Il tema della gestione dei
rifiuti a Roma deve essere affrontata attivandosi contemporaneamente su due fronti
per definire un modello di gestione efficiente.
1. L’ammontare
degli scarti: a prescindere dalla possibilità di riciclare, la parte non
utilizzata del prodotto acquistato dai cittadini crea un problema di raccolta e
di successivo smaltimento, lavorazione e riuso dell’imballaggio. Anche assumendo
che la differenziazione dei rifiuti sia fatta correttamente e che tutti gli
imballaggi siano riciclabili, il volume da raccogliere e gestire rappresenta un
elemento del problema da affrontare. Questo tema è ovviamente legato al numero
di abitanti la città.
Sono circa 2
milioni e 800 mila le persone residenti a Roma. Se ognuna consumasse 1 litro di
latte a settimana, “creerebbe” oltre 145 milioni di bottiglie o di incarti da
riciclare in un anno.
Se ogni persona
residente a Roma bevesse 2 litri di acqua al giorno (come raccomandato) e solo
la metà utilizzasse acqua imbottigliata in confezioni da 2 litri (le standard
sono da 1,5), avremmo oltre 1 miliardo di bottiglie da avviare al riciclo!
Ove possibile sarebbe preferibile
utilizzare sempre di più contenitori o imballaggi riutilizzabili dal cittadino.
Quando questo non è possibile allora ben vengano incentivi fiscali volti a
facilitare l’utilizzo di materiale riciclabile o proveniente da materiale
riciclato (come fatto nelle ultime due leggi di bilancio). Volete un esempio di
incentivo? Aumentare l’IRES di 10 punti ai produttori e ai supermercati che non
forniscono il proprio prodotto “sfuso” ovvero dando la possibilità di
utilizzare un imballaggio portato da casa!
2. Occorre,
in ogni caso, affrontare il tema relativo ai materiali utilizzati per l’imballaggio
quando strettamente necessari e di quelli abbandonati in luoghi non deputati al
ritiro o non conferiti nei cassonetti come estintori, cassette di plastica, batterie
delle auto, televisori, materassi, materiale di risulta di lavori edili. L’elenco
potrebbe continuare; li definiremo materiali di difficile smaltimento.
Paradossalmente non affrontando i
due temi sopra posti e considerando le peculiarità della città, dove è
prevalente la “presenza di passaggio” (lavoratori che risiedono fuori del
comune e turisti) e la grande dispersione territoriale, il risultato è un
grande accumulo di sporcizia per le strade. Il tema dei (troppi) materiali
utilizzati per l’imballaggio e quelli di difficile smaltimento viene ad essere
esasperato da un metodo di raccolta oggi affidato ad un sistema misto di “porta
a porta” e “svuotamento dei cassonetti”.
I temi sono connessi e vanno
affrontati simultaneamente. Organizzare una filiera produttiva in grado di
gestire correttamente i materiali differenziati ed avviarli all’effettivo riuso
non può prescindere dall’aumento delle zone nelle quali avviene il ritiro di
materiale non chiaramente riciclabile come sopra definito. In questo senso gli
spazi adibiti alle iniziative domenicali dell’iniziativa “il tuo quartiere non è una discarica”
andrebbero adibiti costantemente a tale funzione. Altri spazi andrebbero
identificati ed attrezzati.
Inoltre, occorre modificare il
metodo di raccolta dove il “porta a porta” non è ancora attivo, in modo che
dopo il primo svuotamento del cassonetto, vi sia personale “a terra” che
rimuove il materiale non correttamente depositato o riciclato in modo da
riempire nuovamente il cassonetto e consentire il suo successivo svuotamento. Potrebbero
essere facilitate la costituzione di cooperative o di associazioni di persone
che vivono la situazione di degrado (i.e. di cittadini residenti nel quartiere)
cha affiancano la raccolta giornaliera dei rifiuti a fronte di una riduzione
della TARI.
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