. Lo fanno negli Stati Uniti, in Germania. Perché noi no?!

Qualcosa di non convenzionale. Come Mario Draghi con la politica monetaria. Questo non a detrimento delle riforme ritenute necessarie, ma a sostegno delle stesse.

La prima riforma è quello dello Stato, del modo in cui amministra la cosa pubblica. Ci sono molti, moltissimi civil servant bravi; ma fronteggiano un sistema di burocrati e di norme che fa paura. È molto più facile bloccare le cose che farle camminare. Meno rischi, sopratutto se si rimanda il problema sul tavolo di altri, per allungare i tempi, per evitare di decidere. Mettere dubbi, sollevare critiche, magari utilizzando la tradizionale corrispondenza, in luogo di un modo di lavoro che privilegi il confronto e la risoluzione diretta dei problemi. Il mondo però non aspetta.

Occorre tornare a fare in modo che lo Stato crei le necessarie condizioni perché tutti - e dico tutti - possano trovare la propria strada. Possano scegliere.

Uno Stato dove le idee siano discusse (e non polemicizzate); dove il confronto delle opinioni sia il modo più democratico per scegliere. In favore di tutti.

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